sabato 27 luglio 2019

Apine Mai(c)a: via Maica al Pilastro Est del Vajo Stretto

Quest'anno la fase arrampicatoria progredisce a rilento. Tra gare di trail,vacanze, altri impegni, minchiate, disponibilità di amici, ad arrampicare ci vado poco e ogni volta c'è da reimparare un po' a pedalare. Quasi quasi devo ringraziare la meteo che questo weekend non si possa andare in Dolomiti per non rischiare il temporalone. Ma la voglia di uscire e di farlo in compagnia c'è, e con Giorgio ce ne andiamo a scorrazzare in piccole Dolomiti.
Giusto per alzare il livello dell'asticella, il diavoletto mi ha proposto di salire Maica al Pilastro est del Vajo Stretto, che ricordo aver già salito ma 7 anni fa; tra l'altro quando a livello tecnico ero pure più bravo. Vabbè poco male, i tiri duri li lascio tutti a lui e se proprio vedo che non è giornata amen, sto da gregario passando dall'altra parte del fosso rispetto ai tempi in cui ero io a tirare tutto. Cicli della vita, tanto l'importante è divertirsi.
Il caffè a Pian delle Fugazze mi fa scoprire che c'è anche la Trans d'Havet in concomitanza, e durante la scalata sentiremo i campanacci dei tifosi incitare i corridori. Gara che tra l'altro hanno modificato nel tracciato proprio per il rischio dei temporali pomeridiani. Noi meglio che ci diamo una mossa per non rimanerci in mezzo ed essere alla macchina alle 15. Cielo sereno e ci incamminiamo, sperando di non sbagliare sentiero come quella volta con sua Eccellenza e Il Maestro. Ma Giorgio non è come quei due, studia e ricorda bene dove sia l'attacco della via, proprio al confine col grosso franone.
Come al solito, parte lui. Il primo tiro parte piuttosto facile, ma nella parte finale riserva sorprese. Vedo il mio amico pensarci un po' e quando toccherà a me capirò il perché. Camino o placca non si sa bene cosa scegliere ma ciò che è sicuro è che non ci sono mani, e che la sosta è una tra le più scomode della storia delle soste scomode (questo me lo ricordavo).
Il secondo tiro è quello che presenta forse il passo più duro, nonchè l'unico su cui oggi azzero (festeggiamenti!) per la poca fiducia nelle mie capacità. Dalla sosta si esce completamente aperti in cammino e completamente esposti per superare il livello strapiombante della parete. L'abbraccio a uno spuntone vorrebbe essere ben più caloroso, ma lo scarso equilibrio non permette di congiungere le mani sulle spalle opposte per un abbraccio completo.
La seconda sosta è ben più comoda, e sopra di lei si vede tutto lo sviluppo della parete dove scorre la variante dei Ciclamini (quella che praticamente percorrono tutti) e a destra il diedro placcoso liscio su cui girerebbe la via originale, tra l'altro più dura. Giorgio vai dritto e quando sei in cima ricordati i paranchi. Questo forse è il tiro più duro per continuità, ed è anche quello dove le apine possono romperti le palle non solo in sosta ma anche lungo la via. Che fastidio le apine ronzanti a fianco dell'orecchio in volo statico!
Ecco adesso potrei anche passare davanti io visto che il quinto grado è finito, ma c'è comunque quel quarto più che non mi convince appieno: faccio bene a lasciare davanti Giorgio che non ho nessuna voglia di traumatizzarmi e schifarmi oggi. Ricominciare a pedalare partendo da una salita ripida non mi sembra una scelta saggia per mantenere accesa la fiammella della passione. Il tiro più esposto ed estetico con un traversone ascendente verso sinistra per poi riportarsi più linearmente a destra sopra la sosta.
Mentre salgo il tiro penso che adesso potrei anche passare davanti io, e che se Giorgio me lo dovesse chiedere gli risponderò di sì. Così succede, e mi ritrovo da capocordata. Il tiro non è difficile ma mantiene comunque una bella verticalità, e un passo bello esposto per passare al di là di una grossa fenditura.
Mancano ancora due tiri, ma il libro di via è già alla quinta sosta. Gli ultimi due tiri sono piuttosto facili, l'ultimo addirittura diventa presto un sentierino che porta su quella che può definirsi la cima del Pilastro Est del Vajo Stretto, dalla quale si può ammirare dall'altra parte la profondità dello stesso.
Cambio scarpette, sistemazione materiale e possiamo iniziare a scendere, che il Pasubio si è già coperto. Discesa non certo escursionistica, con due doppie, tratti esposti su cengetta, traversi di facile arrampicata, e il passaggio dentro un fisioterapico buco.
Arrivati all'imbocco del Vajo Stretto confermiamo la nostra scelta di evitare questo budello fangoso (e in realtà nemmeno percorribile da un'ordinanza comunale) per andarci a cercare la Sella dell'Emmele, stessa discesa fatta anni fa con Simone. Ricordavo che anche quella volta non fu immediato capire dove c'era da andare, come oggi.
Iniziamo a salire: quel ghiaione sulla sinistra non mi sembra che possa essere davvero un sentiero, mentre invece quello avanti prosegue segnato. Ma dopo qualche minuto di percorrenza, buttato lo sguardo dall'altra parte i dubbi tornano a insinuarsi, e ora che c'è campo torniamo a vedere il post del blog che avevo fatto dell'altra volta. Sembra proprio che invece il ghiaione sia la strada giusta.
Salita per nulla scontata, ma in effetti la Sella dell' Emmele è proprio alla sua fine. Non resta che scendere per un sentiero (veramente sentiero) che porta sulla Strada del Re e infine alla macchina, alla quale arriviamo anche prima delle 15. E dove, dopo un minuto che siamo arrivati, iniziano a scendere dei goccioloni dal cielo, che dureranno poco è vero, ma che ci fanno bene esser efieri della nostra logistica e tempistica!
Oggi le piccole Dolomiti non sono state dispettose come al solito, la giornata è stata piacevole anche se mi sono dimenticato il Mars a casa, e ho constatato che forse non sono nemmeno messo così male a livello di arrampicata. Dispettosa è invece la taglia delle birre a Malga Cornetto, solo 0,3l.

Qui altre foto.
Qui report
Qui ottima relazione.

1 commento:

  1. Condivido che la taglia della birra a Malga Cornetto sia immorale!!!...

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