domenica 16 giugno 2019

La via della Corda Tesa: tentativo al Pizzo Cassandra

Non tutte le ciambelle riescono col buco, ma anche senza buco possono essere ugualmente dolci, o anche di più. E questa volta niente buco, manco un buchetto, ma molto molto dolce. Niente nordest, niente normale, ma la buona compagnia.
Dopo l'infruttuosa uscita del Corso AG1 del Cai di Carpi, infruttuosa ma piacevolissima, torno al Rifugio Ventina in compagnia di Stefania. Partenza sabato con calma, viaggio tranquillo passando addirittura per l'Aprica, salita con calma in assetto da avvicinamento dei periodi estivi (pantaloncini, maglietta e scarponi, tutto il resto nello zaino). Armati Fino Ai Denti nella speranza di poter salire la parete Nordest, che Fabio ha agevolmente salito una settimana fa.
Ma salendo al rifugio incontriamo due ragazzi che ci dicono aver salito la normale e aver visto una cordata ravanare parecchio nella salita della parete. Ci sarà da pensarci.. E poi che ci hanno detto che non era nemmeno rigelato..
L'accoglienza Rifugio Ventina è come al solito gentile e ospitale, anche se va detto che sono un po' matti quei ragazzi lì. Buon pomeriggio passato a dormicchiare e a ripassare un po' di manovre prima della sempre ottima cena, resa chiassosa da un'orda di marmocchi di un corso di alpinismo giovanile di Milano.
Sveglia presto ma non prestissimo per le temperature in atto. Onestamente mi sono già messo il cuore in pace che quasi di certo saliremo per la normale, non ho nessuna intenzione di schifare la mia compagna di cordata: anzi, vorrei che le tornasse la voglia di questo genere di "passatempo". Alle 4 ci incamminiamo soli soletti verso il ghiacciaio, superando zone acquitrinose e ruscelli in piena per il disgelo delle recenti nevicate. Mi tocca controllarla da vicino visto che non perde occasione per sbagliare strada.
Il contatto con la prima neve è poco rassicurante, si sfonda e pure parecchio: spero bene che sul ghiacciaio la situazione sia migliore. Ormai l'alba ha colorato di Rosa la neve delle cime circostanti, rendendola sempre più bianca e brillante. Calzati i Ramponi e legatisi alla corda, lo zaino diventa ben più leggero. Anche la qualità della neve migliora nettamente e si può progredire senza affondare a ogni passo.
Cavolo, ma sta vedere che quella che ormai avevo dato per spacciata invece è ben percorribile: maledetta parete nordest. Ma per i miei gusti siamo partiti troppo tardi, il sole la illumina già prepotentemente e le temperature non sono consone a uscirne tardi in sommità. La pensano diversamente invece tante altre cordate, tra cui una che vedremo quando noi saremo in discesa attaccare la parete alle 9:30 di mattina: de gustibus.
Una serie di lucine che avevamo notato in lontananza ci ha ormai raggiunto, due ragazzi ci superano e sono già in parete mentre un'altra cordata dietro di noi la attaccherà quando ci passeremo sotto. Noi intanto stiamo aprendo la via della Corda Tesa: come da buona regola di progressione, Stefania non tiene certo la corda lasca tra me e lei, anzi!
Da qualche giorno mi diceva che lei a correre non si è mai allenata così tanto come in questo periodo: ma solo ieri pomeriggio ha realizzato che forse anche io non mi sono mai allenato così tanto e quindi potrei essere particolarmente in forma. Io inoltre a differenza sua sono ancora ben abituato alla quota, ai ramponi, agli zaini, mentre lei no: e non sta soffrendo. Esistono per tutte le giornate storte: poi mettici che era tanto che questo genere di cose non le facevi, ed è un attimo tirarsi il collo e fiaccarsi.
L'idea di salire per la parete Nord Est era quindi abbandonata già dalla risalita dei primi dossi del ghiacciaio: arrivarci sotto e tirare dritto e è stata una scelta ovvia. Però magari almeno la normale riusciamo a salirla. Altre cordate ci raggiungono e attaccano la nord-ovest con difficoltà a superare la terminale.
La mia compagna di cordata già da un po' mi ha detto che lei non andrà oltre al Passo Cassandra: le gambe ci sono anche, ma il fiato oggi non ne vuole proprio sapere. A pochi metri dal passo un ometto omone di neve (stile Monte Giovo) diventa il punto di sosta di Stefania. Fine. Beh pace torniamo giù. Ma lei no, le dispiace, e insiste perché io me ne vada da solo in cima: tanto lei aspetta qua. Assolutamente no, per me non è concepibile sfaldare la cordata e separarsi. Ma questo è un posto tranquillo, lei insiste, e ho quasi paura di farle un torto se almeno non ci provo ad arrivarci in cima.
Allora mi faccio convincere e parto, bello leggero senza zaino con picozza e bastoncino e la macchina fotografica, e l'imbrago. Arrivo sulla cresta, ma già mi pervade un malessere: nonostante la sua insistenza mi sembra di aver abbandonato qualcuno. Sono ben conscio che se anche arrivassi in cima, non me la godrei per nulla. Anzi sarebbe proprio una forzatura e un disgusto totale.
Non è questo il mio senso di andare in montagna: come dico sempre, è meglio una brutta cima in buona compagnia che viceversa. Sì, è vero che spesso capita che calchi delle cime da solo, ma quando parto da solo: se si parte insieme, si arriva insieme e si scende insieme, dove..dipende, ma siamo insieme. Sono insomma qui a chiedermi cosa diavolo stia facendo: qualche passo su delle rocce esposte, neve dura da salire un po' scomodo, sì la cima è lassù, ma che senso ha? E che piacere potrà darmi? Ma v*********, io torno giù da Stefania e amen: così mi piace, così mi diverto, così ha senso.
Quattro chiacchiere a sedere sul blocco di ghiaccio e neve, e poi cominciamo la discesa su una neve già incredibilmente cotta dal sole. Scherzosamente chiedo a Stefania se veda il rifugio, lei scruta l'orizzonte e mi dice di no. Capisce in quale trappola l'ho presa: quanta strada c'è ancora da fare per arrivare!
Ma rispetto alla salita il morale è ben più alto, la fatica molto più bassa e quindi scherno e scherzo si alternano amabilmente. Nella parte bassa del ghiacciaio un sacco di formichine delle scuole di alpinismo si concentrano in manovre su manovre.
Di nuovo i nevai trappola dove le gambe scompaiono e tutti diventiamo nani. Il casinatissimo corso di alpinismo giovanile lo evitiamo scegliendo opportunamente quale tratto di scoscesa morena percorrere.
Rieccoci al rifugio, dai gestori matti: il tempo di bere una coca-cola, di mangiare i panini di ieri e di rifare lo zaino menhir, e scendiamo abbandonando questa bella valle in versione primaverile, con la  promessa di ritornarci: magari al terzo tentativo ce la faccio a raggiungere la vetta del Pizzo Cassandra! Giunti al parcheggio di fianco al ruscello non c'è niente di meglio che mettere i piedi a mollo nell'acqua gelida di scioglimento delle nevi.
Una ciambella senza buco, ma davvero dolce.

Qui altre foto.

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