domenica 8 giugno 2014

Traversata del Baldo integrale con rientro autonomo

Ma chi me lo fa fare? Messner ha ragione: come ho letto su un suo libro, la parte più difficile è uscire dalla tenda. Finché pianifichi, sogni, studi, non ci sono problemi. Una volta partito sei partito, a volte non hai nemmeno la possibilità di tornare indietro perciò puoi solo salire. Ma la vera difficoltà è il primo passo per uscire dalla tenda. O dall’auto.
Per quest’anno bramavo ben altro itinerario per la mia “endurance solitaria annuale”, ma la gran quantità di neve caduta rende la mia idea non praticabile o praticabile quando le ore di luce sono troppo poche. Perciò decido di “ripiegare sulla Traversata del Baldo: già compiuta il 12 giugno 2011, partito da Caprino veronese alle 4e30 arrivai a Torbole alle 16, per poi aspettare un bus per arrivare a Garda, e con un po’ di corsa e di autostop di nuovo a Caprino.
Mi era però rimasta la voglia di provare a farla in completa autonomia, ma non con un rientro a piedi, che palle, ma in bici! Anche per evitare quei massacranti 2000m di discesa.. E come ormai mi faccio guidare da qualche weekend, ci sono gli allineamenti per provare a farlo questa domenica.
Il corso A1 dopo Tessari soggiorna a Ledro, a mezzanotte, dopo una divertente cena, parto destinazione parcheggio sponda nord del Monte Altissimo, per lasciare giù la bici che tra 14 ore mi allevierà parte del rientro. Ma già guidando su questa strada stretta e vertiginosa i dubbi sul piede da mettere fuori dalla tenda mi assalgono.
Ce la farò? È un’idea del cazzo? Ok, anni fa l’ho già fatta, ma stavolta ho l’incognita del rientro: se c’è della salita o sentieri impervi la bici non aiuta, anzi. E poi, quanta neve è rimasta? Ok che ho con ramponi e piccozza, ma.. E quanto è tardi..mi resteranno poche ore da dormire.. Arrivo al parcheggio, salgo oltre quello che avevo pianificato (anche perché avevo pensato un itinerario di rientro che ora non mi pare più vantaggioso), fino al divieto d’accesso, circa 1500m, e metto giù la bici, ben legata contro un palo di segnaletica stradale. Speriamo di ritrovarti, intera, senza gomme sgonfie o bucate e con ancora la sella.
Ma gli interrogativi continuano. Ora che ho messo giù la bici sono costretto a finire il giro. Beh no, posso tornare a prenderla. Certo che però vuol dire scendere fino a Caprino a piedi, poi 2h di auto e risalire questa impervia strada dove bisogna pregare di non incontrare nessuno di fronte, auto o moto o bici che sia. Mi sto infilando in un cul de sac. Intanto mi dirigo verso l’autostrada.
Ma che sonno! Mi fermo al parcheggio del casello di Rovereto sud a dormire un po’, 15minuti, se no rischio troppo.. Driin, via verso Caprino Veronese, alla ricerca di un posticino dove parcheggiare e poter dormire..oh mio Dio, quanto poco tempo che ho. Ecco il posto, giù il sedile, ma..chi sono quei tre ceffi laggiù? Riaccendi l’auto, cerca un altro posto, bene, buonanotte.
Riesco a dormire meno di due ore, poi la sveglia implacabile suona. Mi alzo? Giro gallone? Uffa.. non sono così carico. Dai, intanto andiamo verso la piazza. Fortuna la cena è stata abbondante, non ho fame, meglio così perché non ho modo di fare colazione da nessuna parte! Arrivo in piazza, cerco parcheggio con strisce bianche, e mi inizio a cambiare. Ma che faccio, vado?
Scotch per le vesciche sui punti sensibili, ho pure gli scarponi che l’anno scorso mi davano problemi, ricontrolla lo zaino, prendo il casco per la bici? Eh si eh. Immagino la gente che mi vedrà passare, uno zaino con piccozza e casco da bici in bella vista: dove va questo scemo? Il cibo c’è, il bere sono 2,5litri di acqua e 0,5 di gatorade. Parto? Fuori il piede dalla tenda. Sono le 4e45, la giornata incognita inizia davvero.
