sabato 26 gennaio 2019

Il Mars può attendere: Canale di San Viano e Cresta della Roccandagia

Chi fa alpinismo con me conosce bene la tradizione del Mars: sulla cima, o a fine via, o al termine della cascata: insomma quando l'ascensione può decretarsi finita e manca solo la discesa, divido il mio dolcetto di giornata con le persone con cui l'ho condivisa. In realtà "l'ascensione può decretarsi finita" vuol poi dire che sono finite le difficoltà, che a volte ci sono anche in discesa... E oggi ho dovuto aspettare fino alla macchina.

In Orobie di certo le condizioni sono buone, ma la sveglia e il dislivello spaventano troppo gli altri. In Appennino troppa fresca con zero trasformazione, in Piccole Dolomiti idem. Non resta che sperare nelle Apuane, che con quel clima tanto vicino al mare trasformano molto velocemente la materia prima scesa da poco. E invece..
Fino alla colazione la meta è ancora indecisa. Alla fine facciamo decidere al nostro cicerone Luca, che conosce nettamente meglio queste montagne di noi. Imbocchiamo quindi il bivio per la Val Serenaia, ma dopo poche decine di metri troviamo un auto che sta montando le catene in quanto la strada non è per nulla pulita e già si vedono lastre di ghiaccio. Nuovo cambio di idee e partiamo per Campocatino.
Non che la strada sia più pulita, anche quella di servizio merita attenzione, ma riusciamo comunque a raggiungere il paese senza montare le catene. Dal parcheggio la vista sulla nord est della Roccandagia è già qualcosa che apre il cuore all'alpinismo: Madonna che paretone angusto!
Il paese di Campocatino poi in realtà un insieme di vecchie case alcune delle quali ancora abitate, ma se no per il resto sembra di essere in un posto disabitato da decenni. Solo la statua di David Bowie gli da un tenore moderno. E intanto mentre ci prepariamo ci godiamo l'alba. Saremo di nuovo qui esattamente al tramonto.
Ci incamminiamo sul sentiero in mezzo al bosco, il caldo si fa già sentire e la neve si rivelerà già mica buona. Ma si continua a sperare. Allegramente proseguiamo l'avvicinamento a quello che sarebbe il nostro obiettivo principale, anche se abbiamo già il presentimento che rimarrà soltanto una voglia: Luca pensava si fosse molto più freddo, tutti pensavamo ci fosse molta più neve, tutti speravamo fosse molto più trasformata.
Giunti bene in vista del paretone che avremmo voluto salire, ci mettiamo il cuore in pace che oggi non sa da fare. È già tutto al sole, nella parte alta non si vede neve, non ci sono vie di fuga agevoli a destra o a sinistra. Dietrofront per andare a cercare il canale di San Viano, che in qualche modo si dovrebbe riuscire a salire visto che lo salgono anche d'estate come sentiero
Inizia così la ravanata a vagare in mezzo al bosco per cercare di uscirne col canale davanti. Un faggio stile Baobab mi incanta, accidenti che diametro! Su questo ripido bosco meglio calzare i ramponi per cercare di proseguire evitando di scivolare ogni passo. Anche se i buoni e cari Blade Runner costruiscono uno zoccolo sotto di loro che altro che trampoli!
Il primo approccio si rivela però sbagliato, siamo troppo a destra: cerchiamo allora di riportarci verso il Tambura a scoprire il nostro canale. Federico e Luca passano avanti mentre io e Mirco gestiamo l'abbigliamento: la svestizione. Li ritroviamo fuori dal bosco con la faccia allibita per aver appena visto un cinghiale ruzzolare giù dalla montagna rimbalzare varie volte sui sassi neve e alberi, e poi rivederlo camminare bellamente nel bosco più in basso. Accidenti che scorza, stile leopardo delle nevi!
Luca sostiene che siamo davanti all'attacco del canale, anche se a me la cosa lascia un po' perplesso visto che l'immagine sembra molto diversa sulla guida. Però lui conosce meglio la zona e in effetti alla base c'è un ometto. Saremo davvero sulla strada giusta? Siamo già in pieno sole, accaldati, neve patocca con sotto poca portanza, e un salto di misto già davanti a noi. Apuane, eccole!
Luca parte deciso armato dei suoi bastoncini, ma vedendo le difficoltà che incontra a superare il primo saltino di misto, noi sfoderiamo già le picche. Si prosegue tranquillamente su pendio poco ripido e non ancora incassato, ma comunque con neve mica tanto buona.
Il caldo si sente, e l'irraggiamento solare con riverbero fa il resto. Mirco si mette in modalità braghe corte slacciando le cerniere dei pantaloni: uno spettacolo al limite del grottesco che però mi ricorda me ai primi tempi quando facevo uguale. Proseguiamo allegramente ma consci che c'è da darsi un po' una mossa visto l'orario e l'esposizione, anche se la scarsa neve nei versanti ai lati non ci fa temere di finire sotto valanghe
Anche Luca tira fuori le piccozze: iniziamo ad alternarci al comando, battendo traccia un po' per uno, anche perché qui ce n'è tanta di traccia da battere. Soprattutto quando passa avanti Federico, che giunto a una strettoia caratteristica getta la spugna lasciandomi passare avanti. Accidenti che ravanata questa!
Nonostante dall'immagine sulla guida il canale sembrasse bello dritto, delle curve ne fa, e man mano scopriamo le sue sorprese. Tra le quali ecco un bel salto di misto roccioso che presenta sulla destra un diedro con scarsi appigli e alti appoggi e a sinistra una paretina di misto neve roccia terra che non si sa bene come prendere.
Luca tenta nel diedro, ma ben presto lo abbandona per andare sulla paretina. Riesce a salire, ma una volta giunto in alto è meglio che ci lanci giù la corda per affrontare questo tratto in sicurezza. Soprattutto visto che trova uno spit per fare la sosta. Mentre siamo lì che aspettiamo il buon Federico si accorge di non aver ancora l'imbrago addosso e allora in uno dei posti più comodi del mondo deve sedersi e avere la badante Mirco che gli dà una mano.
