sabato 15 marzo 2014

Con la coda tra le gambe: Scarpacò, tentativo

Erano sogni di gloria, ma si frantumarono al sorgere del sole, quando potemmo constatare dove eravamo e dove saremmo dovuti ripassare. 

Il weekend ce l’ho completamente libero, anche al lavoro riesco a salvarmi nonostante la settimana difficile, e ho pure la possibilità di partire il venerdì sera. D’accordo con Riccardo decidiamo per un weekend lungo, in zona Campiglio o Val di Sole. Spulciando su web, Ricky mi manda il pdf di questo bel giro, panoramico, lungo, isolato, dal dislivello oltre 2000m. Praticamente mi stuzzica sapendo già la mia risposta.
Partiamo finito lavoro, veloce pizza in paese, e alle 23 entriamo in Val Nambrone, parcheggiando intorno a quota 1100, visto che oltre lo spazzaneve non è arrivo. Una luna maestosa ci da la buonanotte, noi ci infiliamo nel sacco a pelo per poter dormire ben 2 ore! E faccio un incubo con uno psicopatico a mo de “Non aprite quella porta” in versione basso modenese.
Sveglia, si scalda il latte, e si parte sci ai piedi. Ore 2e45. Dopo pochi minuti un muro di neve ghiacciata, marrone, sassi, alberi, ostruisce il passaggio: una bella e grande valanga di fonde, che brutto inizio. Avanti, togli e metti gli sci per qualche tratto di asfalto scoperto, e altra valanga, stavolta anche più grande! Va beh.. Ma al buio non abbiamo idea di cosa stiamo attraversando.
Strada noiosa, si arriva al Rifugio Nambrone e si va oltre, e passiamo sopra un cono valanghivo di cui non ci sono però chiare le proporzioni.. Si scavalla il Sarca e si inizia a salire i tornanti della strada che porta al Rifugio Cornisello. E una valanga invade la strada, si prova a traversarla sci ai piedi, un po’ di brivido e si. Stesso gioco altre 5-6 volte, a volte togliendo gli sci perché il brivido è troppo. Zero termico alto, grado 2, previsto sole.
Il bosco finisce prima di quello che speravo, speravo arrivare al Rifugio Cornisello protetto dagli alberi, anche se a dir la verità le valanghe appena dimostrate dimostrano che anche nel bosco tanto protetti non si era. Almeno intanto ci godiamo la luce che man mano avanza, il tutto vista Brenta che si colora di rosso.
Già, ma la luce mostra anche gli squarci sui monti che ci stan di fronte, valanghe di fondo cospicue. E anche verso dove stiamo andando ce ne sono. Cerchiamo di far foto per cogliere la luce che avanza lenta, ci distraiamo.
Non abbastanza, saliamo ma continuiamo ad attraversare valanghe, e quel che preoccupa di più è che di pendii carichi ce ne sono ancora sopra le nostre teste. Quando il sole fa capolino e le illumina a giorno, abbiamo capito che è finita, non ci possiamo permettere di ripassare di qui tra sei ore, quando il sole avrà scaldato a modo i pendii per renderli trappole.
In più iniziamo a dover superare dei pendii inclinati mezzi ghiacciati e mezzi molli. Giriamo l’angolo, almeno al Rifugio Cornisello per ammirare la valle e la nostra cima vorremmo arrivare, ma lo vediamo lontano, tutto un pendio inclinato da attraversare, vorrebbe dire tornare qui tra un’ora abbondante, quando il sole avrà scaldato ancora. No no, basta, dietrofront.
Si torna sui nostri passi, superando l’ultimo pendio sci in mano e ci fermiamo a mangiare. Ore di auto, poche ore di sonno, fatica perchè comunque siamo intorno ai 900m di salita, di cui alcuna sprofondando in mezzo alle valanghe sci in mano), il tutto per una colazione vista Brenta a 1950m di quota. C’est la vie. Siamo delusi. Ci eravamo illusi di una giornata spettacolare, una fatica boia che sarebbe stata ricompensata con una visuale e un selvaggio ampio, per poi finire la sera a birra e salsiccia e una dormita spaziale.
Nulla di tutto ciò oggi, per di più noto che la mia pelle di foca si è di nuovo rotta, che due maroni, tocca cercare in fretta e furia qualcuno che me la ripari. Scendiamo, con la coda tra le gambe, con le pive nel sacco, con la voglia di arrivare all’auto il prima possibile, perché sì, stiamo fuggendo per la paura di restarci sotto, ma finché non siamo alla macchina non siamo matematicamente salvi.
E non possiamo nemmeno dire che bella sciata, visto che siamo su una strada coperta di neve. E adesso con la luce vediamo tutte le valanghe che abbiamo attraversato, che prima erano belle dure, ora belle molli e quindi con il piede che sprofonda fino al ginocchio, a volte di più, la scarpetta che si bagna (povero piede, coi pesci!).
Riusciamo comunque a ridere e scherzare, rischiare capitomboli, ma soprattutto iniziare a pensare come rifarsi domani! Video. Il Brenta si sfoggia tutto per farci salire ancora più voglia. Ma ogni montagna che vediamo intorno a noi è spoglia di neve, è scesa tutta in fretta e portandosi con se amici di terra e pietra.
Al pianoro del Rifugio Nambrone ripassiamo sopra la neve smossa dell’andata, e solo ora capiamo l’entità di questo mostro. Così come capiremo l’entità di quelli che hanno occupato la strada. Io non so se sia usuale o meno che ci siano così tante valanghe di simili proporzioni, però di certo ne siamo usciti spaventati. Che non è male.
All’auto ci cambiamo in fretta per poter arrivare a Pinzolo e far riparare la mia pelle, si fa un po’ di spesa e in un parchetto del paese imbandiamo la tavola, fornelletto e remember estate 2012:canederli in brodo di wuster! Poi meglio dormire un po’ sulla panchina che da sala da pranzo si è trasformata in sala da letto, con ormai deciso dove andremo domani. A rifarci.
A onor del vero, però abbiamo visto una gran bell’alba, ma avremmo voluto anche vedere altro!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui video.

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