Tutti noi
abbiamo un luogo, reale o immateriale, che sentiamo casa nostra, dove ci
sentiamo a proprio agio. Dal punto di vista alpinistico, per me questo luogo è
la zona dell'Appennino Reggiano del Monte Cusna, Monte Cipolla e Monte Prado.
Zone che restano poco battute d'inverno, ma che hanno tanto da offrire; zone in
cui puoi sbizzarrirti come feci l'anno scorso, o semplicemente andare e vedere cosasi può fare,
come oggi.
Primo
obiettivo, la parete NordEst del Monte Cusna, sognata da un racconto di Nicola e vista spesso
senza mai andarci a mettere il naso (anche perchè data l'esposizione, non
facile trovarla in condizioni). Parto al buio dal parcheggio degli impianti diFebbio, direzione Peschiera Zamboni: subito un inciampo, poi due scivoloni,
partiamo malissimo, Non mi preoccupo di queste premonizioni, sbagliate.
Tutto secco
in basso, neve poco prima di sfociare sul pratone da percorrere verso ovest ed
è meglio calzare già i ramponi: vacca boia che viagra ha preso questa neve! Dai
che magari c'è da divertirsi. Spero nella clemenza del vento e delle previsioni
meteo: è previsto sia il vento che le nubi da metà mattina, e nel caso sò cosa
fare, ma spero di fare altro. Farò.
L'orizzonte
verso il Monte Cimone si infiamma proprio mentre risalgo il pendio del Monte
Contessa, fuori dal bosco. Osservo affioramenti rocciosi sul pendio alla mia
sinistra, e mi sale già la voglia di esplorare: ma prima, la Nordest del Cusna.
Sbuco sulla Borra, un po' di vento e la mia montagna ricoperta tutta di bianco,
un mega pandoro irreale. Avanti tutta.
Casco,
piccozze, e mi avvio verso quel versante a me sconosciuto: e già intravedo una
linea in mezzo a quelle due creste rocciose affioranti..potrebbe esser
divertente.. Dopo la parte pianeggiante, il terreno si fa sempre più "ripido",
l'uso di due attrezzi ci sta e la neve è quasi sempre ottima. Non lo è dove
serve, ovvero quando sotto o vicino c'è della roccia: alla ricerca dell'erba e
terra ghiacciata sotto per fare un po' di presa.
Fuori dal
tratto divertente, spiana un po', salendo mi sposto progressivamente verso
sinistra per infilarmi sotto altri affioramenti rocciosi: sotto completamente
bianchi per increspature, incrostazioni, funghetti di neve e ghiaccio sparata
dal vento, completamente pieni d'aria e quindi per nulla utili alla mia
progressione. Anzi, pericolosi, me li lascio da parte e cerco un pendio.
Ed eccolo
sbucare, il Sole, dietro la riconoscibile cuspide del Sasso del Morto. Raggi
luminosi su cui è difficile tenere lo sguardo direttamente, ma lo sguardo si
sposta volentieri sulla neve che a poco a poco acquista colore.
Il bianco-blu
di quando c'era buio, il bianco-grigio alle prime luci, colori di attesa e con
un pizzico di tristezza. E ora quel rosino che diventa rosa, colore che scalda,
che risveglia dal torpore. Diventa poi arancione, vico, colore che accende gli
stimoli, le passioni. Un crescendo di colori, luci e sentimenti. In simbiosi
con la natura.
La linea
scelta mi porta sul panettone finale, con la croce ben vicina, ricoperta pure
lei come le rocce da sputacchi di neve ghiacciata. Il sole c'è, non ancora
altissimo e possente, e non scalda; il vento invece, quello sì che raffredda.
Uno spuntino veloce e scendo per la cresta est, a godermi la palla di fuoco che
man mano fa sempre più fuoco.
Cresta
insidiosa: quelle costruzioni di neve create dal vento sono a volte
ingombranti, grosse, invogliano a metterci sopra il piede per poi sgretolarsi
come grissini sotto un trattore. Meglio starci lontano e romperle quando troppo
grandi: belle e pericolose, come le donne. Dov'è la faccia della scimmietta che
si copre la bocca con le mani?!
Sceso alla
sella, prendo a salire il pendio all'ombra che continua a farmi solleticare la
schiena del Gigante; nuova breve discesa, e prima di risalire verso il Sasso
del Morto, a sinistra laggiù noto delle rocce affioranti, e un pendio dalla
pendenza invitante. Il sole mi ha acceso la voglia di esplorare, scendo e vado
a vedere cos'è e com'è.
E la neve
dei versanti ovest e nord ovest dimostra di esser molto simile al ghiaccio. Tocca
mettersi in progressione frontale per non scivolare (i ramponi li ho già eh),
su questo specchio di ghiaccio dalla scarsa inclinazione ma dalla possibile
scivolata tutt'altro che innocua. Arrivo al mio "attacco" coi
polpacci già ghisati, e quello che verrà.
Mi infilo
tra le rocce, loro durano poco, ma il ghiaccio dura parecchio. Talmente
ghiaccio, che si notano le tipiche crepe che vengono sulle cascate a fronte di
repentini gradienti termiche che stirano e tirano l'ammasso uniforme.
Impressionante. Ma ho poco tempo per far delle foto, e pure poca possibilità di
fermarmi comodo: si avanza sulle punte, piantando con forza picche e ramponi.
