lunedì 25 dicembre 2017

Caldi vaji Natalizi: Vajo del Cengio, Vajo delle Frande, Vajo Cima

E dopo Pasqua, e dopo Capodanno, tocca al Natale passare sotto la scure dell'Alpinismo i parenti li sistemo alla Vigilia, questa giornata è tutta mia. Spero nell'Appennino, sfogarmi come nella sbornia di questa primavera, ma il meteo dice meglio tornare in Piccole Dolomiti. Tra l'altro l'ultima volta, pochi giorni fa, con Giorgio dicevo appunto "la prossima volta che torno qui, vorrei esplorare la zona del Giaron della Scala", detto fatto.
A letto presto ma il sonno è tanto, e le 2:30 sono una bella sveglia. Devo auto incitarmi per partire, ma so che ne varrà la pena. Arrivo al parcheggio e lo trovo come me lo aspettavo: deserto. Ma mentre sono li che mi preparo, che tentenno ("ma sarà troppo presto.. aspetto la luce") arriva un'altra auto e una persona si avvia verso la sua giornata.
Parto per la mia allora, il solito sentiero che ancora non mi annoia, le cime che si colorano, la lama di luce verso la pianura: tutto molto simile alle tre volte scorse, ma mai uguale, sempre affascinante come una bella morosa che ogni giorno vedi come fosse la prima volta.
Oggi però salgo subito, dritto verso la Guglia GEI, su terreno nuovo e sperando di seguire le tracce corrette! Seguono tutto il sentiero, fin sotto il paretone della famosa torre, passano nell'angusto cunicolo di roccia, e si sbuca sul Giaron della Scala. Un luogo austero, non molto rassicurante con tutte queste rocce sparse e queste guglie irregolari a dominarti intorno. Ma bello..
Dove devo andare è chiaro, seguo le tracce verso destra su neve sempre più marmorea, ma intervallata da nevaccia farinosa. Ben presto sono all'attacco del Vajo del Cengio, che sulla carta dovrebbe esser facile, ma che vista la non abbondante neve che c'è, potrebbe riservare delle sorprese.
Il percorso è piuttosto rettilineo, e i polpacci sono già in fiamme: nei giorni scorsi non li ho tenuti molto a riposo, e me lo dicono a ogni passo sulle punte. Anche se la pendenza non è eccessiva, la neve è spesso marmo, e tocca stare sulle punte. Le pause a prendere fiato mi fanno temere di esser lento, e invece non vado male me lo confermeranno i glutei domani..
Tracce che scappano verso il Giaron della Scala: roccia e neve tutt'attorno e sopra di me il cielo, che magnifico posto. Coi suoi pericoli però, ed esser da solo oggi me li ricorda ancor di più. Massoni a interrompere la costanza dello scivolo nevoso, qualche passo in trazione su neve che incrosta la roccia, e ben presto vedo l'uscita.
Bene, posso ben sperare di uscire dal vajo, ciò che vedo  promettente, speriamo solo di riuscire a scendere dopo: la cresta del fumante non  proprio facile sulla carta, ma se c poca neve si vedrà il sentiero estivo. Eccomi fuori, ecco il Gruppo dello Zevola Tre Croci, ma il sole ancora manca, devo salire per trovarlo.
Tracce a destra e tracce a sinistra: volendo scendere per il Giaron della Scala, prendo quelle di sinistra. La poca neve rende evidente il sentiero, il resto lo fanno le tracce di chi è passato prima di me: altrimenti non sarebbe banale, con certe discese e traversi belli esposti e ripidi. Quasi a Forcella Lovaraste, le tracce si buttano nel Giaron, e mi butto anche io.
La neve farinosa portata dal vento sopra le lastre ghiacciate è una trappola in cui non voglio cadere. Cadere per l'appunto. Scendo molto adagio e attento, e comunque non riesco a evitare due scivoloni che mi fan paura.. Riesco a esser sgaggio, tornare sui miei passi, e infilarmi sotto al Vajo delle Frane..
Sulla carta più difficile del precedente, ma fino alla fine mi sembrerà una passeggiata: poi invece.. Non rettilineo come l'altro, qui si svirgola in mezzo a alte costole rocciose, senza sapere mai cosa ci sarà dietro, ma trovando sempre delle moderate pendenze da risalire, e degli scorci e delle finestre sui lati.
