martedì 11 agosto 2015

VD2015, day 6: nel cuore del Sassolungo, Punta Rosmarie - Spigolo Sud

Beh, questa è di certo la salita con la S maiuscola della vacanza, anche se pensando a ieri sarebbe meglio dire con la S più maiuscola! 
Ma perchè finiamo qui? E sopratutto, perchè sottovalutiamo tanto questa salita? Beata giovinezza (insomma): il tutto nasce da un precedente "beh nel Sassolungo non ho mai arrampicato, te sì, deve esser bello" "ok allora ci andiamo, almeno vedi un posto nuovo in mezzo a quelle guglie e all'ormai spacciato ghiacciaio del Sassolungo". Il meteo è previsto stabile tutto il giorno, perciò possiamo permetterci di far tardi.
E così, siamo al parcheggio della folle cabinovia del Sassolungo, che apre alle 8e15. Se consideriamo 15min la salita meccanica, 30min avvicinamento, 14 tiri=7h, 2h di discesa, già così senza gli inevitabili tempi morti di vestizione e svestizione, saremmo fuori tempo massimo per riprende la cabinovia: ma si vede che oggi siamo molto "carefree", facciamo il biglietto andata/ritorno! Cabinovia, mda, ma oggi meglio tenere energie per la salita e per la discesa.
La salita sulla cabinovia è già di per se un bell'inizio di avventura, chi ha provato può capire: non frena la cabina, non rallenta, un operatore ti spinge letteralmente dentro e in due si sta davvero compressi. Poi lunga lunga la salita meccanica, ci si avvicina alle pareti (a volte imbrigliate) e ci si addentra verso il passo sul quale giace il Rifugio Demetz.
Anche la discesa dalla scorciatoia meccanica è sentita (si passa dalla velocità della cabinovia all'esser fermi sulla Terra). Poi siamo lì a contemplare questo sistema di guglie varie, ricche di vie di arrampicata ma incredibilmente vuote di arrampicatori. Beh circa, visto che lo Spigolo del Pollice sarà affollato tutto il giorno, forse siamo noi che ci andiamo a infilare in una via poco battuta.
Si scende verso il Rifugio Vicenza, mi chiedo quanti escursionisti si faccian male su questa terribile pietraia che funge da sentiero, vien giù di tutto e verrà giù di tutto, ma la gente è ancora poca e noi cerchiamo di esser spicci, andiamo a prendere la famosa Cengia dei Fassani, ma sbagliando come scendere dalla prima difficoltà (ci complichiamo la vita).
Passaggio sotto la cascata (il cui rumore ci accompagnerà per buona parte della salita come un'amica instancabile che segue i suoi cari) e risalita verso l'attacco della via, e infatti ecco il chiodo. Posticino pure scomodo per fermarsi a imbragarsi, era meglio farlo giù, ma pace e amen. Ecco anche la roccia discreta menzionata nella relazione, brutta solo a vederla.
Riccardo parte, circospetto, guardingo, tra questi grossi blocchi instabili dove giace il passaggio più duro della via. Non lo vedo molto tribolare sul V, quanto piuttosto nel tastare tutto ciò che gli capita sul suo raggio d'azione, poi capirò il perchè. Impiega anche un po' di tempo a trovare la sosta, visto che si trova su un avancorpo staccato dalla parete, ma parecchio staccato.
Sufficientemente staccato che io per tornare a riprendere la via devo disarrampicare un pochino e poi saltare, a prendere di petto la parete e poi entrare in un bel diedro camino largo, per poi uscirne (ma senza tunnel!) e ricominciare a salire su verticale. Ecco un terrazzino, cerca i chiodi, i metri di tiro li ho fatti, ma dove sono? Salgo ancora? Ah eccone uno. E l'altro? Mah, boh. Sta a vedere che.. Eccolo! Dietro l'angolo un po' nascosto.
