domenica 10 agosto 2014

Vacanza dolomitica, day 4: Dociuril, via Donatella (Spigolo delle Bregostane)

Prologo e Epilogo.

Stanchi del bus del Gardeccia (dei suoi 10 euro a persona anche), consapevoli che le vie rimaste a disposizione sono ormai solo quelle della Guglia del Rifugio, a me resta solo un’idea: Palacia del Dociuril, via Donatella, meglio nota come Spigolo delle Bregostane, oggetto di vari dibattiti con Nicola, e di orecchie fatte e tolte dalla guida del Bernard. Nicola non ce ne vorrà se saliamo (ci proviamo) questo suo oggetto del desiderio, capirà che non avevamo altre scelte. O no?
Col senno di poi, questa sarà anche la giornata meteorologicamente migliore della vacanza nella sua interezza, e forse anche la più bella via salita: vuoi per difficoltà (ma gli spit addomesticano e tranquillizzano), esposizione, ambiente, solitudine, avvicinamento e rientro. Scelta giusta quindi.
Mazzin o Muncion? La prima sembra più breve ma faticosa, la seconda viceversa. Ma la seconda sappiamo già che si fa fatica a parcheggiare, andiamo alla prima. Ma anche qui i parcheggi sono un’utopia, quindi tocca parcheggiare nel parcheggio sulla strada principale, allungando un pochino l’avvicinamento. Caffe al bar hotel, e si va. Alle 7e15 ci immettiamo sulla forestale che funge anche da sentiero.
Ieri ha piovuto, tutto è un po’ umidiccio, e ci sono nebbie e nuvole di vapore che attanagliano pezzi di bosco. Il sole si fa strada tra le nuvole basse illumina le pareti lontane, belle gialle, e i pratoni che ne stanno ai fianchi o alla base, belli verdi. L’avvicinamento si rivelerà un trekking appagante sotto questo punto di vista. Man mano che si sale il sole fa sempre più capolino, e così il bosco sbuffa vapore sempre più. Ecco il nostro spigolo, lo vediamo.
Ma a separarci da lui c’è la gola del ruscello, occorre quindi arrivare fino quasi a sotto le cascate e poi tagliare verso destra, dopo che il sentiero diventa non più carrabile. E ancora qui, di strada ce ne è. Almeno quelle che secondo la relazione dovrebbero essere tracce di sentiero, sono una trincea piuttosto evidente, che sale spedita. L’umidità nell’aria rende la sudata assicurata!
Troviamo un canale detritico e ne iniziamo la risalita, anche dopo aver scorto la nostra meta tra gli alberi, ma dall’alto vedremo che probabilmente era il successivo da risalire. Già perché questo sembra la grondaia naturale delle piogge (gli arriva anche tutta l’acqua che scende dalla fessura che crea il nostro spigolo), tutta la vegetazione è bella bagnata e non facilmente evitabile. E trovo pure uno scheletro semi sepolto dalla ghiaia con ancora un po’ di pelle sulla zampa: cattivo auspicio?
Dopo un’ora e mezza siamo ai piedi dello spigolo, che si staglia erto verso il cielo. Cielo che finalmente vediamo azzurro, sole che rende giustizia ai colori delle pareti rocciose e dei prati che ci stanno intorno. Non alla nostra parete, ancora all’ombra, bella ghiacciata: sui primi tiri la sensibilità alle mani sarà un lusso che non possiamo ancora permetterci.
Tra rifocillamento, ricerca dell’attacco originale (quello proprio di spigolo), vestizione, attacchiamo alle 9, parte Riccardo. Fa davvero fresco maledizione, lui parte con la giacca, io sono sotto che mi gelo le dita osservando lui e cercando la metà della corda per capire quando essa arriva a metà, ovvero la lunghezza del primo tiro. Quando poi tocca me mi scaldo bene su questo tiro che presenta già passaggio di V, ma ahimè solo a livello “spirituale”, le mani no!
Arrivo in sosta, un’occhiata alla relazione e parto. Accidenti ma quanto gira e traversa, speriamo non perdere la via. La placchetta mi crea già una certa emozione, ma quello che mi aspetta è ancor più..adrenalinico! Bel tiro, non ci molla, e finisce con una sosta bella incassata e scomoda, ma di cosa mi lamento, meglio lei che rimanere bloccato sul tiro!
Col secondo tiro ci siamo allontanati vistosamente dallo spigolo, e c’è ancora da aspettare un po’ prima di tornare a essere aerei come piace a me. Intanto il mio amico si gode anche lui un po’ questa fessura di V che prosegue sulla terza lunghezza, prima di lasciare posto a terreno più facile. Urca che fessura. La via presenta già passaggi strapiombanti, ma come fa a piacere a Nicola?!
Con nostra sorpresa siamo ben contenti che non si scorgano altri arrampicatori, la parete è tutta per noi, e sembra anche la valle. E anche la roccia non presenta passaggi levigati, la roccia è sempre buona. Goduria. E stiamo anche per essere deliziati dal calore dei raggi solari. Doppia goduria!
La via prosegue sempre bella verticale, grazie al quarto tiro ci riportiamo sullo spigolo, un po’ di vento ma il sole ora ci bacia appassionatamente, e non vogliamo certo lasciarlo. Certo, sperando che non siano nuvole o temporali a portarcelo via: dai meteo, resisti oggi! Qualche bel passaggio e roccia lavorata, scarpette in aderenza e via andare. Bella questa via, non ci molla come difficoltà, appagante.