Ed ecco lassù quella che potrebbe esser la fine, anche se mi sembra presto.. Il terreno si impenna.. Noto tracce che salgono a destra, ma la vera uscita è a sinistra: seguo fiducioso queste tracce, su dei buoni 60° e neve non più bellissima, penso che forse li su ci sarà il traverso esposto per ributtarsi nel Vajo del Cengio e uscire sui suoi ultimi metri.
Porca putt, cordoni e maglia rapida di calata: per esser più leggero ho lasciato corda e imbrago e ferraglia e cordame a casa. Sta a vedere che.. Salgo, guardo di la, nessuno ha tracciato l'uscita originale. "Se adesso chiamo Giorgio, quanto ci mette ad arrivare qui con una corda e un imbrago?" Dai va la, scendi a gambero, delicatissimo, e vai fuori a destra.
Ma a destra ci sarà qualcosa? O si finisce su una cresta da cui c' da calarsi??? Che palle, vabbeh, andiamo. Risalgo, poca neve e un pelo di dry, 70° buoni e poi un'orgasmica goulotte stretta finale che deposita su..un pendio. Ok, ma ora? Qualche dolce metro per scoprire che di la, c è il sentiero. Meno male!
Ma non sono tranquillo.. Perciò non mi fermo e continuo a camminare per assicurarmi di avere una via di scampo; che ho già comunque, il Giaron della Scala, ma vorrei fare altro oggi, e scendo da li, non torno su. Si va, si avanza, un tratto ferrato, ecco il Pra degli Angeli, e la vista sulla restante cresta mi conforta che non ci siano passaggi interrotti. Posso fermarmi per una fetta di pandoro (e non solo).
Non c'è anima viva in giro, spettacolo. Scendo all'imbocco del Pra degli Angeli, ma il vaio che potevo pensare di salire è già troppo al sole, e fa un caldo vigliacco. Niente, continuo verso la cresta, verso l'Obante, e anche oggi verso Cima Carega.
Però quel pendio nevoso, sovrastato da un curioso camoscio che mi osserva da un po', è invitante, e io sono goloso, e io lo prendo. Neve marmorea e torno in cresta, a dimenarmi tra mughi e cengette nascoste, cengette esposte!
Sali scendi più o meno dolci, tratti al sole e tratti all'ombra, l'uscita di corti ma bellissimi vaji, attraverso tutto l'Obante, passando di volta su panorami diversi, fino a vedere la zona a me più familiare del bacino sotto Bocchetta Mosca.
Raggiunta la Bocchetta dei Fondi, il percorso diventa familiare. Mi cambio i ramponi per ovviare al problema dell'antiozoccolo dei Blade Runner: altre soluzioni al di fuori del doppio, non le ho trovate. I traversi che dieci giorni fa erano infernali, sono ben addomesticati da tutti i passaggi di questi giorni, e si rivelano una tranquilla passeggiata.
Sudata la risalita da Bocchetta Mosca (anche le mutande bagnate), traversone alto come sabato, e come sabato..Vajo Cima! Neve che regge ancora bene..no, sprofondo un metro e temo non uscirne, delicato proseguo, pochi metri, leggero, soave, fuori, fanculo! La cima mi aspetta, ma ancor mi più mi aspetta..
Il Pranzo di Natale, sulla panchina del Rifugio Fraccaroli. C è il sole, un po di vento, ma il topless  un regalo. Apparecchio in posa per la foto, la fetta di pandoro infilzata dalla piccozza, ed ecco fatta la foto per mandare gli auguri di natale, ora mangio! E prendo il sole. Un'ora di sollazzo.
Zoccolo di neve non mi freghi oggi, tie! Il doppio rampone è vincente, e posso trottare allegramente verso la discesa, sudare come una bestia (mi sa che metto a lavare anche i pantaloni stasera), e maledirmi per aver preso con me solo 2,8 litri di bevande: pochi.
Discesa dal Boale dei Fondi frescotta, ma almeno mi godo un po di sole sull'ultimo tratto di sentiero. Sento gambe e chiappe affaticate: nonostante il dislivello non sia stato eccessivo, vuoi la velocità, vuoi i giorni scorsi..c'è del marmo anche nei muscoli! Ma si attende un vicino rialzo termico..
Non ero solo oggi: quando arrivo al Fraccaroli tre persone se ne vanno, tre arrivano dopo: non sono l'unico matto. E al parcheggio ce ne sono tante altre: io una volta cambiato da capo a piedi, me ne vado a godermi il sole senza vento sui tavoli del Rifugio Campogrosso, mentre mangio, bevo, leggo una guida sulle nord della Alpi. Mai sazio.

Buon Natale!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.

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