La
testardaggine. Quella profonda, quella dura. La determinazione. Quelle che
rischiano di sfociare in stupidità a volte. Ma non oggi. La fuga di ieri dalla
sud della Punta Grohmann è stata forse troppo rimandata, ma alla fine siamo fuggiti. Con l'idea
però magari di riprovarci oggi..e infatti eccoci.
Almeno
abbiamo concordato che sia ben più opportuno di attaccare la Dimai e spostarci
sulla Harrer dopo: ci sono due soste vicine, e ho letto di report che hanno
fatto lo stesso. Le difficoltà delle due parti basse sono simili, ma almeno ci
togliamo un po' di parete (e quindi di tempo), ci togliamo la parte data con
roccia discreta, e ci togliamo la parte nella quale ci prendiamo tutti i sassi
mossi da chi percorre la Dimai. Scelta azzeccatissima.
Partiamo
ancora più presto di ieri, e scorgiamo comunque gente davanti: speriamo vada
altrove, anche ieri ne abbiamo viste di cordate scorrere verso il Dente e la
Innerkofler. Godiamoci questo momento adesso: l'alba è sempre un momento
magico, e data l'ora riusciamo ad apprezzare un sacco di montagne tingersi di
rosso..
Raggiungiamo
e superiamo i tre che avevamo visto, puntano anche loro alla Dimai. Si attacca
lo zoccolo spigoloso, inizialmente al sole (tepore) poi all'ombra (frio). Saliamo
svelti per passargli davanti, che altre pietre non le vogliamo. Ci fermiamo per
una sosta a "scaricare del peso", e una volta ripartiti ci superano
due ragazzi. Amen.
Cerchiamo la
strada, un po' si arrampica già, ma c'è troppo detrito e ghiaia ancora. Su una collinetta
ghiaiosa si cerca la via che non faccia tornare indietro di mezzo passo a ogni
passo che si avanza: toh che stelo d'erba dritto! In realtà è il fittone della
relazione di Bernardi. Ci imbraghiamo, e intanto ci ripassa la cordata di tre.
Che palle.
I due
ragazzi salgono i primi 3-4 tiri in slego. Noi saliamo il primo non trovando
una sosta di partenza idonea, ma alla sosta con chiodo cementato arriviamo dopo
il gruppo di tre austriaci: una guida e due clienti, e la guida ci invita ad
aspettare e non incrociare le corde. Che palle. Arrivano tre italiani, che
palle. Ma quanta gente sulla Dimai?!
Giorgio
parte alla ricerca della via, ma gli fanno strada i tre austriaci. Si vede che
ha smania, non mette giù quasi nulla. Tocca a me: ho notato che la guida è
salita troppo rispetto ai due che ci stavano davanti, e ci mette del tempo. I
tre italiani incalzano. Fanculo, io parto, e stando più basso seguo forse la
linea corretta, arrivando a una sorta nicchiona gialla con due clessidre.
Riparte
Giorgio svelto: si vede che abbiamo fretta, nessuna foto in questi tiri. Ma il
suo punto di riferimento è enorme, il canale, perciò arriva veloce a fare sosta
e ci ricompattiamo tutti di nuovo. Ci aspetta l'ultimo tiro prima di deviare
sulla Harrer. La guida è avanti, i clienti qui, ma vado avanti lo stesso senza
incrociare le corde. Qualche metro verticale e poi si scorre su, me ne sto bene
a sinistra delle sue corde per non avere problemi.
E siamo sulla
cengia dove 10m più a sinistra si può prendere la Harrer: io avrei qualche
esitazione (la Dimai pare molto più percorsa, forse è più facile da trovare ed
è ben attrezzata) ma Giorgio assolutamente no (tra l'altro troppa gente su
questa via). Andiamo dai, al massimo scenderemo e torneremo sulla Dimai (ma a
chi la vuoi raccontare?!).
