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sabato 7 aprile 2018

Solleticando il Gigante: crestone dal Monte Ravino al Monte Cusna


Non in punta di piedi (magari in punta di ramponi!), ma quatto quatto oggi solletico la schiena del gigante: il crestone che da Case di Civago sale al Monte Ravino, prosegue verso l'Alpe di Vallestrina, scende al Passone, risale a La Piella e continua sul Monte Cusna. Tutta cresta, anche a tornare indietro al Passo di Lama Lite, visto che l'Appennino potrebbe essere nevosamente incazzato. E io non voglio far arrabbiare nessuno. 
Concerto a Bologna, e al ritorno dritto verso Case di Ciavgo, di nuovo: stavolta ben più addormentato (qualche pisolino durante il viaggio a smorzare i colpi di sonno) ma moralmente più sereno (non fosse per una certa ansia da prestazione). Tra una balla e l'altra non esco dall'auto prima delle 5:30. 

Molta neve si è sciolta, e la prima parte è molto più tranquilla grazie a ciò. Peccato che la bastarda bianca (sì, oggi non è dama, è bastarda!) compaia nel tratto sbagliato, quello dell'ostico attraversamento del ruscello, e prosegua nella ripida e scoscesa risalita del pendio.. Vabbeh, ho voluto la bici, e mo pedalo, e mo penso anche a Nico che sta portando a termine un'altra delle sue. 

Albeggia, il sole sorge dietro al Cimone, trovo ogni tanto della neve rigelata che è un sollievo per i muscoli, non più costretti a risollevare un piede affondato di più di una spanna. Uscito dal bosco constato che è primavera: i pendii non sono più innevati, chiazze qua e la, ma il sole ha ucciso i pupazzi di neve. Mannaggia, ora al vento fa fresco, io che mi sono equipaggiato in previsione della calura di mezzogiorno. 

Salgo verso il Ravino, sognando le pareti nord, canalini ecc, che però oggi non sono in condizioni e probabilmente sono pure belli pericolosi.. Pace, oggi gamba, fiato, e panorama! L'ultima di questa stagione in Appennino con la neve, i prossimi due weekend sono già blindati. 

La vista ora spazia su tutto il profilo del gigante: ne sto solleticando i piedi, in cima al Ravino mi trovero sul suo calcagno, sul Vallestrina sulla sua anca, al Passone sarà la volta dei fianchi, e poi sulla schiena e infine in testa, in cima, sul Cusna. Mi fumo roba buona eh.. 

La vista spazia anche sul crinale, ben più ricco di cornici rispetto alla volta scorsa. Sarebbe spettacolare chiudere l'anello così oggi, ma la neve non è molto amica nel farmi fare tutta questa fatica a tracciare. potrei mettere le ciaspole, invece metto i ramponi, timoroso di qualche episodio della volta scorsa.. 

Scendo per poi risalire, osservo le valanghe di fondo partite e quelle che sembrano pronte a partire, con quelle bocche aperte stile crepaccio. Invece forse queste non partiranno, la tensione accumulata si è scaricata con l'apertura di questi crepacci, e ora forse è tutto disteso. Chissà. Comunque ci sto alla larga per non rischiare. 

La cresta è ancora bella carica di neve, le piccole croci di queste cime sono ancora ben coperta, chissà quella grande del Cusna com'è! Nessuno in giro nonostante l'ora, e mi godo questi spazi in solitudine. Un po' di foschia sale dalle valli, ma tra qualche ora sarà tutto iperlimpido. Dal Passone si risale. 

E qui invece il vento e il sole hanno lavorato spelacchiando la Piella. Non mi dispiace troppo, così almeno la terra non mi fa affondare a differenza della neve, anche se i ramponi che stridono sui sassi e il piede che non si modella alla superficie, un po' dan fastidio. Appaiono le Apuane, sogni di ghiaccio salato. 

Bianco e blu la tornano a fare da padroni dopo La Piella. Due colori di assoluta serenità e pace che quando si toccano così, si accarezzano, danno un senso di tempo che si dilata, mente che si svuota, fame che avanza. 

Il Rifugio Emilia 2000 è bello colmo di neve, chissà se il tetto regge. La scala non serve, uno scivolo nevoso scende dal muro nord con inclinazione piacevole e porta sopra la staccionata. Uno sguardo intorno, un po' di fatica,  e via che si va a tracciare la salita verso il Cusna, tutto da tracciare oggi.. 

