Beh, questa
è di certo la salita con la S maiuscola della vacanza, anche se pensando a ieri
sarebbe meglio dire con la S più maiuscola!
Ma perchè
finiamo qui? E sopratutto, perchè sottovalutiamo tanto questa salita? Beata
giovinezza (insomma): il tutto nasce da un precedente "beh nel Sassolungo
non ho mai arrampicato, te sì, deve esser bello" "ok allora ci
andiamo, almeno vedi un posto nuovo in mezzo a quelle guglie e all'ormai
spacciato ghiacciaio del Sassolungo". Il meteo è previsto stabile tutto il
giorno, perciò possiamo permetterci di far tardi.
E così,
siamo al parcheggio della folle cabinovia del Sassolungo, che apre alle 8e15.
Se consideriamo 15min la salita meccanica, 30min avvicinamento, 14 tiri=7h, 2h
di discesa, già così senza gli inevitabili tempi morti di vestizione e
svestizione, saremmo fuori tempo massimo per riprende la cabinovia: ma si vede
che oggi siamo molto "carefree", facciamo il biglietto
andata/ritorno! Cabinovia, mda, ma oggi meglio tenere energie per la salita e
per la discesa.
La salita
sulla cabinovia è già di per se un bell'inizio di avventura, chi ha provato può
capire: non frena la cabina, non rallenta, un operatore ti spinge letteralmente
dentro e in due si sta davvero compressi. Poi lunga lunga la salita meccanica,
ci si avvicina alle pareti (a volte imbrigliate) e ci si addentra verso il
passo sul quale giace il
Rifugio Demetz.
Anche la
discesa dalla scorciatoia meccanica è sentita (si passa dalla velocità della
cabinovia all'esser fermi sulla Terra). Poi siamo lì a contemplare questo
sistema di guglie varie, ricche di vie di arrampicata ma incredibilmente vuote
di arrampicatori. Beh circa, visto che lo
Spigolo del Pollice sarà affollato tutto il giorno, forse
siamo noi che ci andiamo a infilare in una via poco battuta.
Si scende
verso il
Rifugio Vicenza, mi chiedo quanti escursionisti si faccian male su questa terribile
pietraia che funge da sentiero, vien giù di tutto e verrà giù di tutto, ma la
gente è ancora poca e noi cerchiamo di esser spicci, andiamo a prendere la
famosa Cengia dei Fassani, ma sbagliando come scendere dalla prima difficoltà
(ci complichiamo la vita).
Passaggio
sotto la cascata (il cui rumore ci accompagnerà per buona parte della salita
come un'amica instancabile che segue i suoi cari) e risalita verso l'attacco
della via, e infatti ecco il chiodo. Posticino pure scomodo per fermarsi a
imbragarsi, era meglio farlo giù, ma pace e amen. Ecco anche la roccia discreta
menzionata nella relazione, brutta solo a vederla.
Riccardo
parte, circospetto, guardingo, tra questi grossi blocchi instabili dove giace
il passaggio più duro della via. Non lo vedo molto tribolare sul V, quanto
piuttosto nel tastare tutto ciò che gli capita sul suo raggio d'azione, poi
capirò il perchè. Impiega anche un po' di tempo a trovare la sosta, visto che
si trova su un avancorpo staccato dalla parete, ma parecchio staccato.
Sufficientemente
staccato che io per tornare a riprendere la via devo disarrampicare un pochino
e poi saltare, a prendere di petto la parete e poi entrare in un bel diedro
camino largo, per poi uscirne (ma senza tunnel!) e ricominciare a salire su
verticale. Ecco un terrazzino, cerca i chiodi, i metri di tiro li ho fatti, ma
dove sono? Salgo ancora? Ah eccone uno. E l'altro? Mah, boh. Sta a vedere che..
Eccolo! Dietro l'angolo un po' nascosto.
Riparte Riccardo
per il nostro tiro, e iniziano a venire fuori un po' i nostri limiti. O meglio,
il diverso approccio che si deve prendere su queste vie "ampie",
senza o con pochissimi chiodi, e quindi da cercare. Sale lui, un po'
preoccupato dalla qualità della roccia che non è certo ottima, e volente o
nolente è praticamente inevitabile finire fuori via qui: e infatti.
