venerdì 14 aprile 2017

29h non stop trekking: Via degli Dei, e vederne parecchi

“Ehi Andre!” dissero le gambe.
“Ditemi bimbe!” rispose la testa.
“Ci porti a fare un giro? Ma da stancarsi bene a modo!”
“Ohi ciccie, devo vedere se reggo anche io un simil sforzo”
“Yuppi ya yeah” esclamava sotto voce il cuore.

126,76km, 4446 D+, in 29h no stop.

Il mio primo incontro con la Via degli Dei avvenne parecchi anni fa, quando con Marco feci un giretto in MTB salendo fino anche al Monte Adone (due coglioni). Vidi questi cartelli, e a casa mi documentai un pochetto. Mi prestarono una guida (che ho ancora, e ahimè non ricordo di chi sia), ma non arrivò mai l'occasione per farla. Vuoi perché preferisco fare altro, vuoi perché forse in fondo non era sta gran figata, tutto andò in standby. 

Ogni tanto ci pensavo, e ganzo della mia traversata dell'Appennino o di altre follie compiute, mi dicevo che magari potevo pure tentarla in giornata. D'altronde, treni comodi, zero voglia di sbattersi a prenotare dove dormire, sentirsi libero da orari e vincoli. Roberta mi risveglia questo progetto nel cassetto con un innocuo “ma secondo te, si può fare in due giorni?” “Beh Robby, io pensavo di farla in uno..”. 

Meteo ok, non piove da mesi quindi immagino zero fango, ditta chiusa, amici arrampicatori che lavorano, luna piena, voglia..è il giorno giusto per provare sta cazzata. Due fanciulle, Alessia e Sara, mi prestano le loro guide e cartine, e siccome loro l'han percorsa un anno fa, ne approfitto per carpire un po' di informazioni circa acqua, segnaletica, fino a dover confessare quale sia la mia idea. Partire in treno dopo lavoro, e poi subito a piedi: nessuno stop, tutto d'un fiato. 

Certo che se magari mi fossi allenato.. Se nei giorni scorsi non fossi andato a correre tutte le sere.. Se almeno avessi dormito e caricato un po le pile in questo senso.. E invece no, allo sbaraglio, alla carlona, il miglior modo per fallire. Ma in fondo che me frega, mica vinco dei premi. Andiamo e proviamo, ormai sono troppo carico mentalmente, troppe aspettative. 

Alle 19e20 sono in stazione a Modena, dopo veloce aperitivo con la mia amica Stefania che è tutto un scuoter la testa quando davanti a una birra le dico cosa sto per partire a fare “va beh, stancati, così ti sfoghi per quando invece vieni via con me e devi stare a freno”. Cena quindi a base di stuzzichini del locale, altro colpo di genio. 

In stazione a farmi il biglietto trovo pure Alessandra, compagna del biennio delle superiori “eh ma guarda te, come sei cambiato! Mi ha detto Lisa che scali le montagne adesso, però! E da come sei conciato direi che vai a fare questo anche a breve” “ehm s, una delle mie minchiate diciamo”. In treno dormire  dura: tento tre posizioni diverse, forse in ognuna dormo 10 minuti. Ah ma va bene eh! Alle 22e20 scendo a Firenze Santa Maria Novella.. Eccoci. Concludo la mia cena con due paste e due caffè. Alle 22e41 esco dalla stazione. L'avventura abbia inizio. 

Vestito male, uno zaino con bastoncini penzolanti, maniche corte, chissà cosa pensa la gente. In meno di 10minuti sono davanti al Duomo di Firenze: scatto una foto ironica per le tre dame che sanno dove sono per farle sapere che parto e che spegnerò il cellulare. Veloce messaggio alla sorella per dirle che sarò assente per un po'. C'est parti! 

Disclaimer: il resoconto non sarà per nulla completo. Impossibile ricordarsi di tutto, anche perché parecchie cose non posso ricordarle visto lo stato di trans o confusionale che avevo. E come spesso accade, non ricorderò le più belle forse. Ma questo è un viaggione personale, diverso per ognuno di noi. 
Seguo la guida di Cervigni, ma solo più tardi capirò che trattasi di una variante, e per questo non trovo cartelli e indicazioni. Diretto verso Fiesole ben presto mi scontro col problema di non avere le vie a campo romano (cioè tutte ortogonali tra loro: se giri quattro volte a destra, ti devi ritrovare nello stesso punto): entro di malumore nel sottopasso del tram, timoroso dei ragazacci che potrei trovare, esco per il lato sbagliato. Cammino cammino, non mi trovo, vedo che la luna non  dove dovrebbe essere. Ecco, sono nella via sbagliata, torna indietro, poi per sicurezza chiedo a un ragazzo Ora va bene.

