domenica 4 giugno 2017

È nuvoloso sul ghiacciaio..ma ce la facciamo: Marmolada, A1 2017

La preparazione di questo zaino mi mancava. Ramponi, piccozze, cordino da ghiacciaio, il cambio per il pernotto in rifugio. Da quanto tempo non mi capitava un pre uscita del genere? Ah ecco, ci sono. O no? Ma chissenefrega, questo è l'alpinismo per cui ho iniziato: l'alta quota è la meta che mi ha spinto a iscrivermi al corso A1 nel lontano 2010. Corso di cui ora, nel bene e nel male, nel bello e nel brutto, mi ritrovo direttore. 

Fortuna ieri non siamo tornati tardi, anche se un po cotti sì. Fortuna che preventivamente avevo pure già apparecchiato (messo a soqquadro) il pavimento della camera della montagna. materiale, indumenti, vettovaglie, ferramenta, sparsi in modo non casuale per la stanza. Più materiale del necessario, visto che la didattica avrà la sua fetta di importanza. 

Corso A1 2017 del CAI di Carpi, prima uscita su ghiacciaio. Prima esperienza per molti corsisti, o almeno prima esperienza dove a un lato ludico viene affiancato un lato didattico, volto poi a consentirgli un domani di padroneggiare questa ludicità (?), al poter realizzare i propri sogni in autonomia. Va beh, divagazioni filosofiche di una mente in costante conflitto tra ragione e cuore, o che nella montagna ha raggiunto un equilibrio tra le due. 

Incredibilmente puntuali, incredibilmente efficienti: questo corso è davvero puntuale negli orari che ci diamo, almeno per le partenze. Alle 10 posso già sbraitare per dividere il Mar Rosso: "a sinistra chi sale in bidonvia, a destra chi sale a piedi. Chi sale in bidonvia prende le corde". Siccome siamo puntuali, siccome il meteo dovrebbe reggere, siccome le ore di salita al rifugio sono contenute, si può salire il più possibile "by fear means". 

Incamminati sotto un caldino notevole (da notare la mise mia e di Ilaria, ma la mia c'era da aspettarselo), ci districhiamo prima tra vegetazione abbondante che crea un'atmosfera da bagno turco, e in seguito su placche rocciose levigate ma anche lavorate, dove la dea che tiene in mano la falce e si veste sempre di nero e con un bel cappuccio è in agguato; almeno secondo Francesca

Il Lago Fedaia resta sempre più in basso, il profilo del Sasso delle Dodici appare, e il paesaggio si fa sempre più preglaciale: sul triste paesaggio roccioso, a volte sfasciumoso, a volte ghiaioso, a volte levigato, senza alberelli a farti ombra, senza fiori a dare colore al grigio o al nero o al marrone. Antipasto però, della tenerezza, della pace, della tranquillità, della morbida durezza del paesaggio glaciale e delle alte vette. 

Si prosegue a buon ritmo, osservando grigiori minacciosi dietro le montagne a sudest, per sbucare alla panoramica sella dalla quale si possono ammirare l'articolato gruppo del Catinaccio e lo svettante gruppo del Sassolungo. Teatri di passate avventure, custodi di sogni futuri. Speriamo non troppo futuri. 

La prima neve, i primi scivoloni: Alessia diventa bob umano per qualche metro, le mie preoccupazioni di incolumità degli allievi schizzano per un attimo in circolo a formare qualche trombo al cervello, ma si sciolgono quando lei si rialza ridendo. Partiamo bene.. 

Poco prima delle 11e30 attraversiamo il "Tunnel of Love" della bidonvia: beh ragazzi, chapeaux! 30min in meno di quelli previsti dai cartelli, 1h30 scarsa per coprire i 530m di salita, daje! Ci siamo tutti, anche i ritardatari che sono saliti in bidonvia anch'essi. Accolti dalle ragazze del Rifugio Pian dei Fiacconi, sistemiamo le nostre cose lasciando il non necessario in camera, breve spuntino e alle 12 ci si avvia per la fase didattica. 

David veste un casco piuttosto improbabile che viene subito bannato. Divisi per cordate, si parte per mostrare i passi base della progressione su neve senza ramponi. Oddio, la qualità della neve (pappa) mica permette molta fantasia sul come muoversi: "fate mordere tutte le punte dei ramponi", ma i denti per mangiare del budino non servono.. 

Io e i miei, Alessia e Andrea, risaliamo fino al vecchio rifugio per poi scendere per placche e rocce, si prosegue incontro agli altri fermandosi su un isolotto roccioso per calzare ramponi, legarsi per simulare la progressione su ghiaccio (facciamo il check sound della cordata AAA) e..mettere il guscio, ziocca piove. E così il gruppo si sparpaglia come un branco di aringhe che incontrano un barracuda affamato. Chi prosegue verso l'alto e chi si rifugia verso il basso. 