Parto con la voglia già di finire, cerco di essere svelto, e la sudorazione inizia già a farsi importante. Così come gli insetti, 3-4 mosche mi girano ben presto intorno infastidendomi, ma non posso sprecare energie a irritarmi e agitare le mani per scacciarle. La noiosità del primo tratto non aiuta nemmeno. In mezzo alla giungla gardiana, un bosco confusionario con un po’ tutte le piante, un sentiero a tratti piano a tratti erto.
Si fa giorno, non che sia partito col buio pesto, in realtà la frontale non l’ho mai accesa, ma non riesco ad assaporarne l’impetuosità visto che sono ben sommerso dal verde rigoglioso. Alcuni cespugli di ortiche sono li pronti a insidiare le mie gambe nude, ma cerco di starne alla larga senza però perdere il passo. Oh, finalmente, eccomi alla prima radura, vuol dire che i primi 1000 della giornata son saliti. I cavalli mi guardano indifferenti (meno male, ci manca solo che venga attaccato da un equino!).
La salita continua, ho già una sete impagabile, ma so che i miei tre litri devono arrivare almeno almeno fino agli impianti, e di strada ce ne è. Arrivo così al cancello, dove altri cavalli mi guardano mentre mi allontano veloce da loro sgusciando nella stretta apertura nella rete dedicata agli umani e vietata agli equini. Mangio qualcosa e i cavalli si fanno più curiosi.
Dopo poco vedo finalmente il sole, anche se a ben pensarci oggi sarebbe meglio scappare da esso e dal suo irraggiamento che aumenta la temperatura. Ma la sua vista è rassicurante psicologicamente, un punto di riferimento, una palla di fuoco che sappiamo bene senza la quale non ci sarebbe vita. Un simpatico cartello mi strappa un sorriso.
Finalmente il bosco finisce definitivamente, spazio aperto, o meglio per ora un po’ più aperto visto che si sbuca in una valletta incassata tra due crinali. Valletta dove le forme di vita si stanno svegliando o finendo i loro tour notturni alla ricerca di cibo: una volpe annusa per terra e si accorge tardi del mio arrivo, marmotte fuori dalla tana a cercare di stare immobili per ingannarmi, ma vi vedo. Fiori coi boccioli chiusi, loro ancora a letto, io già in marcia da un paio d’ore.
È giunta l’ora di salire sulla Cresta di Naole, tanto il sentiero ora è una velleità, molte tracce e sentieri de facto sparsi, e poi una volta sulla cresta le mie prossime mete saranno chiare. Eccole, e vedo della neve, quella che oggi temo, speriamo sia poca e lontano dal sentiero. Ed ecco anche la neve delle altitudini maggiori, quella che mi piace di più, Care Alto e Presanella: la cresta sì che è uno spazio davvero aperto. Amo le creste. Ma d’altronde amo anche le goulotte, che sono l’opposto: forse perché all’uscita lo spazio si apprezza di più?!
Scorgo un’altra persona la in fondo, ormai al Rifugio Fiori del Baldo, non sono l’unico mattiniero. Ma quando arrivo al rifugio le sue finestre sono ancora chiuse, mi fa sentire un pazzo che non vuol dormire! Osservo il lago, penso al caldo, alla sudata che sto facendo, alle mosche rompipalle che mi ronzano intorno: come vorrei tuffarmi nell’acqua fresca! Ma appena dentro, vorrei già essere di nuovo a camminare.
Che faccio, taglio fuori la cima e seguo il sentiero o no? La prima volta la evitai, stavolta vado su dai, e così dopo poco più di tre ore dalla partenza, sono quasi già 2000m di salita. Sì ma la strada è ancora tanta! Mangio e bevo, oggi mangerò e berrò spesso, ma non abbastanza. Facendo due conti, solo durante il giro deglutirò 8 litri di liquidi, ma non mangerò molto e avrei di più se ne avessi avuto!
Ed ecco anche due camosci, e il primo vallone di una lunga serie, di quelli che danno verso il lago, di quelli che sono ancora innevati (alcuni sembrano anche sciabili!), e..cosa vedo?! Una persona che scende dal prossimo tratto di sentiero che io invece salirò.. Ma quanta gente c’è oggi in giro?! Il percorso seguito dal tizio mi conferma che ci sarà presto da pestare la prima neve. Non troppo dura per fortuna, si va abbastanza bene con solo i bastoncini.
La classica finestra del Baldo, come la chiamo, ha le saracinesche ancora di neve. Questa permette di passare sul versante est della catena montuosa, e nonostante ciò ai tornanti trovo ancora un po’ di neve che obbliga a l’elevazione di grado di difficoltà del sentiero stesso. Ma è anche uno dei tratti più belli, un comodo sentiero ma attorniato da roccia e sigari di calcare.