Riparte Riccardo per il nostro tiro, e iniziano a venire fuori un po' i nostri limiti. O meglio, il diverso approccio che si deve prendere su queste vie "ampie", senza o con pochissimi chiodi, e quindi da cercare. Sale lui, un po' preoccupato dalla qualità della roccia che non è certo ottima, e volente o nolente è praticamente inevitabile finire fuori via qui: e infatti.
Lo raggiungo che ha fatto una sosta fantasiosa, ci stà, ma sopratutto è un po' infastidito e indispettito, e questo fatto invece a me mi carica come una molla: quando qualcuno con me si trova in difficoltà, per la legge della compensazione crea in me sempre grande forza. Riparto alla ricerca della via, ma evidentemente anche io non sono una volpe e non la ritrovo. Salgo salgo, ma evidentemente troppo, sostando poi su due spuntoni che assomigliano più a due sassi (grandi) appoggiati.
Va beh dai Ricky, quella nicchia gialla forse corrisponde a quella sullo schizzo, comunque li sopra c'è un pulpito, un bel balcone, ci sarà da andare per di li. Non è mica tanto allegro il mio amico! Forse ci stiamo rendendo conto che non ci siamo resi conto della lunghezza e dell'impegno di questa via: non che non sia alla nostra portata, ma non avevamo calcolato fosse così. "Andrea, ce l'hai la frontale?"
Lo raggiungo alla nostra quinta sosta, che forse pare tornare con la quarta ufficiale. Eppure non mi pare aver fatto dei tiri così corti.. Finchè si sale verso una cima, c'è da puntare a quella, a un punto unico, non si può "mancare". Fosse una parete aperta, una via che finisce su una cengia, allora ok, ma qui.. Vado io, e infatti trovo quella di sicuro è la quinta sosta ufficiale, e per noi la sesta. Sospiro di sollievo.
Ma quando il mio amico mi raggiunge mi dice che vado avanti io, che lui si è rotto i maroni di questa via da cercare, dalla roccia non ottima, ecc ecc. Gli dico ok, ma che poi il tiro dopo se lo fa lui, che c'è del V di placca che a me non gusta tanto, di star tranquillo che poi la via spiana. Insomma lo conforto un po', e mi carico io.
Fischietto per tranquillizzarci, l'arrampicata è pure piacevole su questo tratto, si esce poi su spigolo davvero affilato con la corda che tira per i giri fatti, per raggiungere poi una punta, ma davvero in punta, con vecchio cordone e moschettone senza ghiera ("se le doppie sono come nelle altre vie che ho fatto, c'è un bell'anello di calata", cit.). Quanto si sta scomodi e appesi al nulla.
Recupero il mio amico, ho già dato un'occhiata alla parete alle nostre spalle, il proseguo della via, sembra dritta ma ben ammanigliata, e qualche cordino si vede ad indicare la via. Non resta che calarci e proseguire. Sono solo le 14.. Lo calo in moulinette, cosa che farà anche lui, ma vista la giornata e il cordone di ieri di cui ci siamo fidati, preferisco non osare e abbandono sulla cima il mio buon vecchio caro cordino da sosta giallo del corso A1 2010. Ciao fratello.
Riccardo calato va a trovare (risalendo qualche metro verso la forcella) i due chiodi di sosta. Mangiamo qualcosa al volo giusto per, lo vedo ricaricato, vai amico. E il tiro se lo beve, cerca un po' la miglior strada di passaggio, ma quella placca, il diedro, la fessura, il traverso, quasi se li beve. Oh son contento, una piccola sbandata ma si è ripreso. Inizio a pensare che forse riusciamo a schivarci la bivaccata.
Anche il tiro successivo non è banale, osservo dall'alto il Rifugio Demetz, con la gente che passeggia allegramente: il "mondo" a pochi metri da noi, ma noi in mezzo quasi al nulla, addentrandoci nel cuore del Sassolungo, luogo di guglie e gugliette e non finire, marce, sane, chissà. Un bel fettuccione intorno al massone, ci siamo, sullo spigolo, dai che adesso si va fino in cima ai 200 all'ora senza indugiare.
