sabato 18 novembre 2017

Arrampicando con le tremende muse: ritorno alla roccia alla Roda del Canal

Oddio tremende no. Diciamo "poco comode", ecco, e loro capiranno bene a cosa mi riferisco, e gli altri capiranno che è difficile capire: e siamo tutti a posto. Detto ciò..SI RICOMINCIA!
A quasi 2 mesi dall'incidente sulla Baldo-Groaz, torno a mettere le mani sulla roccia. In realtà nel mezzo c'è stata una mezza giornata in falesia (un quarto di giornata, il resto sui pedali) e il Riprendiamoci di Vista, ma si parla di robetta. Oggi si va già più sul serio: vie corte, ma vie, non monotiri in falesia. E le domande che mi pongo non sono poche: Il fisico già so non essere al 100%, ma la testa? Quella sì che è più difficile da recuperare.
Meteo e temperature consigliano la Val d'Adige, le difficoltà e la familiarità con la zona di Tessari confermano la scelta: magari però ci spostiamo sulla Roda del Canal, che non conosciamo. Cosa potevo pretendere di più dalla giornata di reinizio che essere in compagnia (accompagnato?) da due ragazze?! Stefania e Francesca sono con me, sperando non debbano tirarmi su la corda loro e parancarmi..
Sarà una giornata lunga, con due muse che spesso accantonano la poesia e il canto per lasciar spazio a cazziatoni e domande, spigolose, puntigliose, feroci, e qualche punzecchiante sarcasmo. Dai, non è questo inferno, sanno anche esser simpatiche! Di certo sono di compagnia, le risate non mancheranno durante tutta la giornata.
Al parcheggio fa freddo, e siamo in ombra: tergiversiamo in auto. Finchè la situazione inizia a farsi affollata, usciamo e ci prepariamo: la prima perculata è già lì, le mi scarpette messe al caldo dentro la maglia vengono ironizzate dalle bullette. Scorriamo verso la parete, che lentamente va al sole, giusto in tempo per arrivare all'attacco.
Parto io su "αλαλαζο (Alalazo)". Siamo in tre, gestione scomoda per il cambio di progressione da primi, perciò optiamo per farci una via a testa. Parto io, vediamo se riesco a partire. L'istinto è fluido, godereccio e giocherello, ma la testa frena e intimorisce ogni passo, sopratutto ogni piede in aderenza: quell'aderenza che, persa essa, mi procurò la caduta dalla Baldo-Groaz, e il resto di questi  48 giorni.
La roccia è amica, mi sento un po' come un bimbo timoroso di fronte a un San Bernardo: cane buono come il pane, ma che data la stazza, le fauci, la naturale smorfia poco sorridente..incute timore. Ma non posso aver paura, se mi blocco è finita. E allora ho fame.
Fame di salire, fame di riprendere, fame di riappacificarmi con la mia passione. Salgo. Salgo a più non posso, salto la prima sosta (a 20m..) e continuo salutando le mie amiche alla base. La spittatura è talmente vicina che possono mettere un rinvio e rimuovere quello sotto. Ma arrivo a un punto che devo fermarmi.
Recupero Fre e Ste, mi godo il sole, il panorama (eccezion fatta per l'A22), il momento. Questo momento che mi mancava: la sosta. Un momento di serenità in mezzo a due di attenzione e di "rischio". Finora qualche passo titubante ma per il resto bene. La mano che fa ancora male e che devo usare in modo oculato, evitando certe posizioni che me la sollecitano troppo. Non voglio esagerare.
Riparto, ma mi devo fermare presto. Raggiunto il boschetto preludio del tiro chiave, non posso continuare, troppo rischio di una corda che tirerebbe proprio nel momento in cui vorrei esser disinvolto. All'ombra, fredda, studiando il percorso. Due risate, e si riparte.
Primi passi tranquilli, poi la cosa inizia a farsi boulderosa. E fisica, di braccia (sopratutto per un gorilla come me che non sa usare i piedi). Salgo, troppo a destra forse, tentenno. Riposo, ci provo almeno. Eh ma devo andare a sinistra! La guida dice "superare lo strapiombino con decisione", e io ci faccio quasi la pausa caffè. Ma passa, lo supero, sospirone.
La roccia cala di pendenza. Gran bella lavorata, poi un diedro da fare un po' in dulfer, bello e divertente. Ma?! Già finita?! Una sosta che evito, esco molto più su a sinistra, forse cerco di scalare il più possibile. Recupero le mie amiche, e una è fatta. E son tornato ad arrampicare. E son tornato.
Due battute, uno svacco, e si scende per attaccare la via giusto a fianco.
Parte Stefania su "φαινομενα και διοσημεια (Fainomena kai diosemeia)", con primi metri in comune, poi se ne sta più a destra. Sale bene, la roccia è ottima e la chiodatura da fiducia. Anche lei concatena, la raggiungiamo e la facciamo proseguire, come da ottima tattica di attacco.
Anche a lei tocca sostare nel boschetto, prima del tiro finale. Anche su questa via l'ultimo tiro è il più duro: non durissimo, più duro. Ma lei che durante la mia assenza dalle scene non si è certo fermata, è in forma e continua a salire. Un po' di spaccata e un po' di indecisione sul passaggio finale, poi il segnale che è in sosta e che cambiano i ruoli: lei a far sicura, noi ad arrampicare.
Saliamo, un bel tiro divertente, un diedro marcato: aderenza a più non posso e non sempre buone mani a dare fiducia agli arti inferiori.. E Stefania? Appolaiata a cavalcioni in sosta. La si scavalca per riportarci sul sicuro spiazzo dove fermarsi a parlottare.
Di nuovo svacco, con spuntino un po' più ricco di prima. Chi quasi si addormenta, e chi dice "ma io per oggi ne avrei abbastanza", e allora scatta il momento della condivisione del Mars, la cara e vecchia abitudine che mi mancava..
Si scende, si ride e si scherza. Come mi mancavano questi momenti! L'adrenalina mischiata all'ammirazione per la natura condita con le risate con la compagnia. Proseguiamo col terzo tempo, al Platano, per concludere a mangiare, bere, e ridere ancora e ancora e ancora.

Che bello tornare a tutte queste cose!

Qui altre foto.
Qui la guida.
Qui report.

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