Salita verso il paese, buia, luci artificiali, nessuno in giro. La Luna, sorella che mi accompagna, sorella che mi illumina. La strada si fa ripida, le luci di Firenze alle mie spalle, sempre più lontana e Bologna più vicina. Mancano solo circa 110km. Non pensarci. Vai. 

A Fiesole, dopo qualche difficoltà a trovare il sentiero (per forza, son salito per una variante), chiedo a un ragazzo qualche info “Mai sentito questa Via degli Dei. .. Ma vai adesso? Occhio che ci sono animali feroci” E partiamo bene, a Villa Bosconi un cinghiale mi attraversa la strada, un altro dal buio mi grugnisce contro cattivo. Se partiamo così vicino alla città, chissà dopo. Porca paletta, che paura che mi sale addosso. Hai voluto la bici? Pedala. 

Il buio fa paura, ho la mega frontale ma può non bastare. Ne ho fatte di salite nei boschi al buio, da solo, ma sempre in posti conosciuti: qui non sono a casa mia. Sbatti le bacchette, tossisci, fatti sentire. Ogni fruscio nell'erba è un'emozione, poi ci fai l'abitudine. Speriamo anche loro la facciano a me! 

Il bosco al vento canta, suoni dolci delle foglie, ma anche tetri e cupi dei tronchi che stridono. Suoni spesso che fanno pensare a film dell'orrore (e sono nel territorio di Pacciani, no?!) oppure a verso di animali strani. Sara e Alessia mi avevano parlato di dinosauri che abitano questi boschi infatti un suono simile al verso del Velociraptor di Jurassic Park mi fa salire un brivido e la pelle d'oca. Poi penso a quelle due burlone e i loro video in cui imitavano i dinosauri appunto, e me ne esce quasi un sorriso. Posso proseguire. 

Il Pratone viene raggiunto, non so se dentro il bosco o fuori da esso mi sento più protetto. Provo a corricchiare in discesa, ma temo che la mia velocità possa esser mal vista dagli autoctoni del posto. Mi calmo e cammino, scavigliamenti a non finire, imprecazioni. Il piede che prende botte a non finire: le scarpe da trail sono di certo più deboli degli scarponi da montagna, ma mi pareva la scelta più saggia per tentare questa "impresa" poco saggia. 

Ovviamente i cartelli indicano la Via degli Dei nell'altro verso. Ma vuoi dire che solo io la faccio così?! Alberaccio, nomignolo alla toscana, e appena arrivo vicino all'asfalto, di nuovo bestie in giro. Un bel tratto di campo aperto dove il fiuto può guidarti sulla giusta strada (di giorno si vedrebbero cartelli e paline lontane, a buio no). 

A Bivigliano non scendo, non serve, proseguo verso il Monte Senario, e dai di caprioli. La salita sulla carareccia di ingresso mi fa temere di essere a casa di qualcuno, e che non sia cortese esserci a quest'ora di notte, alle 3 passate. 3 passate, sono lento cazzo. E un convento alle 3 di notte..fa paura. Mangio qualcosa e scappo via va la! 

Badia Buonsollazzo  invece un bel nomignolo, ti rilassa, se ti fermi. Se non ti fermi è solo un'altra comodità che ti lasci sfuggire dalle mani per continuare sulla tua selvaggia e bizzarra idea. Continuo nel mio cammino al buio, senza volermi preoccupare di quanti km ho fatto perché so che ne mancano tanti. Anche la cartina, non ne ho fatto nemmeno 1/5.

Scendendo noto quel cartello, quella località: Poderuzzo, ma non vedendo segni lo ignoro. Ci penso un po' ma poi vado. Mi sembra la prenda larga, molto. Mi sembra non ci siano segni, ma ci può stare, non ci sono bivi. Arrivo al “paese”, ed è ora della Redbull, è già da un po' che mi sento barcollante. Passo sotto la ferrovia, ecco un segno, bene! Destra o sinistra? Mah, destra. Ma non mi ritrovo. Sono sullo stradone ma qualcosa non torna: finisce il paese, che si chiama Campomiglino e non Tagliaferro. Porca vacca sono troppo avanti! 

Calma, non farti prendere dallo sconforto, tira due accidenti, ma torna indietro senza pensare al tempo perso, ai km in più, la testa non deve mollarci ora, non può (non sono nemmeno a metà!). Ecco Tagliaferro, maledetto. Dovevo seguire il mio istinto verso Poderuzzo, ma la storia non si fa ne coi se ne coi ma. 