Eccolo il Telegrafo, ma prima Cima Sascaga, la prima cima raggiunta dalla cordata Andrea Riccardo Marco nel lontano 20.. boh, troppo lontano. Seconda cima salita oggi e non necessaria, ma almeno si tocca un po’ di roccia con le mani. Ben presto sono pure sul Monte Telegrafo, evitabile, ma perché evitarlo? E qui scopro come l’orso delBaldo abbia attirato turismo: a quest’ora del mattino mai vista gente già su, e alcuni escono da un rifugio che ho visto poche volte, ma sempre vuoto.
Il Telegrafo è anche una sorta di primo cancello. Studiando a casa i tempi di percorrenza del 2011, qui arrivai alle 8 e ripartii alle 8e30, anche se mi sembra presto. Ora sono le 8e45, pare io sia un po’ lento, che faccio? Altri interrogativi, altri dubbi. Ma ormai sono qui.. Si va beh, ma coi km che mancano non ho ancora oltrepassato la linea di non ritorno, quindi potrei ritirarmi, ma anche no.
Forza, si riparte, e riesco a sfruttare una lingua di neve per evitare un po' di massacro alle ginocchia sul sentiero sconnesso (oggi gliene aspetterà già tanto). Ennesimo vallone innevato. Altri camosci, ma qui ce ne sono a bizzeffe, che lo dico a fare. Filo spedito verso la prossima meta, Cima Valdritta, che pare molto più lontana di quello che pensavo. E così, iniziano i dubbi: ci salgo o no? Un po’ di tempo me lo fa sprecare, della fatica anche. Posso lasciare lo zaino giù, ma se sono 200m di salita sono mezzora almeno tra andata e ritorno. Dai vediamo, se mi scappa il cartello, scappo anche io.
E la neve che finorà era stata lontana o comunque innocua, inizia a complicare la vita. Qualche traverso scivoloso su un sentiero che se no sarebbe tranquillissimo, taglia la montagna in sali scendi leggeri e panoramici verso la Val d'Adige, a volte con qualche finestra verso il Lago di Garda. Eccola la cima, allora ho saltato il sentiero senza accorgermene! Eh no, eccolo qui, mi sono sbagliato.. Dai, lascio giù lo zaino e salgo, son salito l'altra volta, salgo anche stavolta, e poi da cartina sono solo 120m da salire, senza zaino e quasi di corsa!
9e35, tocco l'altezza massima della giornata di oggi, ora tutta discesa! Eh seh, magari, c'è la risalita all'Altissimo, 600m al caldo. Scendo di corsa a riprendere lo zaino, speriamo che l'Orso non abbia sentito l'odore della cioccolata: è ancora li che mi aspetta, e si è un po' asciugato dal mio sudore che lo impregnava nel profondo.
So che la prossima parte del tragitto, quella fino agli impianti di Malcesine, è la più selvaggia, una giungla di mughi che per dimensioni vogliono copiare i loro cugini maggiori, sentiero poco battuto, solitario, e oggi con altra neve, un traverso di centinaia di metri da farsi sul bianco, e oggi incredibile, ci incrocio 4 persone, inusuale essere qui a quest'ora, ma va bene, l'orso fa miracoli evidentemente. I mughi invece assicurano un effetto bagnoturco con essenza. L'essenza ce la mettono loro, l'umidità io, il caldo il sole. Che collaborazione perfetta!
Nonostante sia il tratto più bello, oggi scatto davvero poche foto: concentrato e con fretta di arrivare, pauroso e dubbioso sull'esito del mio arrivo. In effetti non l'ho preparata benissimo. Avevo calcolato di lasciare la bici a 1000m, da li partiva un percorso segnato sulla cartina ciclabile, ma per arrivare alla Bocca del Creer c'è da risalire 600 e passa metri.. D'altronde se mi lanciassi giù a Torbole, poi c'è la gardesana in falso piano e poi il rientro da Garda a Caprino. Ma la bici l'ho lasciata a 1500m, da li potrei tagliare per sentieri restando abbastanza in quota ed evitando grandi risalite. Ma magari sono sentieri da bici a mano..
