giovedì 8 settembre 2016

Chicca fuori dalle mode: Monte Castello (Burgstall), spigolo Nordest

Devo ammetterlo, se non fosse per Gianluca e Giorgio, questo posto manco lo conoscerei. Se lo guardi da una prospettiva, è solo un montarozzo arrotondato dove pascolano ovini e bovini e un po' di trekkers. Se lo guardi dal versante opposto, centinaia di metri di roccia da scalare. Selvaggia. Avvicinamenti lunghi. Pochissimo materiale in via. Una chicca. 

E le ciambelle vengono col miglior buco quando magari volevi fare un bombolone: ci troviamo io e Giorgio al mattino per questa meta, dopo una rocambolesca serie di eventi e di proposte. "Giorgio, mi fido di te, mi sembra lunga, ma il rientro è comodo, quindi ok". Già temevo di metterci 10 e passa ore a salire la via, rientrare a casa alle 2 di notte: e invece, poco più di 6h30min per la via, e alle 21 già con un altro zaino pronto per un'altra avventura. 

Colazione al sacco ai Bagni diRazzes, e ci mettiamo in cammino che le prime luci già ci mostrano la nostra meta, lassù. Il mio amico conosce abbastanza bene il posto in quanto frequentatore dal punto di vista delle escursioni, e partiamo decisi alla volta della Malghetta Sciliar che raggiungiamo abbastanza velocemente ma senza tirarci il collo, che oggi ne serviranno di energie. 

Cerchiamo di carpire qualche informazione aggiuntiva dai gestori, che ci scoraggiano un po': "è difficile trovare l'attacco, tanti tornano indietro". Ok, il luogo è selvaggio, questa è una salita classica ma solo per la gente del posto, altrimenti non se la fila nessuno. Però dai, addirittura così? Giorgio è in superestasi per questa salita, dai che andiamo. 

Cima Castello si mostra e si è mostrata spesso in mezzo al bosco, ma avancorpi rocciosi ed erbosi davanti alla sua parete ci hanno nascosto gran parte della salita. ma quanto è in alto la cima.. Il sentiero di accesso è piccino, un sentiero dei camosci, ma ben presto siamo al secondo canale che iniziamo a risalire tutti eccitati. Ma meglio stare concentrati su ciò che pestiamo, tutto si muove e..frana! 

Beh, il blocco che sbarra la strada è inconfondibile, siamo all'attacco! Freschino all'ombra, ma confidiamo un po' di sole prenderlo più in alto. Siamo soli. beh, Giorgio se l'aspettava. E invece mentre lui sale il primo tiro, arriva una guida con cliente: guida che devo dire è gentilissima, a differenza di altre spocchiose e che non ti aiutano per nulla. Ci da qualche dritta su dove cercare la via; peggio il suo cliente, che ci scarica addosso svariate sassaiole, sopratutto quando Giorgio sarà sul nostro nono tiro! 

Lo zoccolo basale, tutto all'ombra, è facilotto, ma in quanto tale è su una parete uniforme con pochi punti di riferimento, e infatti le prime soste sono fatte un po' dove capita. Anche mettere protezioni è impresa ardua. La nostra terza sosta è alla forcella dove si può dire che ora si inizi a seguire lo spigolo, sinonimo di un maggior riferimento..a tratti. 

L'arrampicata è molto discontinua, ma la ricerca dell'itinerario obbliga  a tenere le orecchie dritte. Bella la quinta sosta su un arco naturale di roccia, poi dal settimo tiro si inizia ad arrampicare un po' più seriamente: intanto evito di guardare l'orologio perchè ho paura di vedere il tempo che passa e noi che siamo lenti. 

Un settimo e un ottavo tiro che dei bei traversi che frizzantizzano la salita, poi siamo a scaldarci al sole finalmente, schivando i sassi dall'alto del cliente della guida. Un altro tirello per Giorgio, e poi eccomi su un bel tiro continuo di IV/IV+ dove le stelle alpine giacciono di fianco ai rinvii, connubio con la natura ottimo! 

