sabato 9 febbraio 2019

C'era una volta la Val Daone: Cascata Ribor

La Val Daone era il paradiso delle cascate di ghiaccio: se ne trovavano per tutti i gusti, a tutte le esposizioni, a tutte le altezze. Quello che era il bacino idrico del nord Italia forniva una gran quantità di acqua da donare al freddo per formare queste spettacolari sculture di acqua solida. Poi venne il nuovo clima. Autunni sempre meno piovosi, inverni sempre più caldi, e questo paradiso piano piano svanì. Imperterriti e speranzosi però gli Ice climber continuano a recarsi in questa chiusa valle armati di piccozza e ramponi.
E anche noi facciamo parte di questi speranzosi. Viste le condizioni meteo e le nevicate recenti optiamo per questa valle sicuri che qualcosa possa regalarci. La telefonata a Placido di venerdì sera però uccide già i nostri programmi: si narra che la cascata che volevamo fare non c'è.
Vabbè dai poco male, se non c'è lei ce ne saranno intorno, in Val Daone ce ne sono sempre! Ci incamminiamo decisi sulla strada che si addentra nel cuore del Gruppo dell'Adamello. Venti centimetri di neve ci accolgono appena dietro la sbarra, il cielo è limpido e la giornata sembra volgere al meglio. Almeno dal punto di vista del meteo.
Man mano che saliamo i centimetri di neve a terra aumentano: c'è una traccia piuttosto marcata ma è comunque sfondosa e quindi faticosa. E man mano che si sale diminuisce la traccia e aumenta la neve, fino a diventare un buon mezzo metro nei pressi di Machu Picchu dove ormai è chiaro da centinaia di metri che solo poche persone sono arrivate fino a qui.
Arriviamo sotto la porta del sole e non possiamo che dà ragione a Placido: la cascata non c'è. Quel personaggio famoso per narrare condizioni ottimali di ghiaccio anche a Ferragosto questa volta ci aveva detto giusto. Tre ragazzi stanno tornando indietro: sono quelli che hanno tracciato la pista stamattina. Questo vuol dire che per arrivare Excalibur c'è da tracciare: ma vedendo anche quanto è coperta Machu Picchu e Giazzo Pazzo, Excalibur sarà probabilmente nelle stesse condizioni, ovvero ghiaccio a chiazze in mezzo alla neve e quindi con tutta probabilità di pessima qualità.
Non resta che girare i tacchi e tornare indietro e pensare a un piano B, anzi C. La discesa, se può chiamarsi discesa, è un continuo tentativo di far uscire le anche dalla propria sede, con lo scarpone che affonda nella neve modellandola in modo strano scivolando ai lati o all'interno. Incrociamo pure un sacco di gente che sale nella speranza come noi di trovare del ghiaccio. Undo' annate?!
Siccome siamo qui, tanto vale andare a vedere la Regina del Lago come sia messa: l'hanno salita pochi giorni fa quindi di ghiaccio ce ne dovrebbe essere. Il problema è che con tutta probabilità ci saranno anche un sacco di cordate a salirla. Al parcheggio infatti le macchine sono veramente tante, e giunti in vista dell'attacco della cascata si notano almeno due primi di cordata, mentre gli altri sono nascosti dietro un angolo. Ce ne stiamo lì a guardare e a pensare a cosa fare, ma alcuni secondi sembrano piuttosto goffi, e quando da dietro l'angolo appaiono altri due primi decidiamo rapidamente per girare i tacchi anche da qua.

Placido aveva detto bene riguardo alla Cascata Porta del Sole, e al telefono mi ha aveva consigliato di andare a fare la Cascata Ribor. Sta a vedere che magari dovevamo seguire i suoi consigli fin dall'inizio: andiamo a vedere questa che consiglia. Anche se trovarla sarà semplice ma non banale.

Andiamo in macchina fino al paese traditi dal navigatore, risaliamo e notiamo la cascata laggiù sulla sinistra. Coi mezzi antichi (la cartina) riusciamo a trovare il ponte giusto da attraversare per passare dall'altra parte della valle. Chiesto indicazioni a due boscaioli ci confermano che la strada sia quella giusta ma ci avvertono che non sanno fino a dove riusciremo a salire in macchina.