Buconi tra i massi, alcuni nascosti alcuni no, meglio stare alla larga e sperare che ciò che non si vede sotto non sia aria. Un po' di timore per la cresta est del Cusna ce l'ho, tutta al sole, rocciosa marciosa, chissà se la neve che c'è tiene. 

Tiene, anche se salgo sprofondando, un murettino tecnico che in discesa eviterò di la, ed ecco che la bolgia di scialpinisti ed escursionisti mi fa capire che la poesia della solitudine, della simbiosi me-montagna, è finita. Vetta, madonnina sepolta e croce semisepolta. Due foto e me ne torno sui passi per restare da solo, per rivedere solo natura. 

Discesa meno banale della salita sulla cresta est del Cusna, e si affonda come pochi. Meno male la risalita è all'ombra e un po' tiene. Proseguo svelto, perchè la prossima pausa cibo la voglio lunga, assolata, protetta dal vento. Incontro Luca e Federico, sci ai piedi a godersi questa neve: lo ro se la godono, io ben meno coi miei materiali. 

Mi tolgo la bandana una mezzora dalla fronte, per abbronzarmi bene e non a strisce: basterà questo tempo per ustionarmi! Gente che sale dal Passone alle 11e30: mah. Gente che poi prosegue verso il Bargetana, passando sotto la nord ovest del Cipolla, e che poi magari andrà in cima al Prado, e dovrà tornare indietro per gli stessi pendii. Io non lo avrei fatto. 

E dalla Passonegrat osservo un tizio che a mezzogiorno sale la cresta nord del Cipolla. A parte le condizioni che credo pessime, ma poi per dove scenderà? Per dei pendii potenzialmente pericolosi. In realtà proseguirà per la cresta nord del Prado, aumentando i pendii e l'orario di discesa. Non so, non voglio esser bacchettone, ma a volta credo si possa anche dire "va che bella giornata, ma meglio stare a casa che è troppo rischioso". E io che sono qui? Io ho scelto un itinerario di sola cresta, lungo ma di sola cresta.. 

Supero il Passo di Lama Lite di pochi metri, un cespuglio che affiora fuori dalla neve mi permette di sedermi (su foglie che assomigliano a spine) e mangiare con davanti la vista del CipollaGlatsher, o Onionglacier, o serraccata del Cipolla. La neve che scivola di fondo, si piega, modella, crea crepacci, dossi, massi, è uno spettacolo. 

Al sole si sta bene, anche a petto nudo, i pesci negli scarponi per via della neve bagnata entrata in ogni dove. Bisogna ripartire. Discesa ipernoiosa, faticosa ancora per i piedi che vanno giù di mezzo metro, a volte pure di più. Sonno. Un bel po' di sonno che non recupererò. ma ne è valsa la pena.

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sabato 24 marzo 2018

Alla ricerca: per creste nel Reggiano


Suona la sveglia. Il sacco a pelo mantiene al calduccio: anche se la posizione sul sedile dell'auto è scomoda, questo tepore e il sonno poco invoglia a svegliarsi e uscire per mettersi in cammino. L'impetuosità del vento produce suoni che fan presto a convincermi a posticipare la sveglia, e dormire un altro quarto d'ora. La voglia doveva esser tanta, ma i pensieri ammazzano l'euforia. E così la sveglia viene posticipata di nuovo, di nuovo, di nuovo.. 

Thermos di the, crostatine, tutto pronto, mi avvio. Timoroso del pericolo valanghe, per oggi ho previsto una bella cavalcata di creste: sopra la mia testa non ho nulla, nulla mi può cadere addosso. Però la prima parte di risalita nel bosco mi preoccupa: non la percorre quasi nessuno, i segni sono pochi, la traccia coperta di neve, e quel tratto impervio da salire a rampate. Anche per questo ho aspettato la tenue luce dell'inizio alba. 

E invece è tutto tracciato, segue le orme che mi evitano di calzare le ciaspole. Uno smottamento si è portato via qualche metro di sentiero, si aggira in alto. Il silenzio è tanto, e nel silenzio, quando non sei proprio sereno, i pensieri si fanno più assordanti. Il vento se ne è andato, per una volta che avrei voluto il suo rumore. 