La salita della Cima delle Pozzette sono 100m al sole, con già più di 2000 sulle gambe, e psicologicamente con dubbi di riuscire. Ma ormai non posso tornare indietro. Avrei un sacco di discesa a piedi, poi la bici da tornare a prendere, ci metterei più tempo a fare ciò. Già, più tempo, ipotizzando quello che non so però! Altri valloni innevati, altri camosci, altra voglia di un bagno fresco, la birra all'Altissimo, sì sì la birra all'Altissimo!
Vedo gli impianti, inizia a a esserci la ressa della gente che sale dopo aver sfruttato le bestie meccaniche, inizio a scrutare la cima cicciona che mi aspetta, l'ultima. Scivolo, porca vacca. Come un film a rallentatore, su questi sentieri petraia levigati dal numeroso passaggio di scarponi. Mi guardo cadere, cerco di tenere la testa alta mentre vedo i sassi che si avvicinano, o meglio sono io che mi avvicino a loro, la mano mi permette di rimanere sollevato e non sbattere la faccia, il ginocchio destro esterno però, subisce.
Un po' di neve fresca, riparto, ora non se ne parla proprio di corricchiare un po', con calma, fa male, ma se mi fermo è peggio. Altra neve sulla botta, passa, meno male. Passa il male grosso, un po' di dolore resta. Agli impianti il sentiero è incerto, si perde nei numerosi cammini della gente, cartina e lo ritrovo, arrivo a un chiosco e mi concedo una coca cola, zucchero e caffeina. Solo dopo penso che non disseta, anzi. Mi sdraio un po' per terra per bere e mangiare un pochino. Ma non me la prendo troppo comoda, ne manca ancora.
Scendo per i pratoni dove c'è chi gioca con aerei telecomandati, chi si lancia col parapendio, beati loro. Rientro nel bosco, e presto sono a Bocca di Navene, quella che ho pensato essere la seconda tappa birra, da farsi in discesa in bici, ma ora vedo (oppure non volevo vederlo prima) che da qui poi c'è da risalire. Forse non è sano farlo sbronzo. Non che una birra mi faccia quest'effetto, ma disidratato e affamato come sarò, andrà in circolo subito. Eccoci al cartello, ultima salita.
Testa bassa e via andare, costante, le mosche che ancora ronzano intorno fastidiose, queste maledette, ma non posso sprecare energie in arrabbiature e dimenamento delle mani. Anche se quando arriva l'ape mi dimeno eccome! Sarà che sono in trans, non lo so, la salita me l'aspettavo peggio, forse anche il leggero venticello aiuta. Mi bevo l'ultima acqua rimasta, tanto al rifugio faccio il pieno.
Eccolo finalmente il Rifugio Altissimo, quanta gente! Non ti curar di loro, ma guarda e passa, diretto verso la croce di vetta, un autoscatto, qualche foto, e poi subito giù a cercare liquidi. Sono le 13e30. Ma che fila c'è?! Già ho paura di far tardi, ci mancava solo questa. Ma sono senza acqua, almeno quella dovrei prenderla. Amen, fila. Ma..hanno tutti già lo scontrino, e io no! Esco dalla fila? C'è fila anche allo scontrino e ormai tocca a me.. Ci provo, le farò gli occhi dolci e cercherò di farle pena spiegandole cosa sto percorrendo. Mi consegna birra media e due litri di acqua, meno male! Ma sono onesto, poi andrò a pagare.
Alle 14e20 sono pronto a ripartire, vorrei mandare un messaggio a Nicola, che è l'unico con Gianluca a sapere il mio intento di oggi, ma il cell non prende.. Aspetterà, non posso mettermi a cercare campo in giro. E come ricordavo, che discesa orrida, pietre smosse, scivolose, pezzi in piano e pezzi ripidi. Scruto. Ho studiato la cartina (non mentre sorseggiavo la birra, perché quella è finita senza che nemmeno mi accorgessi di averla tra le mani), potrei risalire qui e poi salire a quel passo, da li discesa verso Malga Campo, Bocca del Creer e sono a posto. Ma quanto è erto quel sentiero.. No no, devo passare per Malga Ciampei, un po' più largo ma meno salita.
Dietro la curva, ecco il parcheggio, c'è ancora la bici? Sì! È intera? Sì! Ruote gonfie? Sì! Adesso il cell prende pure, mando un messaggio vocale su whatapp a Nicola, e anche alla morosa, avvisandola solo ora “sto facendo una di quelle cose a mio modo, l'orario di rientro è incerto, ti aggiorno”. Ristudio la cartina. No no, non risalgo, ricordo che stanotte mentre portavo la bici ho notato un cartello “Malga Ciampei” che sembrava su forestale non segnata su cartina, ci provo.