Affrontare questi tratti con la corda dall'alto è tutta un'altra cosa. Raggiungo in breve Luca, e mentre io recupero gli altri due lui riparte a vedere come prosegue il canale. Ben presto si ferma perché c'è un altro salto roccioso: lascio allora salire Federico che si è portato dietro l'altra corda mentre io recupero Mirco.
Abbandono la sosta, riparto legato visto che lo siamo già, e dopo una trentina di metri trovo Federico alla base del salto roccioso che Luca ha già superato, ma che lui è ancora lì a guardare. In realtà lo aveva superato per metà ma non fidandosi è poi sceso. Peccato solo che sia lui ad avere ancora la corda e Luca no. Mi lancio allora a superare questo tratto.
Apuanismo a mille, e sosta su fittoni non essendoci null'altro intorno e avendo ancora il materiale bene sparpagliato tra tutti, quindi non in modo corretto tra primi e secondi di cordata. Recupero Federico con la mia corda, che da secondo si beve il passaggio, e intanto porta di nuovo la sua corda a Luca: magari stavolta si legano e la usano anche loro.
Tra difficoltà tecniche crescenti e canale che si incassa sempre di più, l'ambientino sta diventando godibile. Riparte Mirco, un passettino scoperto e supera la sosta dove si sono fermati Luca e Federico, per poi ripartire per l'ultimo saltino di misto. Ben più appoggiato degli altri ma anche più terroso e fangoso. Ci mancava solo il fango per farmi maledire il non antizoccolo dei miei Blade Runner.
Mi guardo intorno per ammirare il paesaggio, soprattutto guardo giù ad ammirare questa bella linea di salita e all'orizzonte per scrutare le Apuane Mediterranee innevate. Nel mentre Mirco sale e sento Luca esclamare ai due ragazzi davanti "Siamo al giardinaggio!". In effetti l'erba Inizia a diventare sempre più preponderante: il rumore delle picche da quick quick diventa ciaf ciaf
Speravo fossimo ormai alla fine, e invece della sosta riparto per l'ultimo tiro verso la cresta, su classico terreno da Appenninismo: terra fango erba neve scarsa qualche roccetta qua e là. Ma quanto è bella e panoramica la selletta con la quale si arriva in cresta!
Cavolo, è pure tardi come orario.. Luca e Federico si sono slegati, però a vedere che terreno ci aspetta almeno per la parte iniziale converrebbe usare la corda visto che l'abbiamo. Si rilegano e parte Luca, seguito da Federico e infine Mirco.
La parte iniziale della cresta consiste più in una paretina di misto da risalire, e una volta giunti sulla cresta..questa è davvero affilata, ma soprattutto instabile e polverosa. Questo ancora non lo vedo, ma vedo gli altri muoversi in modo piuttosto lento e guardingo, non proprio disinvolto.
Date le difficili possibilità di proteggersi, Luca e Federico si sono slegati mentre Mirco mi recupera da un raro spuntone. Quando arrivo in cresta..minchia che affilata. Lyskamm chi? Io qua mi son cagato addosso ben di più che sulla famosa traversata alpina.
Mentre gli altri due hanno ormai preso il largo, supero il mio compagno di cordata e riparto legato: almeno finché non troviamo un posto comodo per fare qualche manovra non mi sembra il caso di fermarsi e farle sul bilico del baratro. Arriveremo in cima ancora legati. Così come la neve nel canale era mediamente merdosa, ovvero patocca e non portante, qui sulla cresta è farina appoggiata su sassi instabili o placche. Goduria.
Per fortuna almeno non è lunghissima, perché a muoversi qui mi sembra davvero di essere un bradipo, e pure in fase rem. Ho fatto bene a non tirare fuori il Mars alla sella. Bisogna ammettere che è un tratto iperpanoramico: e per forza a destra e sinistra la parete scivola per centinaia di mettere ripidi!
Eccomi in cima dove gli altri due aspettano già da un po'. Fichi, anche il proseguo della cresta non è proprio plaisir. Mi sa che in cima al Tambura non ci arriveremo mai, troppo tardi. Recupero Mirco, e la nostra pausa è piuttosto breve mentre Luca e Federico aprono la pista sulla cresta Sud verso il Tambura. Tra fretta e "l'attenzione ancora non può calare", meglio aspettare ancora per il Mars.
Il piano è arrivare su quelle tracce e da lì seguirle e scendere verso la valle del Passo della Focolaccia da dove siamo saliti l'altra volta, per poi trovare il modo tramite sentiero o marmifera di tornare alla macchina.
Attenzione a mille su questa farina su placche, ma escluso un saltino che superiamo assicurati stile Whymper, il resto con un po' di calma è già più fattibile, anche se sempre affilato. Io spererei trovare un ancoraggio di doppia per potersi calare verso destra e scendere più agilmente e senza patemi, ma nulla. E anche mettere giù qualcosa risulta piuttosto difficile.
Luca che con questo tipo di terreno ha ben più feeling invece, prosegue tranquillamente sulla cresta risalendo la un po' per poi scendere per un pnedio che da lontano sembrava ripidissimo, ma che quando ci sei dentro è invece più fattibile. E quanta neve fresca da riporto.. sembra che ce ne sia un metro! Inoltre, con nostra sorpresa, scopriamo che le tracce che si vedevano non erano di persone ma di una bestia. Speriamo non sia il cinghiale che si è lanciato dal burrone stamattina ma qualcosa di più furbo e alpinistico.
Continuiamo la discesa a nuotare in mezzo a neve fresca per poi fermarci su un balconcino dove Luca tira fuori la cartina per capire dove e come poter andare. Optiamo per cercare il Sentiero che porta al Passo della Tombaccia, e poi seguirlo fino a Campocatino. Magari. Qualcosa mi dice che anche qui il Mars è troppo presto: mi faccio un panino va la.
La prima parte della discesa dal balconcino è ancora fatta nuotando in un buon mezzo metro di neve fresca evidentemente riportata tutta dal vento. Si cerca di attraversare senza scendere per non perdere quota e prendere il sentiero. Sentiero ovviamente nascosto in mezzo alla neve. Sentiero che in realtà passa giusto appena sopra la cava, quindi si poteva anche scendere a lei.

