Assecondare
le bizzarre idee degli amici e compagni di cordata. Se già l'anno scorso gli dissi di sì (per poi
arrivare al parcheggio e trovare un inaspettato tempo uggioso, piovoso, novembrino),
allora vuol dire che come via non era così folle. Non mi preoccupo di studiare
troppo la "cosa", e non mi viene il dubbio che forse anche l'altra
volta non avevo studiato bene bene il tutto.
"Chi
parte?!" "Gio parti tu, come al solito, tanto i tiri poi sono tutti
duri e belli uguale dopo". Tutto lo zoccolo ce lo facciamo in conserva
lunga protetta, per risparmiare tempo e perchè le difficoltà lo consentono.
Certo è un tipo di progressione rischioso, ma almeno psicologicamente ti mette
un pelo più a tuo agio rispetto a quanto fecimo io e Riccardo sullo Spigolo del Velo.. Il sole
viene a scaldarci, ma dura poco: la sella a cui puntare per la sosta è
evidente, e da quella siamo in completa esposizione nordovest. Buio, aria
raffreddata dalla neve nel canalone a fianco ci investe.
E ora, si
balla! Salgo pochi metri e poi si traversa a sinistra, esposizione che aumenta
sempre di più, un tratto di roccia poco raccomandabile su cui i piedi non possono
che finire. E poi il traversone nel nicchione: e mi torna in mente la Ste su Insciobolesomme. Un
passo avanti, un passo indietro. Un due, un due, tre no, due uno.
Ritrovo alle
2:30. 2, non 14, orari da cascata da ghiaccio, ma non volendo rischiare cordate
davanti e volendo del margine sui tempi per finire la giornata in un tempo
decente..che le 2:30 siano. Ci si alterna a dormire, e almeno stavolta niente
pioggerella in A2, ne a Lavina bianca dove parcheggiamo. Lauta colazione al
sacco e via verso nuove avventure.
La tosse che
mi frusta da ieri non mi
da tregua, e questo può essere un bel problema. Se mi viene un attacco come
ieri sono cazzi. E già in avvicinamento noto che non sto mica bene: lento,
affaticato, col fiatone. Fiatone da limitare perchè mi irrita la gola, che poi
mi fa tossire e addio. Due palle.
Il posto è
fantastico. Dolomiti, Catinaccio, Val Ciamin. Si parte bassi, in un ambiente
boscoso sovrastato da pareti "sporche" di erba. Il torrente scorre
impetuoso in basso, il sentiero parte stretto e poi sfocia su una comoda
forestale. Tratti in piano che lasciano respirare dopo le tirate in pendenza.
La frontale resta nello zaino, la luce man mano sale e illumina tutto.
Tutto.
Salendo la stretta valle curva e si apre, mostrando un paesaggio da cartolina
sulle prime torri rocciose illuminate in alto dai raggi del sole. Punta Sella
cattura lo sguardo di chi alza il naso: un affusolata guglia che salendo mostra
il suo lato C, nettamente diverso dalla sottile prua frontale.
Mannaggia a
questa tosse "Giorgio parlo poco per via della gola, sta sereno", io
sono un po' meno sereno, son mica sicuro che siamo nei tempi e che riuscirò a
salire in questo stato. Il Rifugio Bergamo che si vedeva da valle sembra non arrivare mai. Anche una volta
raggiunta la bandiera, l'edificio non è qui dietro ma ancora più in la.
Ora lo
Spigolo Nordovest della Cima Orientale di Valbona si vede bene. Già da basso si
vedeva, ma la sua possanza era sminuita da altre "cose" intorno che
adesso da vicino acquisiscono la giusta prospettiva. Questo siluro invece si
staglia verso l'alto: uno zoccolo debole è solo la base d'appoggio a uno
spigolone verticale. Come fa a esserci "solo" del V?!
In 2h secche
siamo invece arrivati al rifugio, contro ogni mio pronostico vista la mia
lentezza e malessere. Malessere che era stato soffocato dall'entusiasmo
dell'ambiente che mi circondava, ma che ora torna prepotente coadiuvato dalla
paura per questa via. Mommerda se è dritta.
Abbandoniamo
le bacchette, scendiamo a cercare il passaggio per superare il torrente e non
pestare neve. Chissà il vero attacco dov'è: ma questo è uno zoccolo dalla
libera interpretazione. Primo e secondo grado, certo, ma se e solo se prendi la
strada "giusta", è un attimo finire su gradi più difficili (non duri,
ma nemmeno camminabili). Freddo, accidenti che freddo.