Noi si sale, anche per raggiungere chi sta su, anche per capire se su ci sia neve buona per fare una sosta che possa tenere un ipotetico caduto in un crepo. Impazienti, bagnati, infreddoliti, altri che scendono, e sorpresa altri che risalgono. Facciamo qui, facciamo la, facciamo su, facciamo giù, la pioggia ha cessato, non che non possa ricominciare, ma dopo le prove di autoarresto (stavolta il bob umano è gradito), si scende a cercare gli altri. 

Oh, ma dove sono, ormai siamo al rifugio..ah eccoli a destra. Davide e Alfredo hanno già iniziato a mostrare qualche paranco, Federico una sosta: breve appello su chi è arrivato da poco e quindi non ha visto dal'inizio, e li chiamo a me per ricominciare lo show di una delle manovre più traumatiche al corso A1: il temutissimo paranco mezzo poldo. 

Gianluca, fammi quello che cade nel crepo, con dolcezza però che vorrei riuscire a tenerti.. Ti tengo bestiaccia, stai buono che ora ti tiro fuori da li! Nonostante la neve in formato pappa per centenari senza dentiera, la picca tiene il cordino da ghiacciaio, provvidenziali fittoni mi permettono una sosta decente. Tempo infinito per regolare la lunghezza dei cordini a quanto voglio io. 

Sosta fatta, trasferimento del peso, andiamo a vedere come sta il mio amico, torniamo su e prepariamoci a fare della fatica. In realtà nemmeno tanta, Gian ha fretta e voglia di esser salvato nel più breve tempo possibile. Le operazioni si seguono, pure il nodo a palla da far passare dentro al gigi, et voilà, "mon ami est salvè". Bon, facce perplesse, "bomber ma io quello non riuscirò mai a farlo", e un provvidenziale "ragazzi, già se riuscite a tenere la caduta è tanto".

Nonostante la poca fatica fisica della giornata, la spiegazione mi ha reso l'ugola simile al deserto dei Gobi: devo bere della birra. Devo mangiare una torta. Deve venire presto ora di cena. Ammazziamo il tempo tra spiegazioni della cartina sotto le martellanti positive curiosità dell'incontenibile Francesca, e passiamo poi a una partitella a briscola in 5 in cui riesco a essere 3/3 su il fetente compagno di chi vince l'asta.

Secondo tempo del match incrociato domande-risposte (si andrà ai supplementari durante il pasto) e poi.. sbam, se magna, avvoltoi! "So' mezzo francese, del formaggio faccio manbassa", ma anche del resto non scherzo. Dolce sì, dolce no, dolce certo, e la panza sta meglio. Ora ce tocca..

Notizie meteo poco rassicuranti per domani: toccherà alzarsi presto, ma di questo gli allievi hanno dimostrato forte disponibilità. Breafing istruttori, spaventati da orario di partenza, dal temutissimo tratto attrezzato dove oggi una cordata ha pure fatto due tiri di corda a salire: stabiliamo l'unica possibile, cioè che quando si arriva la, valutiamo. 

Colazione per le 4, ringraziando Guido che si sveglierà per farcela e che si raccomanda (giustamente) di non far volare una mosca nel tratto compreso tra il cuscino e la sala da pranzo. Imbraghi già giù e..corde già pronte. Ma pronte pronte! Compresi nodo a otto, bambola, mezzo barcaiolo, nodi a palla! Mda. 

Suona la sveglia, il cuore si accende, la mente rifiuta: scendo rapido dal letto, bramoso di salire, impaziente di vedere il cielo, Apro la finestra: vedo le stelle, e non perchè i miei compagni di stanza mi han tirato un cartone in faccia. La tensione dovuta alle responsabilità materiali e immateriali che ho si smussa nel constatare che dai, ci siamo col meteo. Un'illusione. 

Vestizione, scarponi, crema da sole (ottimismo), guanti, colazione. Non troppo abbondante, non esageriamo. "Ale, Andre, quando ci siete io sono lì con la corda" "Ale, Andre, quando ci siete sono fuori coi ramponi ai piedi", ah eccoli. imbraco, ramponi, corda già in cordata,  e non trovo più il mio cordino da ghaicciaio. Rientro, ne trovo uno sul tavolo che non è il mio, ci sarà stato uno scambio, vabbeh piglio questo. 

Ora si fa sul serio. 