Riccardo si becca un altro bel tiro: discesa iniziale con quasi saltino per andare a prendere la parete verticale, salita calma ma costante, poi mi scompare alla vista, ma..vedo la sua ombra muoversi sulla montagna alla mia destra. Figata. Figata anche il tiro, che troverò più ostico sulla placca di IV- che su quella di V, misteri del grado.
Il nostro undicesimo tiro, che sarebbe il decimo, è davvero qualcosa di..indefinibile. Questo traversone esposto in leggera salita sgusciando verso sinistra, sotto uno strapiombo a cercare il modo più semplice per superarlo: zona di roccia pure mica tanto buona, non un ammasso di piattini, un ammasso di lavandini! Trovo il passaggio forse, mi tiro sulle braccia che non vedo altro modo, sopra metto un cordone su uno spuntone. Spuntone, ma quale spuntone, è un sasso appoggiato! Ma almeno a Riccardo servirà come direzionalità della corda. E poi, cavalcata di II su roba friabile con la corda che tira.. Sosta agoniata, e ancora corretta.
Riccardo riparte, ma lo spigolo finisce, si viaggia in parete, ci si perde in parete. Elementare watson. Forse ci basiamo troppo sulla lunghezza dichiarata dei tiri di corda, chissà, forse è proprio questione che il percorso non obbligato permette un sacco di variante involontarie. Diciamo che oggi supero la mi reverenziale paura di "non trovare la via", spesso inventiamo la nostra!
Probabilmente il mio amico ha traversato troppo e salito poco, d'altronde sullo schizzo non ci sono (e non ci potrebbero essere) chiari segni distintivi che possano indirizzarci verso la salita di Bernardi. Lo raggiungo e riparto bello carico (lui si è scaricato) per il nostro tredicesimo tiro, alla ricerca della via perduta, districandomi in canali canalini canaloni, detritino detriti detritoni, trovando difficoltà forse un po' superiori a quelle che dovremmo e proteggendo davvero poco (ma la corda tirerebbe troppo!). Raggiungo così qualcosa che sembra essere la forcella del dodicesimo tiro della guida, ma chissà: questo spuntone mi ispira poco.
Arriva Ricky, che come sulla prima parte mi dice "sai cosa c'è? vai avanti ancora te, io per oggi basta.", non replico, ormai i gradi che ci aspettano sono contenuti, e sopratutto confido in lui per la discesa! Lui che ha salito il Campanile di Venere e l'ha sceso al buio, la via la sa, o almeno spero. Riparto, cercando di stare sul filo dello spigolo quando si può (raramente) e tirando più metri possibile. L'ora è tarda, ma dovremmo avere sufficiente luce per fare buona parte della discesa. Dai che non si bivacca.
Mi appollaio su una mandria di massi instabili, la roccia degli ultimi tiri è davvero abrasiva e tagliente, speriamo che il mio cordino sullo spuntone non la pensi uguale. Arriva Ricky, ormai la cima deve essere li dietro, non ci si può perdere, "veh, finisci la via, andale". E lui va, anche se mi pare faccia più metri del dovuto, ma dalla velocità della corda sembra che cammini. 
Mi chiama alla partenza, salgo, lo vedo finalmente, ma spostato rispetto a quella che pare essere la cima, già quasi sulla vi di discesa lui. "Ricky, aspetta che vado a vedere se c'è il libro di via li" e infatti c'è, lo apro. Scoppio a ridere. "Andrea guarda l'ultima ripetizione di quand'è". 09/09/2014, Edy Rabanser e Mauro Bernardi! "Ricky è meglio che non te lo dico!" Però che emozione sapere di ripetere vie così poco frequentate, così alpinistiche.
E che emozione questa vista.
Meno quella dell'ormai ex ghiacciaio del Sassolungo.
Bellissima quella della bastionata rocciosa che si innalza dall'altro versante, e porterebbe sulla cima più alta. 