Albeggia mentre salgo a Trebbio, strada ghiaiata noiosa ma con almeno un po' di panorama e quella luce blu tipica dell'alba. Alba che si fa desiderare, foschia sparsa che offusca molto. Cottura che avanza, quella deviazione non voluta mi ha fatto traballare la mente, per poi spostarla verso un pizzico di pazzia per tornare in carreggiata. Serve un pizzico di pazzia per fare cose del genere, anche solo per concepirle. 

Castello di Trebbio, speravo passarci dentro, ma il sentiero sta fuori e non mi pare ci sia possibilità di entrarci. Arriva il momento di ogni mattina, la cacchina: e quando mantieni la tua regolarità anche in queste situazioni, sono gioie, credetemi. Cerco di correre il più possibile in discesa, ma le discese con una certa pendenza sono poche, qui tocca camminare, c'è poco da fare. 

Foschie e nebbie la fanno da padroni. La fatica pure. Ho una voglia di un bel latte macchiato, di latte intero proprio, una bella colazione: manca poco al prossimo paese, sono le 7, qualcosa di aperto ci sarà! Arrivo a San Piero a Sieve, umidità elevata, un negozio di materassi che svende tutto e ne ha fuori (mamma cara, come mi ci sdraierei!), ma di un bar manco l'ombra. 

Dai che la Via degli Dei passerà davanti a qualcosa di utile! No. Sono ben presto di nuovo in mezzo al nulla: sconfortato mi sfogo su quello che ho con me. Che palle però, nemmeno il conforto di cibo e bevande. Altra prova da superare. Superata. Dopo la rabbia di Tagliaferro, ho riacquisito un po' di spirito, di voglia di giocare: nettare fondamentale per arrivare in fondo. 

La fame comincia a essere tanta e spesso. Mangio quasi in continuazione, ma credo sia normale: quante ore che non dormo? Quante ore che cammino? Quanto tempo senza un pasto decente? 

Attraversata la statale, mi aspettano km di salita asfaltata, na palla allucinante. Almeno le foschie che mi bagnano la barba di continuo, nascondono il sole che così non mi cuoce: pensare a questo tratto in condizioni estive mi uccide al sol pensiero. Saluto i primi esseri umani, non gente che cammina ma che esce di casa. 

Ormai nei pressi del bivio per Sant'Agata, le nebbie si dissolvono man mano, mostrando le potenzialità del panorama toscano: dolci colline e invitanti cascine. Ma l'obiettivo ormai è il Passo della Futa: dovrebbe esser circa metà del percorso, e contavo arrivarci alle 10 di mattina, cosa ormai impossibile. Sono lento, inizio a darmene atto e fare i conti con ciò. Vabbeh, l'importante è arrivarci in fondo. 

Mi riallontano dalla civiltà, in mezzo a boschi afosi dove incrocio un paio di gruppi in tenda. Salita lenta, discese blande, piani lunghi. Su questa tratta mi aspetta una cima di mille e passa metri, che mi indicherebbe pure che sono vicino alla meta. Ma non ho studiato molto il percorso, e ora che sono qui preferisco non guardare di continuo ora, km, cartina, guida: vado e basta. 

Monte Calvi. 700m. Ma quanto diavolo manca?! Quanto sono indietro?! Ma possibile?! Calma, stai comunque andando bene: sei stanco ma reggi. Hai cibo e acqua. Forza, vai, ormai sei qui. Riparto, nuvole minacciose e questa afa non promettono nulla di buono: ci manca sol che piova! Avanza, imperterrito, alcuni cartelli mi forniscono orari per nulla rassicuranti: per fortuna questi tempi li di mezzo. 

Alleluia, Osteria Bruciata raggiunta. Ma Osteria, perché sei bruciata? Ti avrei svaligiato volentieri veh! E invece no. Pausa, un'altra, che me frega, devo giocare di risparmio. Un cartello dice 3h ore al Passo della Futa. La fottuta futa: ce ne metterò 1h15min, ma ora non lo so e un altra dose di sconforto si inietta nelle vene. 

Mi aspettano pure due salite a due monti, al vento freddo e nelle nebbie umide. Pedalare amico. E pedalo, sudo, ma quel cavolo di passo devo raggiungerlo per valutare come sono messo. Mi sa che c'arrivo alle 14 cavolo, forse di più. Vedrò che fare. Primo monte, secondo monte, discesa, infinita, corro finché ne ho perché mi serve guadagnare tempo, serve allo spirito. 