Tocca a me.
Leggermente a sinistra, trovo il chiodo. Chiamare camino la struttura rocciosa
seguente mi pare un po' tanto, ma direi sia qui che bisogna andare. E
l'esposizione è già marcata, come pure la tanta corda tra me e l'ultima (unica)
protezione che mi separa da Giorgio. Ohpperò, e nemmeno il grado è banale.
Sangue freddo e calma, la rampa facile è vicina. La sosta! "Chiodi da
controllare" dice la relazione. Dio fa che le prossime soste siano belle
va la..
Riparte il
mio amico. Questa sarebbe una bella foto, ma preferisco tenere le mani sulla
corda: Agata sta serena che alla salute del tuo papino ci tengo pure io. La
verticalità dei primi tiri è notevole, meno male spesso le mani sono buone,
altrimenti sarebbe un grado nettamente superiore. Altrimenti non saremmo qui,
noi brocchi. "Gran tironi sta via", urlerò al mio amico.
Dalla sosta
si vede chiaramente il chiodo lassu con cordino: il cordino marcio si
dimostrerà irrinunciabile, visto che nel chiodo passa solo lui. Eh se avessi
studiato la relazione, e se non ascoltassi Giorgio: da questo chiodo si
dovrebbe traversare tutto a sinistra e non salire dritto. E io? Salgo dritto! E
sticazzi la ghisa nelle braccia e il marrone nelle mutande. Cercando di andare
a riprendere la via almeno la roccia si dimostra sempre bella e solida: godo.
Lassu vedo cordini in una bella clessidra (quella che sarebbe su L5 di IV grado):
beh, io salgo a fare sosta la, che è ben più bella e comoda!
Tirone e
tironi di roccia, ora riparte Giorgio, alla ricerca di una sosta lassù prima di
uno dei tiri con passaggi più duri della via. Il percorso non nettamente
obbligato lo porta a vagare un po' per la parete, fino a trovare una bella
sosta servita pure da uno spit. Nulla a che vedere con la mia prima sosta alla
quale avevo paura di appendere anche lo zaino!
Ziocaro che
passaggio. Manco si può azzerare. Ma dov'è la manina buona? E il piede buono?
Prova giù, prova su, "Andre tutto bene?" "eccerto, sto prendendo
il the con Hans!". Coraggio, c'è da andare. Passaggio disagevole di sti
maroni. Ghisata di braccia.. Via, passa di la, il rinvio ormai lontano
e..peggiora. Ma non puoi tornare indietro, non puoi volare. Devi andare. Devi.
E quando devo, vado. Con fatica e batti cuore, prima le braccia cedano per la
stanchezza accumulata. Ancora qualche metro di braccia, manco trovo la sosta
brutta, ma la lama di Bernardi (che per me è uno spuntone) è chiara. Sopra
trovo la clessidra e una fessura per friends. Sticazzi!
La relazione
di IV grado spinge il mio amico su dritto fin sotto la fascia strapiombante,
dove amici spit ci attendono per poi andare a cercare la via verso l'alto.
Roccia sempre buona anche sul facile, anche se un po' di detrito viene mosso
dalla corda..
Facile
traverso sotto l'impressionante e continua fascia di strapiombi, invalicabili e
friabili, che in periodi di pioggia devono pure pisciare tanta acqua sotto di
loro. Questo chiodo e clessidra sono un po' meno belli della sosta precedente
ma in fondo..è alpinismo no?!
Giorgio mo
son cazzi tuoi. Anche se da sotto non sembra nemmeno così duro: peccato che
invece lo sia, questo "boulderaccio". Anche lui fa un po' di
balletto, poi parte deciso, e io già mi preparo in modalità Buffon, pronto a
parare una sua caduta (visto che finirebbe in sosta, in braccio a me). Teso
come una corda di violino riesce a salire e rinviare, andata. Traversino poi
diventa tutto più facile e..friabile. Piovono sassi ziocca.
Vado io.