Cambio assetto, bici, ma con scarponi, casco pronto per le discese folli, guanti..ne trovo solo uno, ma non ho voglia di impazzire a cercare l'altro. Inizio a scendere a cercare quel cartello, ma non lo trovo, guardo la cartina, beh se c'era doveva essere quasi al parcheggio. Sono sceso troppo porca vacca, torna su, altra fatica. Non lo trovo, amen, salgo fino a 1720 a cercare il 624 e andrò di li. Tempo perso, salita, fatica, sudata. Ma devo rientrare, non posso stare qui a cazzeggiare su cosa sia meglio fare. In certe situazioni meglio prendere una decisione non ottimale piuttosto che non decidere.
Finalmente a 1720, dove sono già passato scendendo, ma ora mi butto a sinistra, chiedo anche a una coppia di gentili signori un po' di indicazioni, mi confrontano sull'esistenza del sentiero e sulla sua percorribilità, “magari ti tocca portare la bici a mano però”, poco male, basta che in breve arrivo a Malga Campo! Meno male che riesco a fare qualche tratto in discesa, ma è pure un po' tosta. Taglio per il 624b, metto il casco che è meglio, ma la maggior parte me la faccio a piedi, sentiero stretto e tortuoso.
Solitario, di nuovo, che bello. Aggiro una montagna, sbuco dall'altra parte, è davvero un bell'angolo del baldo anche questo. Un bel sentiero single treck che in bici regala emozioni, quando si riesce a stare sulla sella. Dai che è tardi, muoviti! Inizio a vedere altre persone, allora la civiltà non è lontana. Ma prima della civiltà, un miraggio. Il miraggio più bello, una fontana. La berrei tutta, ma vomiterei. Faccio il pieno di solo una borraccia, non voglio appesantirmi. Svolto un altro angolo ed ecco Malga Campo!
Ancora salita, anche qui ne ho fatta, mi sa che oggi a 3000m ci arrivo. Malga Campo, ora di sciogliere le briglie della bici, mollare tutto e scendere a più non posso! Magari, c'è ancora della salita, e stanco come sono alcune le affronto portando la bici a mano. Persone scendono dall'alto, capisco che è il sentiero che scende dall'Altissimo, l'asfalto è vicino. Lo so, un biker odia l'asfalto, ma oggi allevia le pene!
Rifugio Graziani, folle di motociclisti, mi cambio e preparo per scendere all'impazzata. O quasi, la bici che ho sotto il culo non ispira troppa solidità, ma questa ho. Ben presto arrivo a Bocca di Navene, e da li, si torna a salire. Ma quanto salire! Non credevo così tanto. È interminabile, ma entro in uno stato nel quale il tempo è relativo, passa ma non lo sento. Sento la fatica sì, ma quella presente, non quella passata. È una sensazione strana, ma non me ne curo, voglio arrivare alla macchina e basta.
Si attraversano numerosi impluvi che fino a poche settimana fa erano ingombri di valanghe, ora non c'è più nulla o quasi. Vado a rilento, accidenti, pensavo sarebbe stato un gioco da ragazzi, o quasi. Che gatta che mi sono trovato. Finalmente la discesa si fa continua, Novezzina e via. Il GPS dice che ho toccato i 75km/h, ma mi sembra esagerato. Non è finita.
Ferrara di Monte Baldo presenta delle controsalite dopo i tornati, hai voglia di metterti a uovo per scendere veloce. E Spiazzi?! È più in alto di Ferrara! Calma, impreca ma calma, pedala e scala marce, poi quando puoi via veloce! Dalla velocità prima pativo quasi freddo, ora che sono sotto i 1000m, caldo sempre. Riparte la discesa, e la pianura si fa ben visibile, è fatta dai.
19e20, la mia auto è li tutta abbrustolita al sole che mi aspetta accogliente. Una foto e poi faccio su tutto che è tardi, ci sarà chi si preoccupa per me. Che giornata, ce l'ho fatta!
Avevo fatto partire il GPS a Caprino, ma ci devono essere stati dei problemi, niente traccia per l'andata, ma credo sui 35km. Dall'Altissimo l'ho fatto ripartire, e da li sono 49km. Mi sa che in tutto i 3000m di dislivelloo ci sono tutti, dalle 4e45 alle 19e20. Come direbbe qualcuno, vigliacc!

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