domenica 8 luglio 2018

Siluri, Spigoli e discese: Via Dulfer alla Cima Orientale di Valbona

Assecondare le bizzarre idee degli amici e compagni di cordata. Se già l'anno scorso gli dissi di sì (per poi arrivare al parcheggio e trovare un inaspettato tempo uggioso, piovoso, novembrino), allora vuol dire che come via non era così folle. Non mi preoccupo di studiare troppo la "cosa", e non mi viene il dubbio che forse anche l'altra volta non avevo studiato bene bene il tutto.
Ritrovo alle 2:30. 2, non 14, orari da cascata da ghiaccio, ma non volendo rischiare cordate davanti e volendo del margine sui tempi per finire la giornata in un tempo decente..che le 2:30 siano. Ci si alterna a dormire, e almeno stavolta niente pioggerella in A2, ne a Lavina bianca dove parcheggiamo. Lauta colazione al sacco e via verso nuove avventure.
La tosse che mi frusta da ieri non mi da tregua, e questo può essere un bel problema. Se mi viene un attacco come ieri sono cazzi. E già in avvicinamento noto che non sto mica bene: lento, affaticato, col fiatone. Fiatone da limitare perchè mi irrita la gola, che poi mi fa tossire e addio. Due palle.
Il posto è fantastico. Dolomiti, Catinaccio, Val Ciamin. Si parte bassi, in un ambiente boscoso sovrastato da pareti "sporche" di erba. Il torrente scorre impetuoso in basso, il sentiero parte stretto e poi sfocia su una comoda forestale. Tratti in piano che lasciano respirare dopo le tirate in pendenza. La frontale resta nello zaino, la luce man mano sale e illumina tutto.
Tutto. Salendo la stretta valle curva e si apre, mostrando un paesaggio da cartolina sulle prime torri rocciose illuminate in alto dai raggi del sole. Punta Sella cattura lo sguardo di chi alza il naso: un affusolata guglia che salendo mostra il suo lato C, nettamente diverso dalla sottile prua frontale.
Mannaggia a questa tosse "Giorgio parlo poco per via della gola, sta sereno", io sono un po' meno sereno, son mica sicuro che siamo nei tempi e che riuscirò a salire in questo stato. Il Rifugio Bergamo che si vedeva da valle sembra non arrivare mai. Anche una volta raggiunta la bandiera, l'edificio non è qui dietro ma ancora più in la.
Ora lo Spigolo Nordovest della Cima Orientale di Valbona si vede bene. Già da basso si vedeva, ma la sua possanza era sminuita da altre "cose" intorno che adesso da vicino acquisiscono la giusta prospettiva. Questo siluro invece si staglia verso l'alto: uno zoccolo debole è solo la base d'appoggio a uno spigolone verticale. Come fa a esserci "solo" del V?!
In 2h secche siamo invece arrivati al rifugio, contro ogni mio pronostico vista la mia lentezza e malessere. Malessere che era stato soffocato dall'entusiasmo dell'ambiente che mi circondava, ma che ora torna prepotente coadiuvato dalla paura per questa via. Mommerda se è dritta.
Abbandoniamo le bacchette, scendiamo a cercare il passaggio per superare il torrente e non pestare neve. Chissà il vero attacco dov'è: ma questo è uno zoccolo dalla libera interpretazione. Primo e secondo grado, certo, ma se e solo se prendi la strada "giusta", è un attimo finire su gradi più difficili (non duri, ma nemmeno camminabili). Freddo, accidenti che freddo.
"Chi parte?!" "Gio parti tu, come al solito, tanto i tiri poi sono tutti duri e belli uguale dopo". Tutto lo zoccolo ce lo facciamo in conserva lunga protetta, per risparmiare tempo e perchè le difficoltà lo consentono. Certo è un tipo di progressione rischioso, ma almeno psicologicamente ti mette un pelo più a tuo agio rispetto a quanto fecimo io e Riccardo sullo Spigolo del Velo.. Il sole viene a scaldarci, ma dura poco: la sella a cui puntare per la sosta è evidente, e da quella siamo in completa esposizione nordovest. Buio, aria raffreddata dalla neve nel canalone a fianco ci investe.