Esce il sole, illumina e accende il bosco nudo ma fitto. Un pezzo di crinale si mostra, e noto meno cornici di quello che temevo. Ecco il ruscello, mi sembrava strano averlo passato senza accorgermene, e dopo quell'impervio che ricordavo c'è tutto, e con la neve è pure peggio. ma passato questo sarà tutto più facile. 

Chi ha tracciato la parte di sentiero che ho salito finora, è sceso poi per quello della Cavallina: ergo, ora devo tracciare tutto, quindi meglio mettere le ciaspole, che anche loro affondano! La pace del bosco candido e innevato è contagiosa, e per un po' mi rilasso: anche perchè ho già deciso che è meglio rivedere tutto il giro che volevo fare e accorciarlo. 

Il bosco finisce presto e lascia lo spazio aprirsi verso il cielo e la vista allungarsi fino al crinalone e tra poco alle Apuane. Salgo su pendi ampi, la cresta sfuma qui, ma la neve sembra abbastanza stabile: e comunque scelgo la mia traccia per minimizzare i rischi. Tracciare tutto è una bella sudata, col vento impetuoso dei giorni scorsi credevo che le creste fossero state depredate della neve caduta, e invece sono belle colme! 

Intravedo il Monte Ravino, e anche oltre ma intanto la mia meta è quella. Il pendio lascia spazio a un largo crestone, che punta all'alto, al blu del cielo: solo due colori, bianco e blu, colori della serenità, una delle cose che più spesso cerchiamo e ci manca. A sinistra, in lontananza, delle valanghe pronte a partire. Una sul pendio sotto di me. Meno male ho scelto creste. 

Si affila poco ma si alza bene, ed infine eccomi sulla cima del Monte Ravino. Almeno credo, la piccola croce è sommersa. Il cielo è sempre meno blu, a indicarmi di confermare la mia idea di finire il giro prima. Ma intanto devo chiuderlo, e mi pare che proseguendo la cresta scenda ripida e si affili. L'ho già percorsa, anche se una sola volta d'inverno, ma con tutta questa neve mai. 

Qualche sguardo alle spalle, altri avanti, ad ammirare l'estetica di questo percorso: le creste sono sempre belle, sono sempre vicine al cielo, a spazi aperti. Il percorso è obbligato, ma sono quegli obblighi "belli". Ora però meglio togliere le ciaspole, questo tratto mi fa temere che se scivolo con questi arnesi non mi ripiglio mai più. Tolgo e affondo fino al ginocchio. Tutto questo tratto di discesa diventa più faticoso di ogni salita di oggi. Ammiro qualche cornice, e altre valanghe, pericoli da cui star lontano ma che si osservano volentieri. 

In matematica la sella è un punto indefinito. In montagna è un punto in cui hai 4 percorsi possibili, 2 salite e 2 discese, e in cui ti perdi a guardare come un bambino davanti a uno scaffale di giocattoli: 2 giocattoli salgono, 2 giocattoli scendono. Con uno ho già giocato, ora vado con l'altro. Prima però inciampo come un pirla, a confermarmi che oggi qualche problema c'è. 

L'alpe di Valestrina non è nemmeno un 2000, ma questa visione che ho lo rende un gigante delle Alpi. un crestone che si alza verso il cielo, il versante sud bello liscio e bianco e con una certa pendenza, il versante nord intervallato da tratti di roccia. Io bello tranquillo salgo la mia parte facile, ma sogno quelle pendenze: dai neve, trasformati! 

Altre valanghe sui versanti sotto di me, che bello esser salito per creste! Anche se la costante vista sui fratelloni Sassofratto, Prado e Cipolla mi fa sognare i loro canali e canalini.. Dai neve, trasformati! Altra cima, altra croce sommersa, ma qui non ho dubbi di essere sul vertice. 

Altra discesa un pelino difficile, ritolgo le ciaspole, e per fortuna nonostante la brevità del tratto le metto sullo zaino e non le tengo in mano come avevo pensato un primo momento. La neve è buona, posso tallonare, sempre stando vicino alla cresta (ma non troppo, con una cornice non voglio finire sulla nordovest!). Mi giro faccia a monte, la questione si fa ripida e più marmorea. Merda. Scivolo. Son già lì che penso a quante decine di metri percorrerò prima di fermarmi, ma dopo un metro le punte dei piedi hanno scavato quella cacchina di gradino che basta a farmi stare fermo. Vacca che caga. Ora ci do dentro di violenza di punta! 