Il
trasferimento lo fa il mio amico, ma poi mi pare corretto farlo ripartire visto
che ha solo camminato 10m. In questo modo, non avendo studiato la via, mi
toccheranno i tiri più facili, corti e brutti della via. Che cavolo, imparerò a
studiare un giorno! Intanto mi accontenterei uscisse il sole a scaldarci..
Parte
Giorgio con un bel diedrone che una volta finito chiama un traverso a sinistra
su una placca esposta. E aspetto. Aspetto. Il mio amico cerca la via, la sosta,
ma nulla. La corda è quasi finita e sento che gli si è bloccata, ma almeno una
sosta l'ha trovata. E io come salgo ora? "Giorgio recupera, libera,
cavolo!".
Nulla da
fare, non ce la fa. Devo salire. Dieci metri di bambola, machard sulla corda
che sale, e parto. Ogni due passi tiro su il machard e aumento la bambola: una
progressione comoda, sicura, da manuale. Che pallissime! Sol che non mi tocchi
fare anche la placca esposta così! Ed esposta è esposta, ma almeno le corde
sono state sistemate.
Giorgio non
è alla sosta corretta però. Il mio più grosso timore, perdermi in parete
aperta: calma e gesso, sopra di noi c'è un bel diedro, magari è quello del tiro
chiave. In lontananza si vedono cordini, ma mi sa che sono fuori via, magari
altra gente che si è persa, o altre vie. Punto lì. Un chiodo, cazzo uno solo,
la relaizone ne chiama due di sosta, ecco l'altro! Sìììì.
Possiamo
ripartire. E tocca a Giorgio gustarsi il bel diedro fessurato del tiro chiave.
30m e trova una clessidra, ma una, mentre lo schizzo ne chiama due di sosta e a
45m. E allora lui continua a salire, salire, fino a uscire dal diedro e sostare
sulla cengia che sarebbe stata a metà del mio tiro..
Già il mio
tiro sarebbe stato triste, pensa ora.. Ma giunto in sosta (un po' di sole!)
continuiamo ad alternarci, che abbiamo già perso troppo tempo con la bambola,
machard e corde bloccate per Dio. Vai Giorgio che dovrebbe essere più facile
ora! Ma temo sempre di essere fuori via: sembra giusta ma anche no, e lo
spuntone di sosta sarà questo scomodo?!
Vado io, mi
proteggo a friends poi inizio a pensare che ne ho troppo pochi se poi devo fare
una sosta improvvisata sfruttando loro perchè non trovo la clessidra.. E smetto
di proteggermi. La clessidra infine la trovo, ma mii se è piccina! Un'altra, ma
di nuovo piccina. Rinforzo va la..
Dai Giorgio,
portami fuori, che poi è fatta! Sale il ragazzo, ormai siamo soli in parete,
anche quelli della Dimai saranno fuori da un pezzo e già sulla via di discesa.
Solitudine che schiaccia.. Raggiungo il mio amico, in sosta su
un'interpretazione tutta sua de "lo spuntone", mi guardo intorno
e..mah.
Altro
periplo. L'ometto di uscita della Dimai è netto. Lo schizzo sembra chiamare una
docile passeggiata su sfasciumi o ghiaia con un paio di passaggi in roccia. Ma
il naso all'insù mi mostra un tratto iniziale così, poi solo pareti nere o
gialle e labirinti. E nessun ometto. Boh, traverso verso destra, magari il
passaggio è la dietro. E così vago per nulla, a rischiare con le scarpette sul
ghiaione, e per niente. Non si va in la, non c'è un passaggio ben visibile.
C'era da
salire dove eravamo. Inizialmente su ghiaia, ma poi si arrampica. Mi
ricongiungo a Giorgio non senza fatica (era meglio slegarsi e mettere le scarpe
normali): cambio scarpe e ci mettiamo a conserva corta. Qualche metro di
arrampicata ed ecco il camino nascosto (avessi guardato altre relazioni, si
capiva subito che non c'era da gironzolare..). Giorgio sosta, e io parto ad
arrampicare: sì, arrampicare, altro che un paio di passi.