Lo raggiungo
che ha fatto una sosta fantasiosa, ci stà, ma sopratutto è un po' infastidito e
indispettito, e questo fatto invece a me mi carica come una molla: quando
qualcuno con me si trova in difficoltà, per la legge della compensazione crea
in me sempre grande forza. Riparto alla ricerca della via, ma evidentemente
anche io non sono una volpe e non la ritrovo. Salgo salgo, ma evidentemente
troppo, sostando poi su due spuntoni che assomigliano più a due sassi (grandi)
appoggiati.
Va beh dai
Ricky, quella nicchia gialla forse corrisponde a quella sullo schizzo, comunque
li sopra c'è un pulpito, un bel balcone, ci sarà da andare per di li. Non è
mica tanto allegro il mio amico! Forse ci stiamo rendendo conto che non ci
siamo resi conto della lunghezza e dell'impegno di questa via: non che non sia
alla nostra portata, ma non avevamo calcolato fosse così. "Andrea, ce
l'hai la frontale?"
Lo raggiungo
alla nostra quinta sosta, che forse pare tornare con la quarta ufficiale.
Eppure non mi pare aver fatto dei tiri così corti.. Finchè si sale verso una
cima, c'è da puntare a quella, a un punto unico, non si può
"mancare". Fosse una parete aperta, una via che finisce su una
cengia, allora ok, ma qui.. Vado io, e infatti trovo quella di sicuro è la
quinta sosta ufficiale, e per noi la sesta. Sospiro di sollievo.
Ma quando il
mio amico mi raggiunge mi dice che vado avanti io, che lui si è rotto i maroni
di questa via da cercare, dalla roccia non ottima, ecc ecc. Gli dico ok, ma che
poi il tiro dopo se lo fa lui, che c'è del V di placca che a me non gusta
tanto, di star tranquillo che poi la via spiana. Insomma lo conforto un po', e
mi carico io.
Fischietto
per tranquillizzarci, l'arrampicata è pure piacevole su questo tratto, si esce
poi su spigolo davvero affilato con la corda che tira per i giri fatti, per
raggiungere poi una punta, ma davvero in punta, con vecchio cordone e
moschettone senza ghiera ("se le doppie sono come nelle altre vie che ho
fatto, c'è un bell'anello di calata", cit.). Quanto si sta scomodi e
appesi al nulla.
Recupero il
mio amico, ho già dato un'occhiata alla parete alle nostre spalle, il proseguo
della via, sembra dritta ma ben ammanigliata, e qualche cordino si vede ad
indicare la via. Non resta che calarci e proseguire. Sono solo le 14.. Lo calo
in moulinette, cosa che farà anche lui, ma vista la giornata e il cordone di
ieri di cui ci siamo fidati, preferisco non osare e abbandono sulla cima il mio
buon vecchio caro cordino da sosta giallo del corso A1 2010. Ciao fratello.
Riccardo
calato va a trovare (risalendo qualche metro verso la forcella) i due chiodi di
sosta. Mangiamo qualcosa al volo giusto per, lo vedo ricaricato, vai amico. E
il tiro se lo beve, cerca un po' la miglior strada di passaggio, ma quella
placca, il diedro, la fessura, il traverso, quasi se li beve. Oh son contento,
una piccola sbandata ma si è ripreso. Inizio a pensare che forse riusciamo a
schivarci la bivaccata.
Anche il
tiro successivo non è banale, osservo dall'alto il Rifugio Demetz, con la gente
che passeggia allegramente: il "mondo" a pochi metri da noi, ma noi
in mezzo quasi al nulla, addentrandoci nel cuore del Sassolungo, luogo di
guglie e gugliette e non finire, marce, sane, chissà. Un bel fettuccione
intorno al massone, ci siamo, sullo spigolo, dai che adesso si va fino in cima
ai 200 all'ora senza indugiare.