Ora Riccardo può godersi il ritorno sullo spigolo, quinta lunghezza, e riusciamo a essere quasi sempre a vista su questa. Cominciamo anche a prendere il vizio di mettere poche protezioni: ma questa scelta è figlia di diverse fattori, qualche spit già in loco, difficoltà a metter giù altro, fretta. Fretta dettata come al solito dall’instabilità meteo, che preghiamo silenziosamente entrambi di resistere fino alla cima; poi faccia quel che vuole!
E mi tocca il tiro più brutto della via, che parte bene riportandosi in spigolo su roccia buona, ma poi finisce su roccia marcia, ghiaia e terra appoggiata, ma su un affilato tratto! Dove tra l’altro metter giù qualcosa pare impossibile (servirebbero fittoni), e si gattona con l’ansia di arrivare alla sosta. Che anche lei, uhm, clessidre su roccia gialla a scaglie.. Non mi ci appendo.
Però c’è il libro di via! Una dedica la nostro maestro pare doverosa, ma la pressione con la quale vogliamo chiudere la via ci porta a essere sintetici.
La ripartenza non è troppo agevole, tocca districarsi in questo groviglio di strapiombi gialli a scaglie per uscire di lato, alè Ricky. Lo sento che mi avvisa di appigli traballanti, porca l’oca. Poi proprio non lo sento più, il giro che ha fatto la via e il vento impediscono la comunicazione, con strattoni alla corda sopperiamo alla voce. Speriamo solo che si ricordi che ora devo traversare e mi tiri poco. Mamma che vista se guardo giù!
Ok ci siamo dai! Ormai è fatta, Bregostane nel sacco, invidia di Nicola palpabile. No ferma tutto, ma adesso dove cazzo devo salire io? Mica su di li, dai, guarda te! E invece è proprio di li.. E V- mi pare generoso, sotto ho fatto meno fatica: qui c’è un passaggio dove tocca stare tutto rannicchiato, poi aprirsi per passare dall’alta parte dello spigolo senza manetta degne di questo appellativo. Ci resto un po’ a pensare, poi basta, è da fare! E si fa.
Risalgo ora il facile alla ricerca di due incoraggianti spit su cui sostare, ovviamente mi complico la vita nella scelta di qualche canale detritico risalire, ma poi eccoci, cima! No, cima ancora no, ma siamo fuori. Cioè lo sono io, ma per Riccardo sarà un gioco da ragazzi salire. In 5 ore siamo fuori.
Spettacolare panorama verso il nasone della Marmolada, le Pale, Lagorai, e il retro di quei Dirupi di Larsech dove abbiamo giocato nei gironi scorsi. Ora c’è solo da arrivare sui partoni sommitali e cercare la discesa, che non sembra difficile, ma dal dubbio orientamento.
Si scende dal alto opposto da cui siamo saliti e poi si risale, toccando un po’ di roccia ma nulla di che (slegati e con le scarpe da ginnastica), poi risaliamo sui pratoni per una sosta ristoratrice e fotografica. E anche per spedire un messaggio audio a chi ci tirerà degli accidenti dopo averlo ascoltato.
Ce la prendiamo comoda, come al solito ormai sfamo il mio compagno d’avventura, e visto il rientro camminatorio ci togliamo tutto l’ambaradam per essere più liberi, anche se più appesantiti di schiena. Tutto giù per terra, qualche passo per scorgere meglio dove andare e cosa vedere, e poi il sole splende (anche se il cielo non è completamente sgombro) godiamocelo! Anche perché le previsioni per i prossimi giorni non sono amiche..
Leggiamo la relazione per capire la discesa, chissà come mai solo adesso rileggendola e cartina alla mano capisco che era un’altra. Ma va bene, noi abbiamo seguito il crinale che fa delimitatore tra l’est e l’ovest, puntando quindi verso nord, panoramico sul Sassolungo e sul Sella. Poi arrivati in vista della Val di Dona, scesi verso di lei tagliando il pendio verso ovest proseguendo a scendere. Ci sono evidenti tracce di sentiero, ma occhio al filo spinato pronto a far inciampare!
Torniamo così all’umanità, quasi, giungendo all’incrocio tra il sentiero 580 e il 577. E scendiamo sul 580, bello intriso d’acqua, quasi da guadare in certe tratti! Passiamo di fianco a quella che sembra una falesia di dry tooling (comodo venir qui) e scorgiamo senza troppa meraviglia un bel ponte di neve ancora massiccio: quanto ha nevicato qui? Spettacolo.
Come turisti della domenica restiamo qualche minuto a contemplare le cascate di Soscorza, e scendendo superiamo un gruppetto dove scopriamo essere della squadra una donna, che all’epoca fece la prima ripetizione dello Spigolo delle Bregostane (che scopriamo essere delle streghe, le Bregostane).
Alle 16e30 risiamo all’auto, io personalmente molto soddisfatto della salita compiuta. Tutta l’arrampicata in solitaria, ambiente magnifico, calmo, pacifico, oggi soleggiato finalmente, via bella, abbastanza continua, con tratti esposti. E dopo queste soddisfazioni, ci aspettano giorni a digiuno di montagna, sigh.

Qui altre foto.
Qui report.

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