Scendo scendo, ma dove diavolo è questo passo?! Sentiero sconnesso, solchi profondi, scaviglia ancora, stringi le scarpe (troppo). L'asfalto, eccolo, segno che il passo è vicino: passo che per me adesso è sinonimo di momento di bilancio e di ristoro. Ma c'è ancora della strada. Lungo la strada l'insegna di una piscina, magari! Una rotonda con troppo scelte, prendo quella del cimitero germanico, ma poi scorgo il bar sotto, fuggi al bar! 

Detonato come sono, leggo "chiuso il giovedì" e inizio a imprecare. Ma tento comunque di aprire la porta: si apre! Poi rifletto: è venerdì. "Mi da: due fette di torta, un latte macchiato, un caffè e un gatorade. Ah, mi può riempire queste due bottiglie d'acqua?". Esco fuori col bottino. Sono le 11e45.

11e45, praticamente 13h che sono in giro. Sono forse poco oltre la metà, o a metà, mi aspetta molta più discesa che salita, ore di luce e paesi ben più numerosi. Ok, arrivare alle 18 a Bologna è impossibile, ma forse per le 22 e prendere l'ultimo treno della giornata ce la posso fare. Ma in ogni caso, che me frega, sono attrezzato per dormire all'addiaccio, figurati per dormire in stazione! 

Mi concedo una pausa lunga: 20minuti. Messaggio alle tre dame, rimetto il cellulare offline, sistemo lo zaino (troppo pesante, come sempre) e riparto. Mi spiace ma per il cimitero germanico non c'è tempo: sento che ormai ogni minuto potrebbe esser prezioso per non dover dormire in stazione. 

I boschi si fanno afosi, ben soleggiati e poco areati. Altra salita che non mi aspettavo, e un terreno brullo e secco ma ricco di pozzanghere. Incredibile quanto fango si possa trovare con a lato un terreno arido. Incontro i primi viandanti che probabilmente percorrono anche loro la Via degli Dei, ma nell'altro verso. Mi conforta almeno vedere che i cartelli di questo percorso sono diventati bidirezionali (non tutti).


Mi conforta meno la stanchezza che inizio ad accusare. La fame continua. Sento in realtà che mi sto pure forse nutrendo male. Intanto almeno ho già messo via 2 dei 4 fogli (fronte retro) della guida del Cervo. Di cartina ho già usato tutta la faccia retro. Ma so che sono più lento di quello che credevo. Non che la cosa mi affligga particolarmente, nel senso, non ho coppe da vincere. Solo che mi rendo conto che gambe e testa dovranno reggere per più tempo: sono pronto psicologicamente a ciò? 

Resti della vecchia strada romana, la Flaminia Militare, parecchi resti di vestiti: calzini, magliette, vedrò giorni dopo le foto di un amico che mostrano un reggiseno perso per strada. Dimenticanze o scarti? Sorgenti che non sorgono più, la mia sete incolmabile: ai paesi spero bene trovare fontane. Corricchio tutte le discese, con gente che mi guarda stranita e cani che si spaventano: un fantasma in fuga che cerca pace. Più che pace, cerco una bella pizza e birra fresca! 

Alberi fioriti dal profumo inebriante, bianchi splendori dei petali, verde brillante spazzato dall'erba. Il cappello alla Indiana Jones che tenta di salvarmi da un colpo di calore che sarebbe come mettere due ubriaconi insieme: lui e la stanchezza sarebbero una coppia fenomenale per buttarmi a terra. Pratoni da svaccarsi a terra e dormire: ma finchè ne ho, meglio che ne approfitto.
Sono solo 15km questa tappa, confortante rispetto alle lunghezze delle precedenti, ma comunque sia, non finiscono mai. Una nuova pineta, un nuovo habitat dei dinosauri: il ricordo di quei video bizzarri è un conforto in questa solitudine e fatica. Solo in questi momenti ci si rende conto come piccole cose possano avere un grande peso. Il trattore semiabbandonato da guidare come facevano le due fanciulle. Imitiamole dai.

Madonna dei Fornelli, perchè ti chiami così? Perchè eri brava a cucinare? E allora dai, che la mia fame non ha fine! Sforna qualcosa! Io intanto cerco di arrivare il prima possibile, devo solo superare questi punti oltre i 1000m, e illudermi che una volta messo piede sull'asfalto tu sia lì a due passi. E invece no, ce ne è ancora e ancora. Non aver studiato bene il percorso un po' mi illude, un po' mi sorprende. Più spesso mi illude di esser più avanti di quello che sono però.

Asfalto, paesino, poi riprende la salita su sterrato e di nuovo sentiero. Esco allo scoperto, vedo il paese ora, ancora lontanissimo. No ferma tutto, io c'ho fame, sete e sono stanco, un'altra pausa che fino laggiù non reggo. Ziocaro, mi siedo su un formicaio! Il vento mi spazza, mi raffredda (in senso buono), ma così non mi fa sentire il sole che mi cuoce temo..