Riccardo si
becca un altro bel tiro: discesa iniziale con quasi saltino per andare a
prendere la parete verticale, salita calma ma costante, poi mi scompare alla
vista, ma..
vedo la sua ombra muoversi sulla montagna alla mia destra. Figata.
Figata anche il tiro, che troverò più ostico sulla placca di IV- che su quella
di V, misteri del grado.
Il nostro
undicesimo tiro, che sarebbe il decimo, è davvero qualcosa di..indefinibile.
Questo traversone esposto in leggera salita sgusciando verso sinistra, sotto
uno strapiombo a cercare il modo più semplice per superarlo: zona di roccia
pure mica tanto buona, non un ammasso di piattini, un ammasso di lavandini!
Trovo il passaggio forse, mi tiro sulle braccia che non vedo altro modo, sopra
metto un cordone su uno spuntone. Spuntone, ma quale spuntone, è un sasso
appoggiato! Ma almeno a Riccardo servirà come direzionalità della corda. E poi,
cavalcata di II su roba friabile con la corda che tira.. Sosta agoniata, e
ancora corretta.
Riccardo
riparte, ma lo spigolo finisce, si viaggia in parete, ci si perde in parete.
Elementare watson. Forse ci basiamo troppo sulla lunghezza dichiarata dei tiri
di corda, chissà, forse è proprio questione che il percorso non obbligato
permette un sacco di variante involontarie. Diciamo che oggi supero la mi
reverenziale paura di "non trovare la via", spesso inventiamo la
nostra!
Probabilmente
il mio amico ha traversato troppo e salito poco, d'altronde sullo schizzo non
ci sono (e non ci potrebbero essere) chiari segni distintivi che possano
indirizzarci verso la salita di Bernardi. Lo raggiungo e riparto bello carico
(lui si è scaricato) per il nostro tredicesimo tiro, alla ricerca della via
perduta, districandomi in canali canalini canaloni, detritino detriti
detritoni, trovando difficoltà forse un po' superiori a quelle che dovremmo e
proteggendo davvero poco (ma la corda tirerebbe troppo!). Raggiungo così
qualcosa che sembra essere la forcella del dodicesimo tiro della guida, ma
chissà: questo spuntone mi ispira poco.
Arriva
Ricky, che come sulla prima parte mi dice "sai cosa c'è? vai avanti ancora
te, io per oggi basta.", non replico, ormai i gradi che ci aspettano sono
contenuti, e sopratutto confido in lui per la discesa! Lui che ha salito il
Campanile di Venere e l'ha sceso al buio, la via la sa, o almeno spero.
Riparto, cercando di stare sul filo dello spigolo quando si può (raramente) e
tirando più metri possibile. L'ora è tarda, ma dovremmo avere sufficiente luce
per fare buona parte della discesa. Dai che non si bivacca.
Mi appollaio
su una mandria di massi instabili, la roccia degli ultimi tiri è davvero
abrasiva e tagliente, speriamo che il mio cordino sullo spuntone non la pensi
uguale. Arriva Ricky, ormai la cima deve essere li dietro, non ci si può
perdere, "veh, finisci la via, andale". E lui va, anche se mi pare
faccia più metri del dovuto, ma dalla velocità della corda sembra che cammini.
Mi chiama
alla partenza, salgo, lo vedo finalmente, ma spostato rispetto a quella che
pare essere la cima, già quasi sulla vi di discesa lui. "Ricky, aspetta
che vado a vedere se c'è il libro di via li" e infatti c'è, lo apro. Scoppio
a ridere. "Andrea guarda l'ultima ripetizione di quand'è".
09/09/2014, Edy Rabanser e Mauro Bernardi! "Ricky è meglio che non te lo dico!"
Però che emozione sapere di ripetere vie così poco frequentate, così
alpinistiche.
E che
emozione questa vista.
Meno quella
dell'ormai ex ghiacciaio del Sassolungo.
Bellissima
quella della bastionata rocciosa che si innalza dall'altro versante, e
porterebbe sulla cima più alta.
