domenica 15 settembre 2019

Se si chiama fumante ci sarà un perché: Via dei Sassi

Più che estate settembrina sembra un estate di giugno. Tranne che per quei temporali pomeridiani che di solito si scatenano sempre sulle Piccole Dolomiti che invece adesso non si vedono. Il momento migliore quindi per andarci ad arrampicare! Messe da parte le blasonate "facili" nuove vie sul Gruppo del Sengio Alto per evitare probabile affollamento, ci spostiamo nel Gruppo del Fumante, su quel pilastro- cresta rocciosa che delimita Vajo del Cengio e Vajo delle Frane.
Ovunque splende il sole tranne che sulle Piccole Dolomiti, attorniate da una dolce e umida foschia; che a metà mattinata le abbandonerà quasi tutte, tranne quelle della zona in cui siamo noi: ma d'altronde se si chiama Gruppo del Fumante ci sarà un perché. Non si chiama Gruppo dello Sgombro o Gruppo del Sereno.
Dopo una prima parte pianeggiante, si prende il sentiero 195 che si inerpica ripido verso gli attacchi della parete nord della Guglia GEI, e in seguito prosegue dentro il Giaron della Scala. La nostra meta è già ben chiara, e con un traverso scosceso raggiungiamo l'attacco, sotto il quale avevo soggiornato al tentativo di uscita di AG1 di quest'anno.
Subito sconcertati dalla differenza di grado tra la relazione dei sassbaloss è quella di Piccole Dolomiti Sport, decidiamo che sia io a partire, e quasi di certo proseguire almeno anche per il secondo tiro. Il panorama è mozzafiato, quello che le Piccole Dolomiti sanno concedere: il pantone 428C. La roccia almeno è davvero buona: la via parte in camino, si sposta in parete e poi prosegue spostandosi verso destra fino un provvidenziale cordino dentro a una dubbia clessidra che serve solo indicare che dietro c'è la sosta.
Tra scherzi risate canzonate mi raggiunge Stefania che mi fa gentilmente anche ripartire da primo. La spaccatura iniziale regala un arrampicata di nuovo molto esposta, ma non difficile. Un intermezzo di ghiaino porta al passo chiave della via: uno strapiombo dove ringrazio mamma di avermi fatto con le gambe lunghe e lo Yoga di avermi sciolto le anche almeno un po' (un po', mica tanto, paletto di legno che non sono altro). Accidenti al rinvio corto che ho usato per proteggermi proprio al passo chiave, che adesso mi crea un sacco di attrito e mi costringe a sostare in corrispondenza della sosta della via Luisa: che comunque essendo su anelli non è poi un dispiacere.
Nonostante l'estate settembrina, il microclima del fumante ci fa apprezzare di esserci tenuti la maglietta a maniche lunghe. Cedo il passo alla mia compagna, che raggiunge in breve la vera sosta del secondo tiro e poi prosegue sulla paretina invece che stare dentro al dietro. Un bel mugo possente l'attende per arrotolarci intorno il cordino di sosta.
Rifletto e dico "Lassù deve esserci il traverso psycho di cui mi ha parlato Mirco". Accidenti a me e svelare queste cose proprio adesso. Stefania mi guarda con quel sorriso misto tra lo scherzoso e il minaccioso che sottintende un "maledetto, te queste cose dirmele prima no?" anche se in realtà ci starebbe anche un "poi te la farò pagare". Litigando su dove prosegue la via, supero facili balze rocciose sopra la sosta e mi dirigo verso quella strana spaccatura-lama e quello che sembra un gigantissimo masso appoggiato sopra. Arrampicata di nuovo esposta, fino a raggiungere il famigerato cuneo di legno (anche se da relazione ce ne dovrebbero essere due), che poi diventa espostissima per il traverso ascendente verso sinistra, comprensivo di scavallamento laterale dietro uno spigolo col piedino sinistro che cerca un valido appoggio. Trazione sulla lama con aderenza di piedi, in groppa alla lama e il gioco è fatto. Davvero tutto molto bello: vediamo se sarà dello stesso parere la mia compagna.
Il successivo tiro incute timore per la verticalità della parete sul quale si svolge, ma una volta che ci metto mani e piedi scopro che è tutto ben ammanigliato e tutto bene ricco degli appoggi che servono. Forse per continuità è questo il tiro chiave della via, anche se il titolo se lo contendono parecchi tiri. Raggiunta la cresta vedo subito sosta e libro di via. Sosta dalla quale ci si potrebbe calare nel vajo delle frane ed eventualmente concatenare la Via d'Altri Tempi. Ma noi oggi cerchiamo di finire questa via: cerchiamo..
Nel libro di via sono profetico, maledettamente profetico, visto che ci scrivo "Andrea e Stefania, via dei Sassi e ora verso il proseguo in cresta". Stefania parte sulla cresta dove la roccia è già visibilmente di qualità peggiore rispetto a prima. E come naturale che sia data l'esposizione, è parecchio titubante. Scompare dietro la cresta, avanza un po' ma poi mi chiama a se: mi sembra un po' troppo presto.
Infatti la raggiungo e la trovo in sosta sullo spuntone che precede la disarrampicata. Data un'occhiata a quello che c'è da fare nei prossimi metri e quello che ci sarà da fare nei successivi (più che altro quel giallo sgretolante) ci guardiamo in faccia e diciamo "Ma perché non torniamo indietro, ci caliamo nel vaio delle frane e ce ne andiamo a bere la birra?": detto fatto!
Anche tornare indietro non si dimostra una cosa così banale, e lo sguardo in giù (tutto un po' sfocato dal grigio) mi fa temere che la calata sia ben più lunga delle corde. Invece no, per pochi metri arriviamo in un canale di scolo laterale del Vajo delle Frane, un posto bucolico reso ancor più tetro da questo umidità e fumo del fumante che ci pervade.
Schivati i sassi della calata della mia compagna, tra sassini e sassoni scendiamo un percorso che innevato è molto più piacevole e amichevole. Ripassiamo sotto l'attacco della via, e tornati sul sentiero ci concediamo una bella pausa a fagocitare tutto ciò che abbiamo nello zaino, avvolti da tanta fame quanto lo sono le montagne dalle nuvole. Le montagne intorno a noi, perchè le altre sono belle sgombre.
A panza piena, dopo aver osservato la calma di un camoscio che si deposita su una roccia a prendere aria e dominare la vallata, scendiamo pigramente lasciando un luogo che seppur nebbioso era "nostro": al Passo di Campogrosso invece il sovraffolamento è tale da farci sgusciare verso valle per prendere una birra in pace.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui e qui relazione.

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