Discesa impegnativa da frenare per i miei piedi e gambe che accusano la giornata. La giornatona. Pieno d'acqua alla fontana e mi concedo pure un sollazzo: un bel gelato: pago, lo scarto e riparto. Pochi metri dopo mi dico "ma va a cagare, mangiatelo in pace a sedere!". In questa tratta incrocio parecchie persone, tutte molto probabilmente partite da Badolo per fare la Via degli Dei (parziale) in 4 normali giorni.

I "ciao" così si sprecano, i "buon cammino". Tutti nell'altro verso, chi con zainetto e chi con zainone (con materassino, tenda, ..), tutte le età, tutti i sessi, diverse nazionalità. Osservo le pale eoliche laggiù, uno sguardo alle spalle per vedere che non vedo tutti i km macinati, segno che devono esser tanti. Ora ne ho "solo" 10, quando l'ho letto sul foglio ho quasi riso: risata isterica di chi si prende gioco di se stesso. 

Il verde brillante dei prati, l'erba alta spazzata dal vento che si muove in maniera armoniosa, sinusoidi vegetali e ipnotiche. Sto bene, sto male, son normale, son pazzo, che senso ha farsi certe domande? L'importante è "stare", esserci, vivere, viverle. Mamma mia la cosa sta prendendo la via filosofica, segno che la testa sta partendo. 

Prima pausa dove ho occasione di parlare con qualcuno, scambio di informazioni, e ovviamente salta fuori da dove arrivo e da che ora arrivo. Vedo la gente più disparata, molta non credo che sia attrezzata e pronta a un simil cammino, ma problemi loro, io ho già i miei. Tutte le discese cerco di correrle adesso: è la testa lucida che comanda le gambe stanche, lei che sa bene che ogni minuto sta diventando prezioso, una corsa contro il tempo per sfruttare la meglio le ore di luce che restano. 

In mezzo a pratoni di pace scorgo da lontano una persona che mi pare conoscere, ma sono troppo concentrato a guardare dove metto i piedi per distrarmi. Ho una meta precisa davanti a me, "davanti" si fa per dire. Marco invece mi vede bene e riconosce, "Ehi Andrea!", tira le briglie, fermati a salutare, scorgi con la coda dell'occhio che c'è anche un folto gruppo di donzelle. Due veloci parole, poi dopo aver sentito i miei tempi e le mie intenzioni "vai vai, che non voglio farti perdere tempo!". 

Di nuovo di corsa, allegra, felice, spensierata. Uno svago per la mente, per la mente afflitta dai mille problemi della vita quotidiana: il lavoro, la famiglia, gli amici, il portafoglio. Qui tutto si annienta, le cose importanti diventano altre: cibo, bere, camminare e correre. Mente che trova svago passando vicino ad Artemisia, un'osai d'arte in mezzo alle colline bolognesi. Io di arte capisco poco, ma capisco che a volte non c'è da capire, ma solo da interpretare, da farla propria nei modi e significati che più ti aggrada: questa credo sia la vera bravura di un artista.

Monzuno, eccolo, un bar, sì. "mi fa due caffè?" resisto a quelle paste al bancone, troppi zuccheri oggi, avrei voglia di salato, ma mangiarmi un panino al formaggio adesso sarebbe troppo pesante per il mio stomaco: devo dargli poco ma spesso. Una panchina vicino a una fontana, ragazze stravolte che arrivano, una coppia che mi chiede di distanze che sa che non potrà coprire. Un messaggio alle tre dame, sono le 17 e inizio a pensare che dovrò dormire in stazione.

Arrivarci però in stazione a Bologna! Ne manca ancora.. Però cazzo, ci voglio arrivare! Ok, non ci sono coppe in ballo, premi, gloria, nulla di tutto ciò. Che poi non mi interesserebbe. Lo faccio per me, per vedere quanto posso andare in la, quanto posso spingermi, per un po' di sana soddisfazione personale di riuscire a fare qualcosa che non tutti riuscirebbero a fare. Dai cazzo Andre. Manca solo un foglio, due tappe del Cervo. Non voglio sapere quella che mi condurrà a Bologna quanto sia lunga.

Si riparte, tanto asfalto e tanta gente che sale. Che chissà se sa dove va (alcuni palesemente non lo sanno). Deviazioni in mezzo al bosco per evitare la strada, sabbia che fa la sua comparsa, segno che le solide rocce del bolognese stanno per fare la loro comparsa. Il tempo inizia a stringere, i piedi iniziano a farmi sentire al comparsa delle vesciche, nei punti dove non avrei pensato sarebbero arrivate, nei punti dove non ho messo vasellina:sotto il piede all'attacco delle dita. 