Bon, sono le
19, giusto quasi 10h che siamo in via. Il sole tramonta alle 20:15 mi pare,
fino alle 21 un po' di luce l'avremo, meglio telare e non perdere tempo. Cambio
scarpe e si mangia qualcosa al volo tra un laccio e l'altro. Discesa con del
disarrampicare, speriamo roccia migliore che in certi tratti in via. In breve
alla forcella col Campanile di Venere, da qui in poi Riccardo è una certezza! O
almeno una speranza..
Prima
doppia, col mio amico che mi dice che quando era sceso lui questo canalone era
tutto ghiaccio abbestia. Camminatina e seconda doppia (un po' da cercare).
Adesso quella che dall'alto sembrava una comoda cengia piana da camminare, si
rivela invece essere storta e tendente al baratro verso la conca del ghiacciaio
e ricca di ghiaino scivoloso.
Il sole
inizia ad abbandonarci.
Cercando
ometti, capiamo che una volta arrivati alla fine occorre scendere per prendere
le tracce della normale, e laggiù il pistone si vede e anche un ometto stile
buddha ciccio appoggiato, solo che raggiungerlo sarà un'emozione. Di certo non
troviamo la strada più agevole e finiamo a disarrampicare gli ultimi metri
(saltiamo se no?) sulle placche del ghiacciaio.
Oh bene,
siamo sulla normale, ora resta "solo" la Cengia dei Fassani".
Non ho mai studiato questa salita, quindi non so cosa mi aspetta, ma
chiamandosi cengia.. Cengia 'sti maroni! Si sale, si scende, si cercano i bolli
rossi, ci si sbaglia, si torna indietro, si arrampica, si passa sull'altro
versante, doppia, un'altra, quante ce ne saranno ancora, cavo (che spremiamo
come dei matti), si corre con l'ultima luce che resta, si passa sul versante
ovest, la forcella, e adesso meglio calzare la frontale.
Cengia,
circa, altre doppie, cengia un po' esposta, quanti insetti e millepiedi sulle
rocce! Il buio, ci aspetteranno al rifugio? Che due palle la discesa fino
all'auto. Oh la cascata benedetta, è finita! Ultimo pezzo da usare le mani e si
risale verso il Demetz, su sentiero, circa (al buio si sbaglia). Alle 22 siamo
ai tavoli, tutto chiuso, nessuno fuori che si sia preoccupato per noi..saranno
abituati.
Diamo fondo
alle riserve di cibo in nostro possesso (in mio possesso) e poi..tocca scendere.
Fortuna è buio e non vediamo la stracciata di balle, ma ci armiamo di pazienza
visto che sappiamo sarà lunga, sperando di trovare qualcosa di aperto per una
bella birra (meritata!) e magari un bel panino. Finalmente alle 23 siamo
all'auto, piuttosto provati.
Vacca che
salita e che giornata piena! Ora ci starebbe una ricompensa al palato, ma ahimè
tutto chiuso. Riccardo cotto si infila nel sacco a pelo diretto, io una doccia
me la voglio fare (e trovo pure la fila?!) ma anche mangiare se no domattina mi
sveglio che mangio il braccio del mio amico. E così do fondo alla scamorza e ai
grissini: mai pasto fu più prelibato.
Indicazioni
serie a chi volesse ripetere la via:
- la funivia
fa lo sconto soci CAI
- noi non
abbiamo trovato la terza sosta, e alla fine per raggiungere la prima
"cima" abbiamo fatto sette tiri invece che sei, ritrovando come sesta
sosta nostra quella che per lo schizzo sarebbe la quinta (ma i tiri non ci
sembra averlo così corti, anzi).
- anche
l'11° ufficiale e quelle dopo le abbiamo "cambiate": su queste
lunghezze il percorso è facilmente varibile.
- lasciato
cordino giallo di rinforzo alla calata intermedia alla via
- le due
doppie di discesa sono un po da cercare, e in anni normali il canale in cui
scendono è ghiacciato (quest'anno è secco)
- forse il
tempo indicato di discesa nella guida è un po' pochino.. Chi non sa a menadito
la normale del Sassolungo ci mette di certo di più.
Qui indice
Vacanza Dolomitica 2015.
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