Bon, sono le 19, giusto quasi 10h che siamo in via. Il sole tramonta alle 20:15 mi pare, fino alle 21 un po' di luce l'avremo, meglio telare e non perdere tempo. Cambio scarpe e si mangia qualcosa al volo tra un laccio e l'altro. Discesa con del disarrampicare, speriamo roccia migliore che in certi tratti in via. In breve alla forcella col Campanile di Venere, da qui in poi Riccardo è una certezza! O almeno una speranza..
Prima doppia, col mio amico che mi dice che quando era sceso lui questo canalone era tutto ghiaccio abbestia. Camminatina e seconda doppia (un po' da cercare). Adesso quella che dall'alto sembrava una comoda cengia piana da camminare, si rivela invece essere storta e tendente al baratro verso la conca del ghiacciaio e ricca di ghiaino scivoloso.
Il sole inizia ad abbandonarci.
Cercando ometti, capiamo che una volta arrivati alla fine occorre scendere per prendere le tracce della normale, e laggiù il pistone si vede e anche un ometto stile buddha ciccio appoggiato, solo che raggiungerlo sarà un'emozione. Di certo non troviamo la strada più agevole e finiamo a disarrampicare gli ultimi metri (saltiamo se no?) sulle placche del ghiacciaio.
Oh bene, siamo sulla normale, ora resta "solo" la Cengia dei Fassani". Non ho mai studiato questa salita, quindi non so cosa mi aspetta, ma chiamandosi cengia.. Cengia 'sti maroni! Si sale, si scende, si cercano i bolli rossi, ci si sbaglia, si torna indietro, si arrampica, si passa sull'altro versante, doppia, un'altra, quante ce ne saranno ancora, cavo (che spremiamo come dei matti), si corre con l'ultima luce che resta, si passa sul versante ovest, la forcella, e adesso meglio calzare la frontale.
Cengia, circa, altre doppie, cengia un po' esposta, quanti insetti e millepiedi sulle rocce! Il buio, ci aspetteranno al rifugio? Che due palle la discesa fino all'auto. Oh la cascata benedetta, è finita! Ultimo pezzo da usare le mani e si risale verso il Demetz, su sentiero, circa (al buio si sbaglia). Alle 22 siamo ai tavoli, tutto chiuso, nessuno fuori che si sia preoccupato per noi..saranno abituati.
Diamo fondo alle riserve di cibo in nostro possesso (in mio possesso) e poi..tocca scendere. Fortuna è buio e non vediamo la stracciata di balle, ma ci armiamo di pazienza visto che sappiamo sarà lunga, sperando di trovare qualcosa di aperto per una bella birra (meritata!) e magari un bel panino. Finalmente alle 23 siamo all'auto, piuttosto provati.
Vacca che salita e che giornata piena! Ora ci starebbe una ricompensa al palato, ma ahimè tutto chiuso. Riccardo cotto si infila nel sacco a pelo diretto, io una doccia me la voglio fare (e trovo pure la fila?!) ma anche mangiare se no domattina mi sveglio che mangio il braccio del mio amico. E così do fondo alla scamorza e ai grissini: mai pasto fu più prelibato.

Indicazioni serie a chi volesse ripetere la via:
- la funivia fa lo sconto soci CAI
- noi non abbiamo trovato la terza sosta, e alla fine per raggiungere la prima "cima" abbiamo fatto sette tiri invece che sei, ritrovando come sesta sosta nostra quella che per lo schizzo sarebbe la quinta (ma i tiri non ci sembra averlo così corti, anzi).
- anche l'11° ufficiale e quelle dopo le abbiamo "cambiate": su queste lunghezze il percorso è facilmente varibile.
- lasciato cordino giallo di rinforzo alla calata intermedia alla via
- le due doppie di discesa sono un po da cercare, e in anni normali il canale in cui scendono è ghiacciato (quest'anno è secco)
- forse il tempo indicato di discesa nella guida è un po' pochino.. Chi non sa a menadito la normale del Sassolungo ci mette di certo di più.
- via poco ripetuta: prima di noi..quella per la stesura della guida!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui indice Vacanza Dolomitica 2015.

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