Corricchio come posso, stringo (troppo) la scarpa per provare a sfregare meno il piede dentro la scarpa. Prati e una tenda che si appresta a passar la notte, mentre io quanta strada ho ancora da percorrere. Almeno mi aspetta un tratto, l'unico, che ho già percorso, anche se tanti anni fa.
La natura si sta lentamente spegnendo, l'intensità del sole cala, tutto pare addormentarsi e lasciarsi andare al crepuscolo che inesorabilmente arriverà. Tutto tranne me, che devo rimanere vispo e lucido e proseguire. Sbaglio la salita a Brento, per fortuna me ne accorgo in tempo, torno in giù e prendo la strada giusta. Il Monte Adone lo scorgo già da un po', spero solo riuscire a salirlo e scenderlo prima del buio. 

Pausa ristoro, bevo la seconda e ultima Redbull che so che mi servirà (anche perchè di bar per caffè temo non ne vedrò più, e infatti), ma sopratutto metto i compeed che se no muoio. Porco cane la salita a Monte Adone, poco segnata in certi tratti, da indovinare, la luce che scarseggia, il vento che soffia e raffredda, ma ora non posso fermarmi a vestirmi, anzi meglio che io abbia freddo così sono più spronato a salire e sudare.

Oh eccomi in cima al Monte Adone. Penso di esserci, scoprirò di no. Un po' di vasella all'interno coscia, dove lo sfregamento del pantalone inizia a irritare. Proseguo, trovo due imbecilli che accendono un fuoco: in mezzo al bosco, con la siccità che c'è e con questo vento impetuoso. Vorrei dirgli qualcosa, ma sono troppo stanco e vado di fretta per averne la forza e la sanità mentale per affrontare una discussione con dei maleducati. 

Continuo ed ecco che sono veramente in cima al Monte Adone, con la croce che gli compete. D'altronde stavo continuando a salire, qualcosa non tornava. E ora, discesa folle su questo ripido e tortuoso sentiero, accendo la frontale che in questo bosco la debole luce rimasta fatica a penetrare. Ed ecco che trovo altri due geni "Scusa manca molto a Brento?" "Mah, tipo almeno 1h? Forse di più?" ma come si fa a esser così in ritardo e non attrezzati. Arrangiatevi che devo pensare a me.

Il verso del pavone mi fa capire che sono sulla strada giusta, anche se mi pare che sto scendendo troppo. Eccomi sulla strada ghiaiata, e oramai è buio. Posso proseguire ancora un po' con la mia piccola frontale, ma ben presto tiro fuori quella potente perchè di nuovo devo fare i conti con gli animali selvatici. Sbattere bacchette, farsi sentire, ma il vento è contro di me. Incrociamo le dita. 

No vabbeh, son troppo cotto e ho la frontale agli sgoccioli, fotte sega del Monte Frate, lo aggiro poi che non voglio fare sentierini. Mi sbrigo finchè la frontale regge, in realtà faccio tutto il percorso visto che la strada resta larga e marcata. Un periplo in mezzo a queste colline a seguire i cartelli VD che si divincolano tra cararecce e forestali. Impossibili da correre, non c'è discesa, tocca camminare, prendersela con "calma". Vista l'ora, visto il buio, pace. basta che arrivo. Basta che non mollo. Non ora.

La guida di Cervigni diventa ora una variante. Apro la cartina che combacia invece coi cartelli. Seguo questa. Speravo finire sull'asfalto, mi sarei sentito più sicuro, e invece si continua su strade bianche: qualche casa a sentirsi più in mezzo al mondo civile, ma cani che spero siano legati. Un'auto mi si affianca, "ehi tutto ok?" "si si grazie, solo un po' lungo" "ok, buona camminata".

Seguo fedelmente il VD, provo a correre quel che riesco in discesa. Sbuco sul viale di una casa, di una villa, Villa Francia. Sono cotto, provato, sono le 22, quasi 24h che sono in giro, 36h quasi che non dormo. E il sentiero non lo trovo più. Finisco dentro la casa, senza sbocco. Torna indietro, trovo cartelli, divelti, le frecce non sono chiare ma una traccia nell'erba si fa seguire. Vicolo cieco. Lo sconforto. Tanto sconforto, non ci vuole questo!