Meno male che il Mars non l'ho tirato fuori nemmeno sul balconcino: fino al Passo della Tombacaccia (in realtà anche un pochino più avanti) il sentiero è quasi un traverso. Solo che spesso su neve veramente dura (svalangata) oppure su ghiaccino nascosto sotto una spanna di neve fresca.
Il cocktail formidabile per lo zoccolo sotto i ramponi e per scivolare malamente verso valle per una (per questa) stupidaggine. Diciamo pure che piccozza e ramponi li usiamo veramente solo adesso, in traverso su pendenze accentuate per la piallata che la neve ha dato al versante, con le punte dei ramponi e le lame delle piccozze che mordono bene la materia bianca per aggrapparsi ad essa.
Sarà perché la discesa è sempre così, sarà perché pensavamo di non trovare queste difficoltà, sarà per il buio che incombe, ma questa sembra stia diventando un'epopea. Col tempo che non scorre, o che scorre troppo veloce, raggiungiamo quello che per Luca è familiare, ovvero il fatidico passo.
Ma da qui ancora non è completamente finita, ancora qualche traverso e discesa in neve piuttosto dura e tratti semiattrezzati finché il sentiero non si allarga diventando piuttosto netto, e non più nascosto sotto la neve da cercare. Grazie ai segnavia CAI e alle tracce di una bestia che ci ha preceduto, questi ci sta guidando verso la salvezza.
La vista della parete Nord Est della Roccandagia ci fa finalmente capire di essere sull'ultimo versante da attraversare, e probabilmente anche molto vicino alla macchina. Alla fine ci arriviamo col sole che tramonta. Una giornata dall'alba al tramonto, e dopo una birra al bar finalmente possiamo mangiarci il meritato quanto agognato Mars: non può più attendere.

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Qui la guida.

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