Non resta che trotterellare tranquillamente verso il Passone adesso, con l'occhio che cade su un'altra valanga pronta a partire sulla nordest del Passo di Valestrina, e una sotto la nordovest dell'Alpe di Valestrina. L'occhio cade pure su una traccia che arriva dla sentiero di Pian Vallese e continua verso il Passone. Folle chi è salito da li: conca famosa per le valanghe, con quel paretone che arriva quasi a 2000m esposto a nordest! 

Avanzo, e vedo che la traccia non è  di ieri, sono due che salgono oggi. Madonna quanto sono passati sotto a quel canale al sole.. Taci, lasciali perdere, ormai sono fuori. Ma per dove scenderanno? Speriamo che nessuno vedendo che la traccia c'è pensi "ma allora salgo anche io, è sicura". 

La zone semipianeggiante a nordest e nordovest del passone è solcata da calanchi poco ripidi, ma in cui la neve e il vento giocano a formare un paesaggio che sembra glaciale: sotto quei ghirigori sembra si nascondano dei crepacci. 

Saluto i flauti del Passone, saluto la schiena del gigante che oggi non solleticherò, saluto il Cipollone di cui raggiungerò la base della cresta nord e poi basta. La vista da qui non mi stanca mai. Parto per la Passonegrat, tutta in cresta, col cavolo che scendo anche solo di 2m con questi accumuli e questa consistenza di neve. 

Salgo pure alla bandiera sopra al Rifugio Battisi, tutta la cresta che c'è. Vedo i due del Passone dirigersi verso il Passo di Lama Lite, e puntano al Lago Bargetana: passare sotto i pendii nordovest del Cipolla.. No vabbeh, se li raggiungo qualcosa glielo dico. Li raggiungo: due parole di avviso sul pericolo che hanno corso e su quello che rischiano di correre se vanno in la, oltre a quello che correranno a scendere all'auto. Una chiacchierata di confronto e senza polemica, che finisce con un loro dietrofront. Preferisco fare la figura del cagacazzo e salvare qualcuno piuttosto che starmene zitto e fargli rischiare la pelle. 

Scendo per la variante del sentiero che porta al Rifugio Segheria, in modo da stare sopra la conca del Cipolla, dove scendono le valanghe. E tutto il versante sopra è frantumato di crepe, dossi di vecchie valanghe coperti da altre pronte a partire. Sembra una seraccata! Mi fermo a guardare, sembra che da un momento all'altro qualcosa debba partire. Tutto fermo. Va beh, vado, che ho cose più importanti da fare. 

Il cielo si è sporcato di velature, nubi sparse, altro segno che è meglio andare. Scendendo, colto dal senso di colpa di aver fatto poca fatica e essermi allenato poco, vedo di tracciare tutto nuovo quando posso. Sembro matto, uno di quelli che mettono il cilicio: ma no, solo sano allenamento in previsione di.. di.. non so di cosa, ma servirà di sicuro, e spero presto!