Di certo sono io che non trovo, dovrei osare di più nella ricerca, ma la delusione di non trovarlo sarebbe troppo grande. Posso invece risalire il viale di accesso alla villa e sbucare a Mugnano di Sopra, e da li tramite asfalto scendere e ritrovare la Via degli Dei. Ma prima una pausa, mi sdraio, sistemo le batterie del telefono, mangio e mi riassetto. Rialzarsi diventa sempre più difficile: le gambe son frulle, le spalle fan male, la testa ha un bel peso psicologico da reggere. Da reggere ancora.

Ritrovo la Via degli Dei, posso togliermi l'ultima curiosità: quanto sarà lunga la mia ultima tappa. 16km circa, temevo peggio. Di nuovo controllo la cartina per capire il percorso originale: devo costeggiare un torrente, lontano dagli stradoni, poi finire quasi su una bella strada larga e da li risalire a San Luca per poi scendere in città. Col cazzo che salgo a San Luca, son cotto!

Ora segue questa strada asfaltata che passa dall'Oasi San Gherardo. Non sembrano migliaia di km, ma io son brasato. Più tardi mi renderò conto di camminare a 3km/h, tipo la metà delle mie abitudini: è chiaro che le gambe non ne possono più, ma è altrettanto chiaro che la testa c'è e gli sta dicendo di resistere. Le sta facendo resistere. Alcune macchine mi superano, spero solo non finire in mezzo a teppisti, parchi di scambisti, di incontri omosessuali o che so altro.

Infinita. Strada infinita. Non si arriva mai. Sono tra il disperato col pianto pronto, il disperato che sfagiola, il felice che sta per farcela col pianto pronto. Ma non piangerò a Bologna, non ne avrò le forze evidentemente. Cani che abbaiano, strane ombre dentro una strana roulotte che mi velocizzo a lasciarmi alle spalle. L'asfalto diventa ghiaia, ma ancora San Luca è lontano: già, perchè ormai mi sono reso conto che devo passare per San Luca, mica posso fare la tangenziale. E almeno sarà segnato il percorso.

Non ne posso più. Da lontano vedo una luce che balla e che pare avvicinarsi Mah, a quest'ora?! Ed è proprio una frontale, una ragazza che mi saluta, e alla quale riesco solo a dire “ciao”, un po' imbambolato, un po' concentrato, un po' stanco. Quando qualche minuto dopo ci ripenso, collego che visto l'orario e lo zaino, mi sa che anche lei sta affrontando la Via degli Dei allo stesso mio modo. Poteva essere la donna della mia vita, e invece..puff, me la sono lasciata scappare. Sempre che non fosse un'allucinazione!

Un segno CAI in un posto un po' strano, ma seguo la strada che svolta a destra. Nessun segno sul percorso e un po' di salita. Di nuovo sbaglio, arrivo a una casa, nessun San Luca in vista (che sta ancora dietro a un colle boscoso), torna indietro: che prova per la mente dover tornare indietro, dove r ammettere di aver sbagliato e di dover rifare.

Mi addentro nel Parco della Chiusa: bello eh, non discuto ciò, ma oggi lo odio. Un bellissimo percorso da MTB, toboga nel bosco, sezioni strette e chiuse, ma porca miseria quante diavolo di curve?! Per andare in un posto che in linea d'aria dista x, starò percorrendo una distanza tripla! O almeno questa è la sensazione che ho. Parlo, rido, impreco da solo. Tieni duro che ormai è fatta!

Sembra non finire mai, il ruscello sempre lontano, poi ecco si avvicina, una radura, ma di San Luca ancora nemmeno l'ombra. Quante radure e boschetti da attraversare ancora! Meno male il frontalone illumina a sufficiente distanza, e la testa ha ancora fiuto per capire quale direzione prende quando questa non è chiara.

Finalmente sembra che sto per entrare in mezzo a delle case, un parco, una fontana cui abbeverarsi e riempire una bottiglia, che me en servirà ancora. Passo dentro un parco dove un gruppo di ragazzi giovani si risveglia dal loro torpore cercando di attacar briga. Ci manca solo questa: li ignoro, concentrato, dritto, con la speranza che la smettano. La smettono, ecco che parte la salita per San Luca, e visto il recente incontro, di filato la faccio! 

Altri animali selvatici, una volpe, caprioli, ma ormai non mi spaventano più: io devo solo arrivare. La salita finisce, ma dov'è il santuario? Ancora lontano, laggiù. Vacci, forza. Gambe, vesciche, fame, sete, testa, reggete, manca poco. Eccolo: quello narrato come una prova per i runner di Bologna, oggi una prova per un trekker della Bassa. Ma non è finita, lo sò. Solo che speravo mancasse meno! 