Il pendio
spiana, torno al sole, ma sempre su ghiaccio. Il Sasso del Morto la davanti, lo
raggiungo, lo scalo, lo scendo e me ne vado verso gli impianti, anch'essi
incrostati di neve: la natura che si riprende i suoi spazi. Sosta nei pressi
dell'edificio, dove un invitante muro di neve, se scalato, porterebbe in linea
verticale sul balcone sul tetto. Ma è troppo strapiombante per provarci..
La mia
attenzione si concentra laggiù, in quella conca: sopra le piste, verso est, la
conca chiusa a est dall'avancorpo nord del Monte La Piella, è tempestata di
rocce su un pendio dalla discreta pendenza. Esploro, Appenninismo. Traverso
inizialmente, ma devo scendere parecchio per poter semplicemente camminare e
non disarrampicare.
Raggiungo la
pista, la segue, e al tornante traverso verso quella sorta di morena che chiude
la conca: che piccolo paradiso! Cerco la linea più estetica, senza peccare di
rischio: eccola, a lato delle rocce. La punto. Neve sempre ghiacciatissima, i
polpacci stasera li sento.. Vento e sole smollano gli sputacchi sulle
rocce, robe piccole dal rumore poco
confortevole però.
In punta di
ramponi, lanciando le becche con forza, estraendole a fatica. Di nuovo, dopo il
pendio del Sasso del Morto: sorprese appenniniche. Movimento omologo e
incrociato si alternano, e con l'incrociato non posso che canticchiare nella
mia mente "We are human after all" dei Duft Punk, in ricordo del
memorabile video di Ueli Steck sulle Gran Jorasses.
Riecco il
sole, riecco spazi aperti. Accumuli sopra il Fosso della Piella, la vista che
fantastica verso nuove mete: beh, fantastica, adesso ci vado anche. Proseguo il
solletico verso il Passone, i ramponi continua a stridere anche sul piano per
la presenza di ghiaccio. Stridere, un rumore straziante che nasconde un
giochino allegro: l'Appeninismo.
Da lontano
vedo la prima persona di oggi. Da vicino vedo uno dei classici giochi di neve
di questa zona: il vento ha creato un muro di 2m a 80° in un fosso. Vado subito
a salirlo! Ora Passone Grat verso il Passo di Lama Lite: il sole caldo che però
non deturpa le condizioni del manto nevoso. Uno sguardo al Sassofratto e a
tutto quello che c'è ancora da fare laggiù: zone alpinisticamente interessanti,
ma che non caga (quasi) nessuno: il mio piccolo paradiso.
Alla base
della Cresta Nord del Monte Cipolla, devio a destra: la neve ha piallato e reso
uniforme il pendio nascondendo la forestale. Ciò per me vuol dire scavigliare!
Scorro la parete, ho in mente il canale che vorrei salire, ma questo mi piace
di più: di nuovo verso l'alto, in punta di ramponi, su ghiaccio.
Incredibile
l'Appennino: collinette quasi sempre erbose, mirtilli ed escursionisti, ma
d'inverno possono raggiungere condizioni difficili anche per semplici
passeggiate. Vedi ora, dove pioggia, neve, temperature, hanno trasformato la
candida neve in massiccio cemento. Altro che neve col viagra, qui siamo un
altro pianeta! Salita divertente, che si impenna man mano che si lascia il
livello del mare, che ci si innalza verso il cielo.
Dall'ombra
al sole, ancora, non mi resta che percorrere questo pezzo di cresta per
atterrare su un altro panettone, quello del Monte Cipolla. Avevo in mente di
proseguire sulla cresta Nord del Prado, ma forse è tardi. Quasi di certo la
cresta oggi è pericolosa: la roccia ricoperta di neve sputata dal vento, senza
compattazione, cariata. No dai, lascia stare, scendo.
Ma alla
sella..perchè non andare comunque a darci un'occhiata? Tanto sono pochi metri
prima di trovare le difficoltà. Tanto.. E infatti, raggiunte le prime impennate
poco invitanti..ma dai, in cima voglio salirci, potrei traversare sul versante
ovest e poi risalire in cresta, aggirando la parte difficilmente in condizioni
oggi.
E parto così
per un bel traverso a 55° o più, bello esposto
e ghiacciato. La velocità diventa sinonimo di salvaguardia della
muscolatura dei polpacci: riposarmi non è possibile in queste condizioni.
Divertirsi è facile: soffrire e divertirsi allo stesso tempo, gli psicologi con
noi alpinisti farebbero i miliardi. Un altro solitario mi saluta dalla cima del
Cipolla, e segue le mie tracce.
Già lo
vedevo, ora che sono sotto confermo: risalgo questa sorta di canalone in mezzo
alle rocce, e devo godermelo visto che so esser l'ultimo di oggi. Me lo godo
eccome.. Sole, possente, una est del Prado tutta bianca e con un accumulo
notevole: meglio lasciarla tranquilla oggi. Raggiungo la cima, e contemplo.
Bene, ora
vediamo di scendere veloci e agili, quindi canalone nord del Prado. sarebbe
solo un F+, ma con questo ghiaccio c'è da stare in campana a scendere. E mentre
scendo, vedo che quel solitario è sulla cresta del Prado. Mi saluta, mi chiede
dove vado "scendo, vado a casa", stupito da quella richiesta di
dialogo surreale, non riesco a proferire altra parola.
Aggiro tutto
il Cipolla e i suoi versanti, torno sulla Passone Grat, pregusto la birra che
ho in auto, al sole, a sonnecchiare. Anche la discesa dal Passone, così
ghiacciata, richiede attenzione. Poi rientrato nel bosco, basta, posso scendere
liberamente. Libertà, quella che trovo in montagna è davvero totale.
Qui la
guida.
Nessun commento:
Posta un commento