Tocca a me. Leggermente a sinistra, trovo il chiodo. Chiamare camino la struttura rocciosa seguente mi pare un po' tanto, ma direi sia qui che bisogna andare. E l'esposizione è già marcata, come pure la tanta corda tra me e l'ultima (unica) protezione che mi separa da Giorgio. Ohpperò, e nemmeno il grado è banale. Sangue freddo e calma, la rampa facile è vicina. La sosta! "Chiodi da controllare" dice la relazione. Dio fa che le prossime soste siano belle va la..
Riparte il mio amico. Questa sarebbe una bella foto, ma preferisco tenere le mani sulla corda: Agata sta serena che alla salute del tuo papino ci tengo pure io. La verticalità dei primi tiri è notevole, meno male spesso le mani sono buone, altrimenti sarebbe un grado nettamente superiore. Altrimenti non saremmo qui, noi brocchi. "Gran tironi sta via", urlerò al mio amico.
Dalla sosta si vede chiaramente il chiodo lassu con cordino: il cordino marcio si dimostrerà irrinunciabile, visto che nel chiodo passa solo lui. Eh se avessi studiato la relazione, e se non ascoltassi Giorgio: da questo chiodo si dovrebbe traversare tutto a sinistra e non salire dritto. E io? Salgo dritto! E sticazzi la ghisa nelle braccia e il marrone nelle mutande. Cercando di andare a riprendere la via almeno la roccia si dimostra sempre bella e solida: godo. Lassu vedo cordini in una bella clessidra (quella che sarebbe su L5 di IV grado): beh, io salgo a fare sosta la, che è ben più bella e comoda!
Tirone e tironi di roccia, ora riparte Giorgio, alla ricerca di una sosta lassù prima di uno dei tiri con passaggi più duri della via. Il percorso non nettamente obbligato lo porta a vagare un po' per la parete, fino a trovare una bella sosta servita pure da uno spit. Nulla a che vedere con la mia prima sosta alla quale avevo paura di appendere anche lo zaino!
E ora, si balla! Salgo pochi metri e poi si traversa a sinistra, esposizione che aumenta sempre di più, un tratto di roccia poco raccomandabile su cui i piedi non possono che finire. E poi il traversone nel nicchione: e mi torna in mente la Ste su Insciobolesomme. Un passo avanti, un passo indietro. Un due, un due, tre no, due uno.
Ziocaro che passaggio. Manco si può azzerare. Ma dov'è la manina buona? E il piede buono? Prova giù, prova su, "Andre tutto bene?" "eccerto, sto prendendo il the con Hans!". Coraggio, c'è da andare. Passaggio disagevole di sti maroni. Ghisata di braccia.. Via, passa di la, il rinvio ormai lontano e..peggiora. Ma non puoi tornare indietro, non puoi volare. Devi andare. Devi. E quando devo, vado. Con fatica e batti cuore, prima le braccia cedano per la stanchezza accumulata. Ancora qualche metro di braccia, manco trovo la sosta brutta, ma la lama di Bernardi (che per me è uno spuntone) è chiara. Sopra trovo la clessidra e una fessura per friends. Sticazzi!
La relazione di IV grado spinge il mio amico su dritto fin sotto la fascia strapiombante, dove amici spit ci attendono per poi andare a cercare la via verso l'alto. Roccia sempre buona anche sul facile, anche se un po' di detrito viene mosso dalla corda..
Facile traverso sotto l'impressionante e continua fascia di strapiombi, invalicabili e friabili, che in periodi di pioggia devono pure pisciare tanta acqua sotto di loro. Questo chiodo e clessidra sono un po' meno belli della sosta precedente ma in fondo..è alpinismo no?!
Giorgio mo son cazzi tuoi. Anche se da sotto non sembra nemmeno così duro: peccato che invece lo sia, questo "boulderaccio". Anche lui fa un po' di balletto, poi parte deciso, e io già mi preparo in modalità Buffon, pronto a parare una sua caduta (visto che finirebbe in sosta, in braccio a me). Teso come una corda di violino riesce a salire e rinviare, andata. Traversino poi diventa tutto più facile e..friabile. Piovono sassi ziocca.
