sabato 20 ottobre 2018

Magica Val Canali autunnale: Via del Pilastro alla Cima del Coro

Alla Val Canali sono particolarmente legato. Ci ho passato varie esperienze e in vari ambiti: dall'essere allievo all'essere istruttore, dal trekking all'arrampicata. o dato qui il mio esame da istruttore sezionale e pure una delle tappe dell'esame da regionale. Ho salito quello che probabilmente è stato il primo vione dolomitico, la Castiglioni Detassis alla Pala del Rifugio. Perciò tornare in questa valle equivale ogni volta sentirsi un pelino a casa.

Visto il meteo terribilmente clemente per la stagione e le temperature quasi di fine estate, con Giorgio decidiamo di sparare quella che forse sarà l'ultima cartuccia dolomitica. Ultima perchè si spera che il meteo volga a diventare veramente autunnale e sia per impegni che nelle prossime settimane spero mi assorbano completamente. La Franceschini è entrata nella mia todolist quando sali la Gadenz giusto a fianco, e siccome il mio amico mi aveva detto ce fosse anche nella sua di lista, perché non andarci?

Visto il nostro scarso livello arrampicatorio ci tocca partire presto in modo da sfruttare al massimo le ore di luce del periodo. La via non è lunga, ma noi di solito non siamo certo delle lepri sul verticale. Dopo una lauta colazione al sacco alle 6:45 ci incamminiamo dal parcheggio sotto Malga Canali.

La salita al Rifugio Treviso me la ricordavo molto ma molto più lunga: mi sembra addirittura che i tornanti siano drasticamente diminuiti in numero. Il giorno tarda ad avvolgerci, sembra pigro anche lui. La veste autunnale del bosco invece esplode nei suoi colori e nella quantità di foglie a terra.

Continuiamo per la nostra strada, puntando alla parte alta della Val canali, uscendo ben presto da un bosco pure poco umido ed entrando man mano nei prati brulli delle Dolomiti delle pale di San Martino.

Il sole è lento ad arrivare, Ma questo non è un male visto che siamo già belli sudati nonostante il poco abbigliamento. Il sentiero a tratti si inerpica, ma non sembra mai di salire più di tanto: inizio a chiedermi quanto tempo ci metteremo per arrivare all'attacco se non riusciamo a guadagnare quota come dovremmo

La Cima del Coro è ben visibile fin da valle col suo caratteristico buco da cui prende il nome (si narra che quando tira vento da quel foro esce un suono che sembra la voce di un coro). Man mano che ci si avvicina, la sua parete sud acquista in ampiezza, ma grazie ai dossi erbosi che ne stanno alla base continua sempre rimanere irraggiungibile.

Prendiamo il sentiero per la ferrata Fiamme Gialle chiedendoci quand'è che dovremmo tagliare per andare verso l'attacco della nostra via. Mi aspetterei di trovare una traccia piuttosto chiara e netta, degli ometti: e invece continuiamo a non trovare nulla finché non decidiamo che sia ora di tagliare verso sinistra.

Dopo un po' un ometto ci conferma che dovremmo essere nella direzione giusta, anche se non ne siamo mai sicuri. Data la frequentazione, mi aspettavo invece di trovare qualcosa di molto più marcato, e quindi titubo sull'esito della giornata che invece filerà tutta liscia o quasi.

Raggiunta la caratteristica forcellina dell'attacco (intuiamo che sia questa anche dal fatto che oltre c'è il baratro), siamo ahimé ancora all'ombra: e a star fermi ci si raffredda presto. Soprattutto le mani, che anche se Detassis e sosteneva il contrario, ci serviranno parecchio per arrampicare

Parte Giorgio come nostra consuetudine, e il primo tiro scorre più liscio di ogni più rosea aspettativa. Preludio a una giornata quasi senza problemi e intoppi. Solo le manine belle fredde e dalla sensibilità paragonabile a un tronco secco ci daranno "fastidio" (i ciccioni dolomitici coprono il sole senza farne arrivare i suoi caldi raggi sulla nostra zona di arrampicata.

Vado io e l'arrampicata banale del primo tiro si trasforma subito in qualcosina di un pelino più tecnico, ma proprio un pelino eh. Altro preludio a una giornata di arrampicata divertente e ludica Dalla sosta però osservo già il tiro chiave col suo cordone penzolante..

E niente, a Giorgia toccano i tiri dispari e quello chiave è..dispari. La partenza già non è banale con quella fessura in leggero strapiombo, ma il peggio deve ancora venire. E le mani devono ancora raffreddarsi bene a contatto con questa roccia che continua a rimanere nel congelatore ombreggiato. Il mio amico prova e riprova il passaggio coi due chiodi e cordino, scusandosi del fatto che ci stia mettendo molto tempo: scusa un cavolo, maledetto e io sono qui a congelare. Finché, rassegnato dalla certezza di un volo, lo vedo fare ciò che succede raramente a lui: azzerare. Anche quando toccherà a me un bel resting sarà necessario per cercare di scaldarsi le dita con un po' di fiato caldo punto

Bene dai ora dovrebbe essere quasi tutto in discesa. Mi preoccupa solo il fatto che adesso la via rischia di essere un pochino più di ricerca. E invece no, dopo il passeggino atletico alla partenza, sbuco al sole (orgasmo) e poi si svirgola sulla parete del Pilastro passando due soste intermedie e fermandomi alla mia, goduriosamente al sole

Molto bene, panorami stupendi, soltanto noi nella valle, finalmente un sole tiepido che ci coccola. Possiamo proseguire come in una delle più belle favole, con Giorgio che sale su roccia articolata per poi infilarsi in una sorta di diedro dietro quel naso roccioso.