Il rumore dei ramponi sulla neve non è quel bel suono metallico scricchiolante, rigelo assente e nuvolaglia già ben presente in cielo: la cima non si vede. Frontali che identificano le formichine sul ghiacciaio, ma ormai inutili, si vede già. Siamo tutti in marcia, e ormai fatto il primo passo, gli altri sono molto più facili, o meglio, logicamente fattibili. 

Cerco di salire senza fretta, senza forzare la mano ai miei compagni di cordata, senza impiccarli: siamo riusciti a partire a un buon orario, speriamo che il meteo ci grazi e permetta di arrivare in cima prima che si scateni l'inferno. Fa caldo, ma l'andatura e il venticello che ogni tanto si sente, e il rischio concreto che inizi presto a piovere, mi fa optare per mettere il guscio. 

9 cordate, partite quasi tutte insieme, un'unica traccia (fuori da essa si sfonda), è un attimo combinare un groviglio di corde. E invece ci si riesce a districare senza troppi impacci, senza peste abusive di corde altrui. Guardo il cielo, tormentato; mi guardo intorno, e si percepisce la voglia frizzante di tutti di questa nuova esperienza e della meta da raggiungere. 

Le tensioni accumulate e le preoccupazioni per la logistica, le tempistiche, le intemperie, e ogni altro ostacolo prevedibile o meno alla buona riuscita della gita se ne vanno, svaniscono. Ormai siamo qui, non possiamo fare altro che avanzare, e godercela. 

Si risale la prima impennata, ma la traccia gradinata consente una progressione sempre frontale. Ormai la cordata AAA è passata in prima posizione: non è una gara, è solo un tenere il proprio passo. Mi guardo davanti e vedo l'anfiteatro roccioso terminare in mezzo alle nuvole, e non svettare verso l'azzurro come speravo. Mi guardo dietro e vedo tanti puntini in rigorosa fila indiana. 

Le nuvole all'orizzonte (a ogni orizzonte in qualsiasi direzione si guardi) stanno per essere scavalcate dal sole: egli è sorto già da un po, ma non è ancora riuscito a scavalcare la coltre grigiastra. Ora invece i suoi raggi tingono la nebbia che ci sta intorno, la sua aura infiamma in lontananza: il paesaggio si fa fiabesco, ma con una vena di thriller dovuta al "tra un po' se voglio mi scateno". 

Spettacolo. Rare luci solari tingono i pendii nevosi di ombre e luccichii. Atmosfere lattiginose sembrano farci fluttuare in questo ambiente tanto inospitale quanto bramato. Tracce di scariche, di piccole valanghe ti fanno tornare coi piedi per terra, ti fanno pensare "ohi, con calma, qua non si scherza". 

Traverso verso destra, neve smossa e marciotta, qualche metro con i piedi 70cm sotto la neve. Alessia che si spoglia morente di caldo, un cielo che ci regala qualche raggio di sole che presto scappa via. Il terreno che si impenna di nuovo, un tratto di ghiaccio scoperto (un crepo visibile quando scenderemo).  In vista della parte rocciosa dove troveremo la ferrata: chissà in quali condizioni.. 

Ecco il cavo metallico. La tensione torna a farsi padrona. Vediamo se ce la caviamo. Salgo il più possibile, sosto su un fittone, recupero i miei due e opto per una conserva lunga tra me e Alessia, e i miei compagni li faccio muovere un po' a mo di ferrata. Divertente per me il digrignare delle punte metalliche sulla rocce, la becca che morde quel poco ghiaccio che c'è: chissà per gli altri due. 

Ogni istruttore sale un po' a suo modo, ci sta. Anzi meglio, tanti spunti per muoversi sullo stesso terreno: quando alpinismo è fantasia, non una regola scritta marcata a fuoco nelle sacre scritture dei manuali CAI. 

Non ho ancora finito i rinvii, ma la schiena del mulo è li bella davanti a me. Bon, già fatto, ottimo. Mi piazzo a fare una sicura a spalla nell'attesa che Alessia spunti da dietro la roccia, e in seguito Andrea. Tutto bene, very good. "Ma dobbiamo scende da li?" chiede una preoccupata Alessia.. 

Forza ragazzi, ora manca poco! Faccio su la corda, e si riparte, con calma, con qualche bella foto a testimoniare la gioia dei mie compagni, esclamazioni che manifestano come apprezzino la bellezza del posto e del come lo si sia raggiunto. 

E alle 7, la cordata AAA è in vetta. Felicità e contemplazione. Purtroppo a corto raggio, pochi scorci vengono regalati da queste masse di vapore acqueo che ci attorniano come una sciarpa non voluta. Arriva Davide con la Crie MarcoR. Tempo del Mars di vetta per noi altri! 