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giovedì 23 ottobre 2014

Cercando l'Autunno, trovando il vento: Appennino Reggiano

Dopo la scorpacciata solitaria di km e paesaggi della Translagorai, in questo periodo di ferie da smaltire avrei apprezzato e di molto arrampicare un po', ma accidenti a tutti, adesso tutti lavorano e nessuno ha tempo in infrasettimanale.. Siccome mi è rimasta un po' li la giornata con Marco nella quale per la fretta non abbiamo potuto fare dislivello, torno nella mia palestra.
Parto forse troppo tardi per fare quello che vorrei, ovvero un giro circa già collaudato, un periplo dell'Appennino Reggiano, alla ricerca dei colori dell'autunno che quando venni con Marco non erano ancora esplosi, mentre oggi sono già passati, ahimè.
Parto quindi da Case di Civago, risalgo il 607, lungo e dissestato verso l'incrocio con la forestale che porta alla “sbarra”. Lo ricordo un sentiero a tratti ripido, in mezzo al bosco, un perfetto luogo autunnale, e così è. Solo che le piogge dell'estate e i metri di foglie secche, rendono la salita spesso ostica.
Uscendo dal bosco sento poi la botta, il vento. Nei giorni passati sferzava bene anche in pianura, speravo che oggi si fosse acquietato: non certo passato, in Appennino c'è sempre vento, ma oggi sarà fastidioso e mi farà desistere da un pezzo di tracciato. Soffia e soffia, e raffredda un tot. Già non c'è caldo, ma c'è il sole, il vento provoca un effetto wind chill notevole.
Sulla cresta del Ravino il panorama è ampio, l'Abetina Reale ha solo due colori: verde abete e marrone faggio. Niente giallo e rosso. Torno a ripetermi che questa cresta devo assolutamente riuscire a percorrerla d'inverno, ormai sono un paio d'anni che lo sogno: una bella cavalcata a lume di luna piena come quella di oggi, ma con neve.
Vado a testa bassa e corpo inclinato per combattere le folate, lascio il sentiero che scende per continuare in cresta, e dopo l'Alpe di Valestrina corro giù lontano dal vento, trovando al Passone un po' di ghiaccio e il laghetto a lato del sentiero che ha solo mezza superficie increspata dal vento: il resto è fermata da qualche cm di ghiaccio.
Via sulla schiena del gigante, e ora il vento me lo sento tutto squassarmi, cammino grazie ai bastoncini, il mio sguardo cade a piombo molto laterale rispetto al piede esterno, anche il mio baricentro non è in mezzo ai piedi ma al loro esterno. Tira eh! Faccio pure fatica a respirare. Inizio a rivalutare il progetto iniziale.
Dopo poco meno di tre ore dalla partenza, sono in cima al Cusna, ottimo timing, ma quello che vorrei fare di giro è ben più lungo. Ma l'altra volta quanto ci ho messo? Non mi ricordo. Vorrei mangiare, ma è troppo ventoso quassù. Arriva altra gente, io corro giù sul sentiero che scende a Presa Alta, sperando sul versante sud il vento sia minore e possa fare una pausa.
Devo scendere abbastanza per esserne al riparo, pensare di tornare sul crinale per prendere dell'altro proprio non mi alletta come idea. Mangio e bevo, poi traverso verso ovest sulle rocce che mi dovrebbero portare giù a Presa Alta, dopo un bel tratto nel bosco dove sorprendo due cervi e un cinghiale: o non mi hanno sentito, o il vento portava via il mio odore, o ormai il mio odore è per loro di casa.
Arrivato all'incrocio sulla forestale guardo l'ora, penso al vento che soffia sul crinale: no non mi va, non risalgo per andare sullo 00, salire sul Prado e farmi fino al Passo delle Forbici sullo 00, ore e ore esposto alla furia del vento che si sta pure rafforzando. Segue il 629 risalendo la forestale e ammirando la pace e la lenta “morte temporanea” del bosco.

Giunto quasi al Battisti, pestando altri metri di foglie, trovo altro ghiaccio, ma almeno la fontana è salva! Altra lauta pausa cibo, col vento che qui va e viene complice le barriere naturali intorno all'edificio. Ma quando viene, si sente. Un'occhiata la locale invernale, e via giù per il classico e noioso 605, dando un'occhiata da vicino al cervo finto che avevo visto con marco l'altra volta.
Una sosta al laghetto prima del Rifugio Segheria mi fa venire una voglia di fare un bagno.. Che acqua chiara! E adesso che non sento più il vento, non ho più freddo. Però fame sì. Nell'Abetina Reale trovo una bella sorpresa, sopra un tronco una scatola con dentro dei libri, una piccola biblioteca, e intorno altri tronchi a far da sedia. Altre cose simili disseminate qua e la cercano di valorizzare il nostro territorio.
Mi abbevero alla fontana prima del bivio per il Rifugio San Leonardo, poi scendo cercando di pensare a quanti miliardi di foglie sono accasciate in questi boschi, quante sono vecchie di almeno un altro autunno. La calma, l'inarrestabile vita e morte degli alberi, è impressionante.
Il parcheggio più lungo del mondo mi accoglie, poi vedo il cartello della nuova ferrata e mi maledico: ma perché non me lo sono ricordato? Potevo partire prima e farla! Ora sono stanco ed è ora che vada che stasera c'ho una cena, ma tornerò.. Comunque i miei 35km anche oggi sono in saccoccia.

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