Tocca a me adesso avventurarmi con entusiasmo su questa roccia articolata è ben proteggibile. E meno male che è ben proteggibile perché lungo tutta la via troveremo sì le soste, ma in mezzo soltanto un chiodo intermedio (e solo sull'ultimo tiro.

Sale ora mio amico il divertente camino appena a destra della sosta. Peccato solo che la sosta (quella dove sono io) è completamente esposta a qualsiasi detrito che possa cadere dall'altro, e nel proseguo dei metri di salita del mio compagno di cordata ne iniziano a cadere, magari non per colpa sua ma per colpa della corda: le mutande si sporcano un po'.

Ora che pensavamo che fosse andato tutto bene e che fosse tutto in discesa, realizziamo che gli ultimi tre tiri presentano tutti del IV+. E quello che ora tocca a me dice pure di avere il passeggino chiave su roccia non proprio ottima. Apriti cielo, la testa si chiude e salgo come se fossi sopra bicchieri di cristallo. Il traverso del passaggio chiave del tiro è veramente esposto ma la roccia non è poi così male fatto salvo per due o tre punti che si vorrebbe tirare o pestare con tutto il mio non leggiadro peso..

Anche il tiro di Giorgio però non scherza in fatto di esposizione: se ne esce dalla sosta con un bel po' di metri di vuoto sotto i piedi, per poi sparire alla mia vista dietro a uno sperone roccioso. Bellissima arrampicata, quella che piace a me, verticale ma appena ammanigliata e molto esposta. Unico tiro in cui a voce non riusciamo a sentirci, ma siamo affiatati a tal punto da riconoscere i movimenti delle corde come dei segnali e regolarsi di conseguenza.

Bene, Gheorghe ha finito e invece a me tocca l'ultimo tiro, che presenta tre possibilità di uscita e noi ovviamente cercheremo di prendere quella più bella..nonche più dura. Nonche sottogradata. Già che ti dicono che è difficilmente proteggibile, in più da sotto ti sembra ben più dura di quello che dovrebbe essere e quando ti trovi in mezzo ne hai la conferma: ghisa fiatone e sbuffi sono assicurati.

Salgo senza ben capire quale sia la migliore tecnica da adottarsi, sarebbe bello poter salire in spaccata ma la fessura è troppo stretta e una parete non è orientata nel modo giusto. Sarebbe bello poter salire issandosi sulle braccia, ma non ci sono prese nette. Tocca più spesso cercare di salire incastrandosi come un nut dentro la fessura appena si può. La fessura poi termina con un piccolo strapiombo anche questo da superare con decisione. Dei bei lunghi minuti interrotti soltanto dalla convinzione che o ci provo adesso o mi do una ghisata che volo di sicuro.

Beh, vedere che anche il mio amico non sale fluido ma tentenna parecchio mi rincuora un po' sul fatto che quest'ultimo tiro fosse veramente duro. Ora siamo su, e c da andare giù: la discesa me la ricordo non banale, perciò  presto per il Mars di vetta, la stretta di mano e le congratulazioni. Non  presto per ammirare il panorama intorno però.

Dubbiosi se calarci da qui o cercare altrove, Giorgio va in avanscoperta in cima e poi verso destra e trova una calata: lo raggiungo, sembra logico scendere da lì. Sempre che sia la stessa calata menzionata nella relazione, dovrebbe essercene una poco pi sotto per spezzare la doppia ed evitare difficili recuperi delle corde. ma non la troviamo, arriviamo fino giù e..le corde non vengono. Prova, tira, spostati, sento già le pale dell'elicottero che ci vengono a prendere. Invece dopo una mezz'ora di tentativi e i tricippiti ghisati, troviamo l'angolazione giusta per farla scendere.

Ora però una sosta nei pressi del buco del coro ce la concediamo Come tempi siamo andati pure bene, il meteo regge, perciò mangiamo e beviamo e con calma contemplando l'ambiente tutto per noi. Un messaggio a casa e poi giù, sbucando sul fresco gelido versante nord della montagna. Mi ricordavo pure una discesa pi lunga, e invece in poco cammino e con una doppia arriviamo alla forcella che riporta sul lato sud (sudest).

Lasciamo il lato nord, ma qui siamo completamente esposti al vento e all'ombra, sopra un budellino freezer e in mezzo a rocce che ti aspirano il calore. Scendere rapidi, che appena 3m sotto si sta già meglio! Due doppie per passare il tratto pi ripido del camino-canale, poi si può tranquillamente camminare e disarrampicare per tagliare a sinistra sulle verticali cenge.

Ora come camosci che cercano l'erba migliore (uh ma ce paragone da innumerevoli sensi), ci avventuriamo in piena parete dove non bisogna mettere il piedi in fallo. Ma di nuovo, mi ricordavo molto peggio: che non fosse per l'ansia e compagnia di quella volta? Ecco il cavo della ferrata, poche decine di metri di metallo e siamo sul sentiero.

Cavolo, e non abbiamo ancora acceso la frontale! Miracolo vero.. Non ci resta che scendere senza fretta godendoci questa giornata autunnale (ce assomiglia di più a una tardo estiva). I prati ce si tingono di luce fioca, il sole ce scompare dietro le cime più alte, le nebbie ce avvolgono la Cima del Coro. Magie della Val Canali che non descrivo a fondo perchè le parole non gli darebbero giustizia. Forse le foto un po' di più.

Belli arzilli e allegri arriviamo all'auto, 12h a zonzo. Fame e sete si risveglieranno al primo boccone, dopo di chè il sonno prenderà il sopravvento. Alternati alla guida, termino io il turno del viaggio mangiando tutto ciò che c nell'abitacolo, per poi sentirmi dire "hai tolto il pane di bocca a mia figlia".

Qui altre foto.
Qui relazioneguida.
Qui e qui report.

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