sabato 25 gennaio 2014

Mr Carega non delude: Ruga Zalica e Zevola-Tre Croci

“Ruga ruga..touche”, Nicola mi aveva già sgamato giovedì su quale fosse la punta per sabato.. Si tratta di una scelta logica, la zona è buona, non troppo alta (temo sui Vaji più alti del Carega trovare farina difficile da salire), conosciuta, avvicinamento a buio senza problemi, discesa idem, e nell’ottica che devo essere a casa presto, non posso sbagliare. E poi in questa zona iniziano a essere pochi quelli che non ho ancora salito (tenendo conto delle difficoltà basse!). È andata.

Mirko voglioso come non mai, non calza i ramponi dal Canalone Neri (“Mi avete rovinato l’estate!”), e Giorgio, vedovo di Christian, saranno i compagni di avventura.
Al parcheggio ci troviamo con GianlucaPaolo che partono per la Val Varaita per un aggiornamento, sbigottiti dell’orario di partenza di noi tre, ma errano, il nostro timing ci permette di essere all’attacco alle prime luci, e considerando che dal parcheggio avevamo già visto delle frontali impegnate nel primo tratto, non siamo certo i più mattinieri (almeno ad attaccare, come sveglia invece..).
Mi lascio convincere a lasciare le ciaspole in auto, per controparte mi prendo tre picche che non si sa mai, le due tecniche e il piccone. La luna, seppur all’ultimo quarto, è possente, ben presto le frontali non servono a nulla, il nostro cammino è segnato da lei. Credevo trovare più freddo, ma meno vento, temo sempre di più l’uscita. L’uscita dei Vaji è spesso la fregatura maggiore: ti fai 600m solo sulle punte, poi ti trovi gli ultimi 5 di farina a 60° appoggiata su “roccia” friabile. E al sole.

Il cono di valanga del Vajo dell’Acqua è davvero maestoso, lo superiamo pestando neve dura dallo scivolamento facile non avendo ramponi ai piedi ancora. Ma alle 7e30 siamo armati di tutto punto per entrare nella Ruga dello Zalica, e dopo un quarto d’ora possiamo goderci lo spettacolo dell’alba, la neve del versante alla nostra destra che si tinge di rosa, arancione, rosso, e solo dopo queste veloci sfumature, di bianco.
La salita inizialmente facile ma della quale non si vede il proseguo (è un vajo che gira un pochino..) arriva al punto di svolta: dritto sembra facile ma si vede solo il cielo, chissà cosa c’è dall’altra parte, mentre alla nostra sinistra ci si incassa fra pareti rocciose: bisogna andare di li! Le tracce di chi ci sta davanti confermano ciò.

Arriva il divertimento, e Mirko cerca subito la pendenza: questa si accentua, non siamo più sui miseri 45° del primo tratto, e in mezzo a questa strettoia troviamo pure del ghiaccio! Quando lo vedo, avviso gli altri due che stan sotto, saranno famelici anche loro di punte di ferro nell’acqua solida. Ma meglio sbrigarsi e non stare nella rigola centrale, lassù il sole sta già cuocendo la neve e scaldando la roccia.
Questo divertente tratto finisce sulla forcella dalla quale occorre calarsi, qualche alberello sembra esser cresciuto qui apposta per facilitarci la vita. E su questi alberelli (cordone e moschettone già in loco) i cinque dei quali vedevamo le frontali dal parcheggio sono in fase di calata. Aspettiamo pazientemente che finiscano prima di infilare la nostra corda per scendere.
Intanto osserviamo il da farsi. Subito a destra sembra facile, ma la bibbia di Bellò dice di no (poi diventa difficile), lì c’è il percorso classico, mentre a sinistra la Variante Sorriso, incassata tra le rocce. Di certo più bella, ma la consistenza della neve mi preoccupa (non so se abbia fatto in tempo a trasformarsi) e quei cinque ci si sono infilati, quindi oltre a metterci in coda, rischiamo di sentire il nostro casco suonare. Lascia stare, vada per la classica.