Nuvole che vanno, nuvole che vengono, poco azzurro e tanto grigio, ma la felicità è tutt'attorno. Arrivano Gianluca, Stefania col trainatoe motivato Giovanni. Alessandro e Dario. Fabio con Valentina e Gioele. Poi la visibilità cala, le cordate in lontananza non si vedono più. 

Federico con Ilaria e AndreaGo, Cristian con Linda e MarcoB. Ziobo che freddo però! Alessia inizia a odiarmi perchè non scendiamo, perchè siamo quassù da mezz'ora a prendere freddo e umidità. Eh lo sò bimba, ma da direttore me tocca aspettare gli altri per sincerarmi che tutto vada bene. Gli altri stanno già scendendo , ma mancano due cordate all'appello. 

Ecco Luca con David e Francesca: entrambi verso la croce, con Francesca dubbiosa di essere ancora viva e David che invece sbraccia vittorioso la picca. A seguire Alfredo con Fabio ed Ester, e finalmente possiamo scendere. Qualche secondo di panorama non fa in tempo a essere catturato dalle foto, amen. Alessia capocordata, portaci giù. 

La tensione che in vetta se ne era andata, sopratutto una volta constatato che tutti ci siamo arrivati, torna una volta in prossimità del tratto attrezzato. Imbottigliati, dalle cordate che scendono, e da una che sale. Stavolta conserva corta, e tutti in ferrata. La salita era ben più agevole, ma li vedo piuttosto sgamati i miei. 

Di nuovo imbottigliati verso la fine del tratto metallico, in mezzo alle nuvole che non lasciano vedere a più di 50m da se. Ci si rilega da ghiacciaio con un po' di fretta, ed ecco che i ramponi tornano a mordere qualcosa di più morbido del calcare di cui è composta la Marmolada. Si rimette piede su ghiacciaio. Andrea passa avanti e Alessia torna in mezzo. 

Un po' per la consistenza della neve, un po' perchè il passo di Andrea deve essere un pelo più lungo di quello di Alessia, quest'ultima si ritrova col culo, pardon, sedere a terra prima di esclamare "Andrea rallenta un po'!", ma con sorriso sulle labbra e risata che affiora. Intanto incrociamo un'altra cordata: tutta ben legata con nodi a palla ecc, ma che si è fermata a far sosta spuntino..nello stesso metro quadro. E allora.. 

Scendi scendi, e usciamo dalla prigionia delle nuvole, finalmente lo sguardo può espandersi più in la. La vista del rifugio, il cambio di pendenza del fronte del ghiacciaio, e posso quasi tirare un sospiro di sollievo: tutti tranne Luca e Alfredo sono davanti a noi. Noi siamo ormai al sicuro. Posso chiedere a miei se sono contenti, e il loro entusiasmo è la ricompensa per ogni fatica fisica e mentale del weekend. 

Montagne bagnate ovunque, nuvole sfilacciate che lambiscono i crinali, umidità. Poco prima delle 10 siamo di ritorno al rifugio, dove c'è chi ci aspetta da un po' e non vede l'ora di scendere: ma pronti, scendiamo sì prima di prendere della pioggia! Solo che, a me, tocca aspettare tutti quanti e sincerarmi che ci siamo tutti.

Consegnate le chiavi dell'auto a chi sta in macchina con me, magno, preparo zaino, tengo sott'occhio chi scende, verifico che le corde vadano in bidonvia, e attendo pazientemente Alfredo e Luca. Arrivati anche loro, raccatto chi vuole scendere a piedi, ormai già piove, chi si sta prendendo il caffe dentro, e "dai raga', andiamo giù che c'è gente che aspetta".

Metto la mano dentro la maglietta e ritrovo il mio diavolo di cordino da ghiacciaio, dopo aver guardato da maniaco l'imbraco di tutti quelli che mi passavano a raggio di vista. Ma che caz. E quello che avevo preso dal tavolo, era di Fabio.. 

Il bob umano ci delizia con una nuova acrobazia delle sue, ma sempre ridendo. Rocce bagnate, un po di neve, ma i bastoncini aiutano, e la pioggia ha smesso. Alla ricerca del sentiero nei tratti non obbligati, tecniche di discesa con l'eleganza tipica dei brapidi, e finalmente in vista del parcheggio. Bona lè, è fatta.

Primo in vetta, ultimo alle auto, vita crudele quella del responsabile..ma ho voluto la bici.. Concordato il dove andare a mangiare, posso cambiarmi e tirare un sospirone di sollievo misto a soddisfazione per l'esito della due giorni: è andata bene, con questo meteo! Bravi ragazzi, alla prossima..

Qui report.
Qui foto.

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