Senza perdere tempo continuiamo la salita, ormai soli davvero, con alle spalle i pratoni dello Sciliar, mentre noi saliamo pareti roccioso che sembrano esser state trapiantate su delle colline. Ed eccoci al passaggio chiave della via, quel V di fianco al campanello. Tocca a Giorgio (il libro di via è già alla sosta prima del tiro, ma per scaramanzia NON si firma ora!), che sale svelto fino al passaggio, poi..beh passeranno un po' di minuti prima che riesca a risolverlo. 

Ma quando toccherà a me, capirò bene il perchè di quelle titubanze: dare quel passaggio di V mi sembra davvero sottogradato, a meno che sia venuto via qualcosa.. Soccia se è duro! Prova qui, prova la, ricordo V ben più facili! E il campanello, non suona nemmeno, che delusione! Tutta questa fatica su questo passo, mi cancella l'esultanza del V+ di Rabanser

Ormai possiamo dire che sia fatta, do' un occhiata all'orologio (in realtà lo guardavo anche mentre entrambi annaspavamo sul passo duro) e mi conforto abbastanza, quasi mi esalto. In realtà non è finita del tutto, altri 3 tiri prima di uscire, e col penultimo che non me l'aspettavo: un diedro appena accennato ma magnifico! 

Portarci in vetta tocca a me. Chissà se come dice quel visionario di Iacopelli "Già all'uscita vi trovate su dei prati piani ove non di raro si può attrezzare una sosta usufruendo di apatici bovini che si dedicano ad attività ruminanti. Dopo aver chiarito al vostro secondo di cordata il perchè sia stato sradicato dalla sosta e trascinato lungo l'ultimo tiro e per altri trecento metri sulla cima, liberate l'imbizzarrito bovino da tutti i vostri cordini di sosta e attraversate l'altipiano siano al sentiero..." 

Prima delle 15 siamo entrambi fuori dalla via: poco più di 6 ore e mezza per una via di 650m di sviluppo e pure da cercare! Mi si risolleva il morale, non siamo (sono) così scarsi. 

Ci godiamo il panorama a 360 gradi, focalizzati su Sassolungo e Catinaccio (bello coperto lui). Con estrema calma ci svacchiamo sui prati, a bere, mangiare e cambiarci le scarpe che i piedi non vedono l'ora, ma.. prima lasciamoli un po' all'aria.  Siamo sempre soli, spettacolo. 

La discesa parte blanda vagando per i prati sommitali, senza andare a toccare la cima vera e propria: adesso iniziamo ad intravedere della civiltà sotto forma di escursionisti. Poi appena prima di prendere il temibile Gamssteing, un gregge di capre ci sbarra la strada e dopo averlo superato inizia a seguirci forse attirato dal sudore.. 

Scorrendo sotto tutta la parete est (o nord?) del Monte Castello e limitrofi, sogniamo altre salite, galvanizzati dall'odierna, sopratutto uno spigolone che..bisogna tornarci qui. Tra una scivolata e l'altra sulle radici umide, arriviamo alla Malghetta Sciliar pronti a sfogare la nostra fame e sete su di lei. Luogo davvero piacevole, peccato solo sia all'ombra, ma come ho detto anche alla gestrice "no no, ma qui ci torniamo ad arrampicare, bellissimo posto, solitario, e grandiosi porzioni di torta!". 

Con lo stomaco pieno e lo spirito a mille, scendiamo verso l'auto, arrivando contro mia ogni più rosea previsione..senza usare la frontale! Ok, è ora di pensare ai prossimi tre giorni che passerò ad arrampicare con Riccardo. Temo già che mi tirerà il collo, lui che il grado ce l'ha ben più alto del mio! Meglio non pensarci e guidare un po': al primo autogrill Giorgio collassa sul sedile, entro a prendermi un caffè e..le smancerie del barista, come l'altra volta in Apuane. Se ci fosse Stefania, mamma mia quante risate si farebbe! 

Che giornata ragazzi. Lunga, intensa, da respirare a pieni polmoni. Un vione, non tanto per la difficoltà (discontinua e contenuta per la maggior parte, ma con un bel decimo tiro continuo e altri passaggi non banali), ma quanto per l'isolamento e il senso di esser davvero da soli e in "balia" dei voleri della montagna. Montagna che all'uscita si addomestica con comodi pratoni.

Grazie Giorgio della chicca.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui guida con relazione (schizzo davvero buono!).

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