Vado io. Merda se è dura. Quelle mani fan cagare, il piede sinistro c'è, ma il destro in aderenza fa paura. Riprovo in altro modo: il balletto dura poco, c'è da andare che il cielo mi fa paura. "Vinco" il passaggio in modo diverso dal mio amico, in modalità ancora più boulderosa, ma quando lo vedo..afferro il rinvio e buonanotte: se volo qua mi schianto sulla cengia, e chissà che sosta ha attrezzato il mio amico visto il tempo che ci ha messo e la corda che salive e scendeva.

Dai mo, verso la cresta che poi è fatta! Fatta una fava, quello che deve venire.. Salgo sul cristallo e verso sinistra per evitare la sassaiola a Giorgio. Trovata la cresta proseguo, al vento e con qualche nube in cielo che mi preoccupa. Corda finita, tempo di sosta: spuntone mio, tieni duro eh!
Finita la via, ma è presto per stringersi la mano: non commettiamo questo errore. Cambio scarpe per il mio amico (io sto comodo così), mi faccio 30m di due mezze corde di bambola addosso (e non sto comodo così), e si riparte in conserva media protetta. Accidenti se è lunga questa cresta! E pure senza scampo in caso di caduta..
Un tratto camminabile conduce alla sella dove partono le doppie. Saliamo in cima? Se non c'è da camminare mezzora ok.. Se guardassimo la relazione di Iacopelli vedremmo già che sono 20m, per fortuna ci adiamo a mettere il naso e lo scopriamo da soli. Che vista, in uno dei cuori del Catinaccio. Ma ancora presto per stringere la mano.
Giù vero i vecchi chiodi della doppia. Cambiamo un cordino, Giorgio si cala. Si sposta subito ad attrezzare l'altra doppia, recupero la corda che scende senza colpo ferire ma portandosi dietro sassi..era scontato. La seconda doppia data 25m è invece 30 buoni, e siamo alla sella.
E il canale è ancora bello innevato. Porco cane, la cosa si complica e non poco. E infatti ci mettiamo una vita a scendere, scivolando, portandoci dietro massi, sperando di poter piantare dei chiodi per attrezzare una doppia ma nulla. Tocca scendere a piedi, insinuandosi tra fianco roccioso e striscia di neve, ma a volte tocca anche tallonare o scendere faccia a monte con le punte dei piedi che calciano la neve a cercare solchi. La salita era nulla.
Si cerca di evitare di mandare sassi in testa a chi sta giù. L'ora si fa tarda, ma il cielo e i nuvoloni si sono calmati. Almeno questo mi calma la possibile agitazione.. Dove minchia è il sentiero?! Interminabili e poco goduriosi minuti e finalmente ci ricompattiamo e ritroviamo su terreno più addomesticato. Operazione "togli i sassi dalle scarpe" e si riparte.
Con calma, tanto ormai è tardi, arrivare a casa alle 22 o alle 23 cambia poco. E invece sulla scia dei trail e sulla maratona del catinaccio corsa ieri qui, scendiamo trottando. Riappare la parete, poi lo spigolo e il rifugio. Che bello anche da questa angolazione. Calma per calma, anche al rifugio ci fermiamo poco, giusto il tempo di riassettare lo zaino: non certo per svaccarsi sulle amache che sognavo stamani..
Ora sì che possiamo stringerci la mano. Via davvero d'ambiente, pochi e a volte brutti chiodi (anche in sosta), passaggi atletici e ricerca dei punti di debolezza in una parete e spigolo aggettanti: ma Dulfer, che due coglioni aveva?! E la discesa..altro che doppie comode o sentiero camminabile. Diciamo che se c'eravamo solo noi in via..c'è anche un motivo.
Ma dopo le tensioni, le maledizioni per i tratti duri, le braccia ghisate e i polpacci ballerini, gli scivoloni nella neve e il cuore che palpitava sperando la neve reggesse, mi giro verso il mio amico e "Bene, la prossima volta cosa andiamo a fare?!" " Eh, la lista è lunga!", perfetto.
Si corricchia verso valle, le chiappe, pardon, i glutei, che frenando la discesa si subiscono un bel'allenamento! Fame e sete regnano sovrane, Giorgio chiama casa e annuncia "Non torno in tempo per cena" e dall'altra parte "Per forza, è adesso l'ora di cena", touche. Si conclude una giornata piena..senza birra. questa va recuperata!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la relazione migliore.

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