6km mi separano dalla fine, che è comunque quasi un 5%. Discesa lungo gli infiniti portici che mette a dura prova i miei piedi stanchi, che devono frenare, che devono sopportare le vesciche di cui una sola ha il compeed: non posso fermarmi, non so se ripartirei. Quanto tempo che non dormo? Non pensarci. Medita, svuota la mente e vai.

Ai piedi di San Luca, eccomi in città. Da cartina giro a destra, seguo la strada, punto Porta Saragozza. Mi fermo prima, su dei gradini, cazzo quasi mi addormento, rialzati, cammina. Eccomi alla porta, prosegui a naso: vorrei raggiungere le Torri degli Asinelli e fare la foto simile come alla partenza dal Duomo di Firenze, ma fotte sega, voglio arrivare in stazione col percorso più breve! Attacca il navigatore, 1,8km. 

Altre pause sui gradini lungo la strada, bevi che ti fa bene, ecco le torri, posso fare la foto che volevo: cotto come una pera in una bottiglia di vodka. Avanti cazzo, manca poco. La stazione è lì. Davanti a me. Le lacrime di gioia non versante sabato mattina 15 aprile alle 4e09, quasi mi escono ora che scrivo. Entro, vedo i treni in partenza, il primo utile alle 5, faccio il biglietto, barcollando esco verso i locali davanti alla stazione che danno ancora da mangiare e bere.

Sognavo una pizza da scazza, ma troppo in la. Focaccia vegetariana e birra da 33, mi siedo fuori al tavolino ad assaporarla. Scrivo alle tre dame, Stefania mi aveva già dato la sua disponibilità a venirmi a prendere ma le avevo detto di non preoccuparsi. Vista l'ora, posso aspettare il treno e concludere in piena autonomia. Posso concludere: che bella parola oggi che è "fine". 

Barcollando, camminando come se avessi un paletto nel culo (scusate il francesismo), salgo sul treno, punto la sveglia per le 5e18 (alle 5e22 è previsto l'arrivo a Modena). Il controllore già litiga con dei ragazzi di colore come spesso succede qui, chiudo gli occhi mandando tutto a fanculo. E, dormo.

Suona la sveglia, cazzo stiamo frenando per l'arrivo a una stazione, corri alla porta. Castelfranco Emilia, ma porca puttana. Mi siedo sui  gradini aspettando Modena. Eccola Modena. Non trovo il sottopasso per il parcheggio Nord, solo al terzo tentativo ci riesco. Mi cambio solo la maglietta, non posso togliere le scarpe, ma le slaccio. Guido in preda a colpi di sonno da paura, manco ti accorgi che arrivano.

Alle 6 sono a casa, riesco a prendere zaino e borsa, tanto ho poca roba, salgo le scale come se fosse una parete a 4mila metri, entro, butto tutto per terra, mi fiondo dai biscotti, bevo, mi butto in doccia. Compeed sotto la vescica non riparata, qualche messaggio, e alle 6e40..ciao mondo. Ci rivediamo alle 18e30 (pronto per una serata al Mattatoyo fino alle 5, defaticamento!).

Un po' di numeri..
22:40 fuori da Firenze Santa Maria Novella
11:40 al Passo della Futa
4:00 Bologna Centrale.
29h no stop di cammino (pause mai oltre 20min) e senza dormire.
Esclusi 20 minuti scomodi in treno, 49h senza dormire.
La guida del Cervo dice 125,6 km e 3453 D+.
La cartina della Via degli Dei dice 120,83km e 5068 D+.
Il mio GPS dice 126,76km e 4446 D+.
Le mie gambe e la mia testa dicono: cotte!
  
Vi devo dire che questo sia il modo corretto di fare le cose? No, non è ne il modo corretto, ne il modo sbagliato. Semplicemente, è solo il mio modo di fare certe cose (e solo a volte, tra l'altro). A ognuno il suo. Io non cero ne i "bravo" ne i "sei un coglione". Non sono bravo, c'è gente più forte di me, ma anche qui si scivola già nel confronto, nella competizione con altre persone. Io competo solo con me stesso. Non sono un coglione, credo di sapere ciò che faccio, credo di non mettere a repentaglio la mia salute in modo drastico. Mi va, lo faccio. 

A volte la felicità sta in un paio di scarpe da trail, un sentiero, dei panorami, il sentirsi liberi di andare dove vuoi, nei tempi che vuoi, nei modi che vuoi. La felicità, spesso è la libertà.

Qui altre foto.
Qui, qui e qui le tracce.
Qui report.

1 commento:

  1. una volta ti avevo chiesto di portarmi con te ... mmm, ho cambiato idea!!!! massima stima ragazzo. Boselli

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