Strada stretta e ben presto catene necessarie: anche se siamo in basso qualche lastra di ghiaccio o di neve pressa rende difficoltosa la salita. La strada poi termina in una casa, dove un cane poco ospitale ci fa capire che non sia aria. Eppure il posto sembra quello giusto: soggiorniamo un attimino per vedere se esca il padrone a cui poter chiedere indicazioni oppure se possiamo parcheggiare lì, ma nulla. Ci sono tre macchine nel suo giardino, ma siamo sempre più convinti che siano altri cascatisti che forse non hanno avuto nostra stessa sensibilità nel non parcheggiare in una proprietà evidentemente privata
Scarichiamo zaini attrezzatura dalla macchina, e Giorgio mi abbandona qua per scendere a cercare parcheggio: impresa non di poco vista la strada stretta e la mancanza di slarghi. Una volta tornato proviamo ad andare a naso a cercarla 'sta cascata, seguendo anche delle tracce di umani davanti a noi. Messi piedi in un sentierino che costeggia un torrente, ci addentriamo nel suo letto e ben presto scorgiamo una bella massa di ghiaccio. Qualche passo sui lati a risalire massi accarezzati dall'acqua, e siamo alla base della cascata Ribor.
Non è che sembri proprio in formissima, con quel zampillo lassù e nella parte centrale. Ma di ghiaccio da salire pare essercene e una cordata lassù in alto sembra confermare ciò. Rischiando la vita per spostarci sulla destra senza scivolare sul ghiaccio nascosto sotto la neve, ci portiamo in un comodissimo posto per ramponarci e legarci. Giorgio tenta di perdere le moffole, ma per fortuna il loro tentativo di mimetizzazione non sfugge ai miei occhi
Parte il mio amico, supera i primi metri muovendosi un po' guardingo su tutte quelle medusette, ma poi prende il largo sgusciando alla ricerca del ghiaccio migliore e proteggibile. A metà corda mi urla se può proseguire, "ma certo Giorgio che puoi andare più avanti, abbiamo attaccato la cascata quasi alle 12:00, prima finiamo meglio è", corda!
Scompare alla mia vista e quando mancano pochi metri sento che finalmente è in sosta. Tocca a me, e nonostante le temperature non dovrebbero essere troppo rigide a livello climatico, qui mi prendo una congelata da ribollita quasi da pianto.
Bene, ora sono pronto al capolavoro. Il capolavoro della cazzata! Dalla sosta fatta da Giorgio, che ha concatenato due tiri, si proseguirebbe su ghiaccio poco inclinato per poi andare infilarsi dentro una goulottina a destra. Impossibile proseguire dritto o a sinistra visto che la cascata è aperta e "rigogliosamente liquida".

I primi metri dopo la sosta sono tranquilli, poi arrivano le spicozzate e ramponate date in un ghiaccio che fa un rumore sordissimo sotto questi colpi: spero solo che regga perché anche le viti non sembrano dare un buonissimo affidamento vista la poca resistenza che incontrano negli ultimi giri di infissione.

Trallallero trallallà mi infilo verso destra sotto la goulottina, che dalla pendenza non pare essere impossibile. I primi metri sono molto divertenti anche se improteggibili, poi man mano tutto si stringe la roccia prende il sopravvento a destra e nella rigola centrale quel poco ghiaccio viene sostituito da neve non portante.
Lentamente e inesorabilmente le mutande si tingono di marrone, la roccia a destra lascia posto a del bianco, ma poco affidabile. Mettere giù viti non se ne parla, piccozze e ramponi cercano il materiale più solido dove infliggersi, ma una picca tenta di scalfire la roccia, invana. Quell'albero lassù che mi permetterebbe di sostare tranquillamente sembra sempre più lontano.
Un piede letteralmente sopra l'altro in questa stretta strisciolina, quando invece se avessi guardato bene a sinistra c'è un paretone di ghiaccio: ho visto la ghigliottina e mi si è spento il cervello. Una radice mi permette di tirar fiato e mettere giù un cordino con un rinvio, due passi e sono all'albero di sosta finalmente.
Pure al limite della corda: ne sono rimasti solo un paio di metri. Do un'occhiata giù a vedere il run out e anche a scoprire quella bella distesa di ghiaccio che se mi guardavo a sinistra potevo prendere e cagarmi meno addosso. "Giorgio non salire dove sono passato io ma tieniti più a sinistra ed esci per di lì perché sopra di me c'è troppo misto per dolci".
Giunto alla mia altezza, giro il ragazzo su mezzo Barcaiolo e ben presto scompare alla mia vista. Ma vedo la corda che scorre svelta quindi vuol dire che il terreno è pianeggiante. Inizia recuperarmi, urlo come un matto di non tirare visto che devo compiere un traverso delicato ma evidentemente lui sente l'esatto opposto e mi tira come un suino. Porcaccia la miseria!
In effetti ora ci troviamo su un pianoro ghiacciato sopra il ruscello con a pochi metri un salto di una quindicina di metri. Lascio ripartire Giorgio visto il tiro ciofeca che si è fatto: lo vedo salire giusto a fianco di una zampillo importante, vediamo se si congela come un pollo.
Lo raggiungo, è davanti a noi non sembra esserci la possibilità di proseguire, mentre le tracce di chi ci ha preceduto salgono verso sinistra. Bene seguiamole, ma seguendole proseguiamo sul ruscello e arriviamo a un punto dove occorrerebbero delle gambe di quattro metri l'una per poter superare con un salto l'interruzione di ghiaccio. Ben più avanti si scorge quello che deve essere l'ultimo salto della cascata, ma è completamente aperto.
Tornati sui nostri passi vediamo che le tracce salivano ancora più a sinistra faccia monte, e seguendole scavalchiamo un crinalino per portarci poi sulla strada da intraprendere in discesa. Possiamo tirare un sospiro di sollievo, e iniziare a parlare del più e del meno e di tante cazzate. Ma a volte anche di cose troppo serie.
Certo che però questa strada se la prende veramente larga: ci allontaniamo sempre di più dalla cascata e inizia a sorgere il dubbio di arrivare fino al paese. Poi una stradina sulla sinistra ci invita a essere presa, ma di chilometri dobbiamo ancora macinare prima di tornare alla strada che abbiamo salito stamattina in macchina, per poi scendere la verso lo spiazzo dove Giorgio è riuscito a parcheggiare la macchina.
Una giornata che sembrava andare palesemente in vacca è stata raddrizzata. Praticamente abbiamo raddrizzato una vacca!

Qui altre foto.
Qui la guida.
Qui e qui report.

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