sabato 1 dicembre 2018

Calduccio poetico: Chi vuol esser lieto sia


C'è da violentarsi a volte, ma ne vale la pena. Tanta strada per andare a salire una via che ho già percorso (ma tanti anni fa, non ricordo nulla tranne i rumori molesti di uno dei nostri), in assoluta pessima forma arrampicatoria e un po' anche fisica. Però, mira o mare quant'è bello.. E che voglia di tepore! partiamo benissimo con Giorgio che prende l'auto ma lasciando il portafoglio con soldi e documenti a casa. 

La Liguria si presenta nel modo col quale l'ho sempre identificata: piccola, caotica, concentrata. Ed eccoci a far colazione in un bar piccolo, su una strada piccola, con tutto concentrato. E in seguito a un parcheggio piccolo, caotico, concentrato. Il sentiero, scosceso, trasandato, a picco sul mare. Tutto perfettamente ligure. 

Ci incamminiamo sulla dorsale, e in breve io e Giorgio scendiamo lasciando proseguire Ivan e Dario che vanno a fare un'altra via. Scendiamo, meglio dire che in certi tratti cerchiamo di evitare di ruzzolare giù: anche se lo ricordavo pure più impervio, il "sentiero" di discesa non è per nulla un T. In breve però la vista del mare appaga la fatica, sperando che poi arrivare al sole ci possa mitigare il freddo. 

Traverso verso l'attacco ed ecco che una cordata ci precede (ma tanto sarà talmente veloce da non essere mai di impedimento). La scomodissima sosta a picco sul mare con l'alberello alle spalle e questo particolare calcare salinizzato. Oggi si caga la romella, lo sò: tr al'esser brocco, esser fuori allenamento, e avere pure un ginocchio che non permette sforzi..Giorgio portami su tu! 

Da tradizione parte il mio amico, e già i primi metri danno il loro filo da torcere: almeno la palla di fuoco ci infuoca quel tanto che basta per fanculizzare la pianura padana e la sua uggiosità, Arco e il suo freddo. Lo sento chiedere a chi è davanti dove si trovi la sosta. Scoprirò che, porco cane, la domanda era ben posta siccome ci si arriva verso la fine un pepato traverso. 

Arzillo e tranquillo posso andare io: alemno il 5a riuscirò ancora a farlo, no? E invece no. Ma sì che ci riesco! Tiro divertente che ti fa godere il posto e il clima: inizia pure a esserci caldo, rimpiango i pantaloni corti e glorifico la maglietta a maniche corte. 

Riparte Giorgio, un inizio su bella roccia lavorata ma poi lassù lo aspetta quel muretto che già lui si ricorda e sul quale ho visto la ragazza prima andare molto ma molto cauta: da seconda. Eh ma anche io da secondo me la sudo e non poco: quel maledetto passaggio per riportarsi sulla destra abbandonando lo spigolo che tanto era caro.. 

E scopro così che anche il quarto tiro è della stessa difficoltà del primo, terzo e quinto (o almeno così dice la relazione), io che speravo fosse un altro 5a (o mi illudevo di ricordare così?). E infatti mi cibo di resting e A0 per poter progredire: non fosse che un passo non è azzerabile, e con la tipica eleganza di un elefante su un pavimento di cristalli guadagno quel terrazino tanto agognato. Poi mi perdo e resto troppo a destra, ma almeno alla sosta vera ci arrivo. 

Il temibile ultimo tiro che mi ha raccontato Stefania. L'unico sul quale tra l'altro sento pure il mio amico sincerarsi di "Oh occhio qui, che potrei volare": invece bravo il ragazzo che sale senza quasi colpo ferire. Mo tocca a me però.. Sul passaggio chiave tribolo e titubo, salgo e scendo, penso e guardo. Il capocordata al nostro fianco mi chiede pure se vada tutto bene, e io gli rispondo "sì sì tranquillo, sono solo un brocco!". 

Fine via, foto di rito, Mars, due battute, ed estraiamo la focaccia ligure che per magia ha reso il sacchetto di carta bianco un sacchetto che pare di plastica e di certo è trasparente: viva l'olio! Giornatone di quelli in qui ti godi di più il paesaggio e il tepore che la via..ma va bene così!

Qui altre foto.
Qui relazione.
Qui e qui report.

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