Classica che comunque concede una pendenza divertente, ma che non giudichiamo richieda ancora di legarsi. Come sospettavo la neve peggiora un po’, bisogna creare dei bei gradini per poter arrivare su una nuova forcella che ci immette nel Vajo Cesco. I polpacci cantano felici, noi con loro.
Con alle spalle la Guglia Zaltorn, iniziamo a traversare un pochino per portarci sotto il canale che giudichiamo migliore per l’uscita. Il vento ha lavorato, si vede, cornici ornano la cresta in parecchi punti, il sole le scalda, mentre questa uscita si conserva all’ombra e con una cornice minima: avanti!
Ancora una volta, meglio spostarsi dalla rigola centrale, la neve tiene, continuo a pregare di non trovare la fregatura, solo l’ultimo metro è farina inconsistente. Beh, sarebbe quel tanto che basta per non riuscire a uscire! Cerco, ravano, il vento mi sbatte la neve in faccia in un turbinio folle in questo angusto spazio, spaccata (mi si osserva che nel pantalone ho un buchino, “Si vede che ti piace spaccare spesso!” mi prendono in giro da sotto), trovo un mugo, mi faccio un gradino, uso il piccone, riga e ruga, mi porto fuori, olè!
Anche Giorgio e Mirko apprezzano l’inconsistenza, e vengono a trovarmi al sole possente che ci irradia. Che bella giornata. Un occhiata all’orario, discesa per il Ristele o di nuovo (di nuovo per me, non per gli altri due) la cresta Zevola Tre Croci e la discesa per il Passo Lora? Mirko e Giorgio han voglia, dai proviamo, non è tracciata, perciò vediamo com’è la neve e valutiamo.
Valutiamo che si va. È tutta da tracciare, certi tratti si sprofonda fino alla caviglia, altri fino al ginocchio, ma la giornata, il panorama, la neve, rendono la scelta ovvia o dal cuor obbligata che dir si voglia. Finita la risalita del pendio, ci portiamo in cresta, confermando la vista di evidente cornici dalle quali è molto meglio stare alla larga! Ma non si può stare nemmeno troppo bassi, o parte qualche lastra..

Le meringhe sono notevoli, ma ricordo dall’altra volta che il tratto più delicato è il traverso per giungere sullo Zevola Bassa. Liscio come l’olio, siamo in vetta, affamati. Tiro fuori una confezione di baci di dama, quando sono ormai alla fine dei 100gr, osservo le kcal corrispondenti: ok, posso finirli. Due chiacchiere con un local (facente parte dei cinque della variante sorriso) che ci dice “beh tutta quella strada da Modena per venire qui?!” “eh ragazzo, se no dove andiamo?”.
Continuiamo la nostra cresta, nostra più che mai visto che è tutta immacolata! Il sole splende, la gamba regge, il vento soffia ma non sconfigge, avanti tutta. Sempre stando ben lontani dal confine che porta sulle cornici.. Qualche tratto ripido in discesa viene addomesticato dalla profondità con la quale la gamba scende nella neve, e il tratto leggermente affilato viene fatto a cavalcioni. In men che non si dica siamo in cima al Tre Croci.
La discesa vorrebbe puntare diretti verso ovest, ma chi è uscito dal Vajo Battisti (io non l avrei salito oggi sapendo della cupola nevosa che poggia in cima e che prende sole fin dal primo mattino) ha invece puntato verso sud e poi è scesa. Dopo qualche tentativo di un’altra strada, mi pare saggio seguire le loro orme, anche se alla svelta visto che non siamo più su una cresta ma su pendii!
Nonostante il sole che ha preso, la neve regge bene anche sulle cunette che anticipano il Passo Lora. Via spediti verso il Rifugio Battisti, non ho fato in tempo a preparare panini ieri, e ho una certa fame di salato. Sapendo che arriverò prima di Mirko e Giorgio al rifugio (in realtà non così tanto prima) prendo già le ordinazioni di birre e panini. Districandomi tra le valanghe dai cumuli duri, giungo al rifugio con un unico scopo: cibo e bevanda!
E così allegramente possiamo stringerci la mano destra per le congratulazioni, la sinistra regge la bottiglia di birra! Un’altra bella giornata a salire vaji, percorrere creste, bere mangiare, e scherzare in compagnia, ottima compensazione alle rotture di scatole della quotidianità lavorativa.

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