sabato 24 novembre 2012

Stavolta Grill ci frega meno: via La Luna Argentea

Fiducia a Nicola. La via proposta per questo sabato è La Luna Argentea, a Dro: difficoltà sostenuta sul V/V+, una passo di VII azzerabile, ma..è di Grill, e con Grill ho brutti ricordi.. Tuttavia la voglia è tanta, perciò vada per la luna, che tra l'altro è periodo che sia alta in cielo.
Ma la ricerca dell'attacco mi fa, anzi ci fa, già temere di tornare a casa con le pive nel sacco: la relazione parla di 10minuti di cammino, noi ormai siamo già a 20 e non vediamo il ghiaione con gli ometti. “Eppure siamo partiti dal campo sportivo come dice la relazione” “Nicola sei sicuro che sia il campo sportivo quello?” “si”. Oh che brutto presentimento! Torniamo sui nostri passi e dopo poco due climber ci dicono che dovevamo andare più avanti: infatti avessimo fatto altri 200m avremmo trovato.. Segnare: quando decidi di tornare indietro perchè pensi di essere troppo avanti, fai almeno altri 500m. Poi dall ultima sosta vedremo che il campo sportivo..era un altro!
Va beh dai, adesso ci siamo, e il sole ci ha già belli scaldati. Parto io per primo, in cordata con Paolo, poi Nicola con Davide. La peppa, partiamo bene con 'sto V+.. La via è lunga, è già tardi come orario, Nicola deve anche fare acquisti, il mio compagno di cordata so che è una bravissima persona, ma un po' suocera, ed è già li che mi dice “dai senza indugi, se sei in difficoltà azzera e amen”: tac, primo azzero e via andare.
La roccia sembra buona, abbastanza lavorata, e non c’è freddo (per ora, perché gli ultimi tiri all’ombra saranno un po’ tremolanti). Oggi son partito sapendo che probabilmente la via è al di sopra delle mie possibilità, perciò sono nella condizione di avere la mente libera da qualsiasi ansia da prestazione: perciò prendo quel che viene senza dover fare il supereroe. E così, andrà meglio di quello che mi aspettavo.
Nicola sale dietro Paolo, e già si sente urlare “croccante”. Ma cerchiamo di spicciarci, e seppur due cagate in sosta ce le diciamo, il mio compagno di cordata appena ha libera la strada davanti, parte. Per qualche lunghezza infatti avremo davanti la cordata che stava alla base prima di noi, ma che verso metà via prenderà il largo e non vedremo più. Avere qualcuno davanti aiuta se hai timore di perdere la via, aiuta parecchio.
Il secondo tiro contiene un traverso bello lungo finale, per fortuna con Paolo sono a vista e perciò non mi tira eccessivamente. Ma ora ritocca a me, per quello che forse è uno dei tiri più belli, il terzo: tutto lavorato ma senza maniglioni, nella parte finale un sacco di movimenti alla ricerca dell’equilibrio migliore, un’uscita “da boulder su volume”, ah ah!
Bella giornata, tersa più di quello che mi sarei aspettato, nessuno in parete salvo noi, e i rumori della strada e del paese non si sentono. Si sente però un bello “toc!” sul mio casco quando esso viene colpito da un sassolino proveniente dall’alto: God bless helmet. Il tettino finale del quarto tiro impegna Paolo, che dal basso non vede che c’era da salire sulla destra: ma anche quando toccherà a me, ci starà una bella azzerata, perché il traverso seppur breve fa sempre paura rispetto a una bella corda verticale!
Il tiro successivo è un po’ una minchiata per raggiungere una zona di parete un po’ migliore: mi fa capire che chi va ad aprire una via su una parete del genere deve farne di prove e riprove.. L’albero su cui si sosta è sano, ma l’esposizione non è tale da prendersi in serenità un the coi biscotti.. Anche il sesto tiro è abbastanza godurioso, se non altro la partenza. Davide e Nicola iniziano a rimanere un po’ indietro, ma ci recupereranno quando arriveremo sui tiri duri. In alo si inizia a vedere la Scudo Argenteo..
Ecco, adesso son cazzi miei. Una troppo veloce lettura della relazione, aver preso alla leggera la giornata (diciamo che mi era rimasto impresso solo quel VII dell’ottavo tiro come difficoltà per me assolutamente improponibile) mi riserva la sorpresa che adesso mi aspetta tirare un VI-. Un passaggio? Magari. Prima uno strapiombo, quindi un metro, poi un diedro continuo, parecchi metri. “Se non te la senti vado io” “No Paolo, provo, fosse una placca te la lascerei, ma un diedro ci provo”.
E viene il bello. Parto, Paolo da giù mi suggerisce “apriti, hai una bella lama/scaglia alla tua sinistra da prendere” “ah eccola, ok” “ mi ci traziono per salire qualche cm, poi sento che balla il tuca tuca, con oscillazioni di un paio di cm, non di mm, mamma mia che scago! “Paolo prendila te la lama!” Un passo dello strapiombo lo azzero, non posso farne a meno, sono rimasto troppo a pensarci, e preferisco tenermi un po’ di energie visto che dopo verranno passi duri.