Merda se è dura. Quelle mani fan cagare, il piede sinistro c'è, ma il destro in
aderenza fa paura. Riprovo in altro modo: il balletto dura poco, c'è da andare
che il cielo mi fa paura. "Vinco" il passaggio in modo diverso dal
mio amico, in modalità ancora più boulderosa, ma quando lo vedo..afferro il
rinvio e buonanotte: se volo qua mi schianto sulla cengia, e chissà che sosta
ha attrezzato il mio amico visto il tempo che ci ha messo e la corda che salive
e scendeva.
Dai mo,
verso la cresta che poi è fatta! Fatta una fava, quello che deve venire.. Salgo
sul cristallo e verso sinistra per evitare la sassaiola a Giorgio. Trovata la
cresta proseguo, al vento e con qualche nube in cielo che mi preoccupa. Corda
finita, tempo di sosta: spuntone mio, tieni duro eh!
Finita la via,
ma è presto per stringersi la mano: non commettiamo questo errore. Cambio
scarpe per il mio amico (io sto comodo così), mi faccio 30m di due mezze corde
di bambola addosso (e non sto comodo così), e si riparte in conserva media
protetta. Accidenti se è lunga questa cresta! E pure senza scampo in caso di
caduta..
Un tratto
camminabile conduce alla sella dove partono le doppie. Saliamo in cima? Se non
c'è da camminare mezzora ok.. Se guardassimo la relazione di Iacopelli vedremmo
già che sono 20m, per fortuna ci adiamo a mettere il naso e lo scopriamo da
soli. Che vista, in uno dei cuori del Catinaccio. Ma ancora presto per
stringere la mano.
Giù vero i
vecchi chiodi della doppia. Cambiamo un cordino, Giorgio si cala. Si sposta
subito ad attrezzare l'altra doppia, recupero la corda che scende senza colpo
ferire ma portandosi dietro sassi..era scontato. La seconda doppia data 25m è
invece 30 buoni, e siamo alla sella.
E il canale
è ancora bello innevato. Porco cane, la cosa si complica e non poco. E infatti
ci mettiamo una vita a scendere, scivolando, portandoci dietro massi, sperando
di poter piantare dei chiodi per attrezzare una doppia ma nulla. Tocca scendere
a piedi, insinuandosi tra fianco roccioso e striscia di neve, ma a volte tocca
anche tallonare o scendere faccia a monte con le punte dei piedi che calciano
la neve a cercare solchi. La salita era nulla.
Si cerca di
evitare di mandare sassi in testa a chi sta giù. L'ora si fa tarda, ma il cielo
e i nuvoloni si sono calmati. Almeno questo mi calma la possibile agitazione..
Dove minchia è il sentiero?! Interminabili e poco goduriosi minuti e finalmente
ci ricompattiamo e ritroviamo su terreno più addomesticato. Operazione
"togli i sassi dalle scarpe" e si riparte.
Con calma,
tanto ormai è tardi, arrivare a casa alle 22 o alle 23 cambia poco. E invece
sulla scia dei trail e sulla maratona del catinaccio corsa ieri qui, scendiamo
trottando. Riappare la parete, poi lo spigolo e il rifugio. Che bello anche da
questa angolazione. Calma per calma, anche al rifugio ci fermiamo poco, giusto
il tempo di riassettare lo zaino: non certo per svaccarsi sulle amache che
sognavo stamani..
Ora sì che
possiamo stringerci la mano. Via davvero d'ambiente, pochi e a volte brutti
chiodi (anche in sosta), passaggi atletici e ricerca dei punti di debolezza in
una parete e spigolo aggettanti: ma Dulfer, che due coglioni aveva?! E la
discesa..altro che doppie comode o sentiero camminabile. Diciamo che se c'eravamo
solo noi in via..c'è anche un motivo.
Ma dopo le
tensioni, le maledizioni per i tratti duri, le braccia ghisate e i polpacci
ballerini, gli scivoloni nella neve e il cuore che palpitava sperando la neve
reggesse, mi giro verso il mio amico e "Bene, la prossima volta cosa
andiamo a fare?!" " Eh, la lista è lunga!", perfetto.
Si
corricchia verso valle, le chiappe, pardon, i glutei, che frenando la discesa
si subiscono un bel'allenamento! Fame e sete regnano sovrane, Giorgio chiama
casa e annuncia "Non torno in tempo per cena" e dall'altra parte
"Per forza, è adesso l'ora di cena", touche. Si conclude una giornata
piena..senza birra. questa va recuperata!
Qui altre
foto.
Qui report.
Qui la
relazione migliore.
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