Nuova sosta,
tutta a friends e manco tanto affidabile a sensazione.. Dai Gio, vai avanti e
portami in cima! AM ancora da arrampicare c'è, per poco però.. Lo raggiungo su
un altopiano tutto particolare: tanti sassi e pietre, come fossero stati creati
da una frana, ma il cielo non può franare.. Come si sono disgregati e rimasti
qua?!
Almeno siamo
in cima, con un cielo non limpido ma nemmeno bruttissimo. Sono le 15e30, non ci
fossimo persi due volte porca miseria! Panorama spettacolare, veloce sosta a
bere e mangiare e sistemare il materiale. Un sacco di foto e un messaggio a
casa.
Però meglio
muoversi adesso, ed aspettare per le pacche sulle spalle: la discesa non deve
esser semplice. Invece lo sarà più di quello che temevo! Ma trovare in cima un
paio di bivacchi di pietra non è di buon auspicio. Figurarsi i pezzi di telo
termico in discesa e alla forcella con le Cinque Dita.
La relazione
di Bernardi è fatta bene. Passo avanti a condurre la discesa. Dopo la prima
doppia, si risale un po' e trovo metri di corda avvolti attorno a un
masso-spuntone che permettono di evitare la seguente disarrampicata, calarsi in
doppia e finire ai due chiodi cementati vicini (vicini insomma). Poco sotto una
catena non raggiungibile con una sola mezza.
Scendo di
nuovo, le doppie vanno in verticale perciò mi calo con la gravità. Ma invece
del cementato trovo uno spuntone con cordini e maglia rapida: devo comunque
fermarmi qui. Guardo alla mia destra faccia a monte, e in quel troiaio si vedono
altre calate artigianali, che suonano come "improvvisate", non
ufficiali (e in una conca brutta..).
Ma il
cementato e di la, un po' sotto di noi, e dalla parte opposta di come è
orientata questa doppia! Vado di la, approdo più facilmente del previsto sulla
guglia. Da qui seguono altre facili e ben trovabili doppie fino alla cengia e
forcella svalicata la quale c'è il tratto di I. Comunque il classico camino
pensare che sia solo un IV..mah!
Che
labirinto questa montagna. Che ambiente cazzuto il Sassolungo. Guglie e
guliette labirintiche, che nascondono passaggi o ti portano in vicoli ciechi:
chi ha aperto le vie normali di queste montagne è stato davvero bravo.
Un altro
paio di doppie facilitano la discesa ed evitano disarrampicate, siamo quasi
tranquilli non fosse il ricordo della sorpresa del canalone a scendere dalla Cima di Valbona: speriamo
non ci sia neve nel nostro! E per fortuna non c'è, ma gli avanzi di telo
termico ci rimettono sugli attenti. Scendere da questa normale col maltempo
deve essere un incubo.
Il canale
non è un sentiero ma si va abbastanza bene. Pensare di fare tutto questo in
salita e percorre la normale alla Grohmann in salita ci viene male: non credo
torneremo su questa cima.. Mettiamo piede sul sentiero che verso sinistra
faccia a valle si ricongiunge a quello del Demetz e bona, ora possiamo
stringerci la mano!
Stendiamo i
nervi e riprendiamo a ridere e scherzare. Ma oggi non fantastichiamo molto
sulle prossime salite, sulle prossime vie: non è stato uno scherzo, il
Sassolungo ti lascia sempre con le orecchie basse. Lui poi ora va in ferie, poi
ha impegni. Io allenamenti. Va beh, qualche sogno nel cassetto lo tiriamo
fuori, ma bisbigliandolo..
Qui altre
foto.
Qui report.
Qui nostra relazione sulla base del Bernardi.
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