E il diedro è li. Io e il mio compagno non siamo più a vista, e a volte la corda è pure un po’ dura: proprio adesso! E quanto è lungo ‘sto diedro.. In confronto il dulfer della Gervasutti è una passeggiata. Un passo con una mano decente, un passo senza un cazzo, si alterna così. E quando ci sono in mezzo, alla mia destra si sente un bel boato e Paolo “hai visto il frigo (un sasso di queste dimensioni) che è caduto?!” No Paolo, non vedo un cazzo adesso, vedo solo l’uscita da qui. Anche perché tante protezioni non ci sono. Un “yahuuuu” rivela a chi mi sta sotto che ne sono uscito!
E cucù, chi c’è di fianco a me adesso? Il famoso scudo argenteo. E sono convinto che questo sia il VII a vedere quanto sia liscio ed esposto (cazzo, sotto c’è uno strapiombo, se il primo o il secondo scivola qui, tocca fare un paranco, non c’è storia), e invece mi sbaglio, è più su: minchia! Paolo si gode anche lui il diedro, e mi fa i complimenti. Sono una persona modesta io, ma sono cosciente che in quei metri ho superato me stesso. Poi guarda la placca e anche lui ha un “cazzo se è liscia”.
Poi se la beve. Due o tre passettini un po’ delicati e supera tutto. Eh beh, lui è bravo, mica me. E deve rendersi conto della bellezza dell’esposizione di questo tratto visto che mi chiede di fargli qualche foto! Intanto Nicola boccheggia nel diedro sotto di me, che comunque supera senza troppe difficoltà. Paolo arriva su, adesso tocca a me superare questo scudo.
I chiodi sono troppo distanti per azzerare, merda. Parto, ma sono troppo alto, resto impiccato, paolo mi tira un po’ troppo e ciò mi rende parecchio difficoltoso mantenere l’equilibrio. No son troppo alto, non riesco a uscirne, Nicola mi passa un pezzo della sua corda e torno indietro. Qui si che ho scago, anche perché il mio compagno mi tira davvero troppo.. E il buon Nicola “certo che anche te con quelle ciabatte, le Mythos non sono proprio le scarpe indicate per questi passaggi”. Via riparto, azzero tutto, con l’adrenalina a mille. Non sarebbe nemmeno esageratamente difficile, ma l’esposizione fa veramente impressione, e coi 30m di corda sopra di me, se cado vado giù almeno 3m sotto lo strapiombo, e chi tira più su?!
Bon, è fatta, senza nessun tipo di eleganza, ma con della resa, e fanculo. Paolo mi aspetta sdraiato sulla sosta, comodo comodo. Adesso che inizia ad avere freddo, inizia anche ad avere una certa fretta “dai, adesso c’è quella rampa li, vai di corsa che tanto è tutto appoggiato” Sì, ma è comunque un IV, e con sotto l’immancabile strapiombo. Beh dai, si fa, adesso tocca a te!
Ed ecco il tiro duro, azzerabile solo da uno alto almeno due metri, che superiamo improvvisando una staffa con un cordino. Vedere Paolo in difficoltà (lo scazzo del freddo gli fa di certo perdere delle energie comunque), mi fa capire che io non ho speranze, azzero e amen, che comunque anche azzerare non è mica semplice. Poi però Paolo è andato a destra invece che a sinistra, finendo sulla sosta di un’altra via.
Ma per tornare sulla nostra non devo faticare troppo, si vede che non siamo di certo i soli a sbagliare traiettoria visto i passaggi unti e le tracce sulla cengia. Sull’ultimo tiro c’è una placchettina di V+ di qualche metro, e Paolo capisce bene che le placche non sono la mia passione “vedo che fai il bradipo, non deve essere troppo facile”, eh no, un po’ delicata, ma per me niente a che vedere con lo scudo! Ed ecco l’ultima sosta, è fatta! E non è ancora buio!
E dall’ultima sosta si vede anche il campo sportivo di Dro, quello vero, quello dove si doveva parcheggiare, quello dal quale si che sono 10minuti arrivare all’attacco. Dal centro di Dro invece è una mezzora. “Nicola, guarda cosa c’è la!”
Usciamo tutti dalla via, e con calma (troppa, poi quando iniziamo a sentire il fresco ci spicciamo di più!) ci spogliamo, scambiamo il materiale e mangiamo qual cosina. La luna è già alta in cielo, e la luce inizia a calare vistosamente. Questo versante è comunque una sassaia disumana, dopo delle nevicate non voglio nemmeno immaginare che pioggia di meteoriti! Si arriva alla macchina che ormai è buio, e un giretto nel centro di Arco conclude la giornata. Unica volta in cui non prenderò il famoso gelato di Arco, anche perché a malincuore trovo la gelateria chiusa, sigh!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui e qui relazione della via.

1 commento:

  1. Meno"cazzi" ed una bella via di IV a Fix ravvicinati sarebbe stato meglio x tutti.

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