Il
"What else?" di solito è sinonimo di "ma che vuoi di più?"
riferito a cose belle. Invece stavolta è riferito a "quale altro segnale
vuoi per farti capire che meglio lasciar perdere?". Peccato, perchè la
trasferta è faticosa, e un nulla di fatto ha un certo prezzo. Anche se, tornare
a casa, è il migliore degli obiettivi che una giornata in montagna possa
ottenere.
Sveglia
molesta, il ritorno dell'attività invernale: driin alle 2. Le 2, non le 14.
Ritrovo con Federico e Mirco, poi al mitico bar della colazione ci raggiunge Luca: conosciuto
due estati fa sullo Spigolo del Pollice, a Cristina ieri ho chiesto informazioni sulla zona e così Luca che
era da solo si aggrega a questo gruppo di pippe. Gamba ne ha da vendere il
ragazzo, oggi gli tocca andare piano se non vuole seminarci.
Meno male si
parte a buio, anche se non troppo: buona parte dell'avvicinamento ci rimane
sconosciuta (anche se qualche anno fa io sono già passato di qua), ed è un bene. Mi piace definire le Orobie
come dei brulli Appennini con impiantati sopra dei pezzi di Alpi. Ecco, il
brullo non è bello.
Il vento si
inizia a udire, odere, sentire, soffrire, quando si piglia la direttissima
abbandonando la panoramica. Poi Luca opta per la direttissima della
direttissima, e vabbeh. Provvidenziali catene per zone ghiacciate, ed eccoci
dopo 1000m di tranquillo avvicinamento al Rifugio Curo: 1000m di avvicinamento, vi amo Orobelle.
Armati dei
ferri del mestiere, via in cammino lungo il lago. Ma..dov'è Mirco? Abbiam fatto
ormai 500m e non lo si vede più, nascosto dietro una curva? Luca va a vedere
che succede (correndo), li vediamo poi in lontananza armeggiare ai piedi
dell'emiliano e poi vedere il bergamasco ricorrerci incontro. Come sospettava
Federico, problemi coi ramponi. Mirco torna al rifugio. Primo campanello. Beh,
secondo, il primo è nel mio animo.
Ripartiamo
ma senza aver chiaro quando occorra abbandonare il sentiero e risalire il
costone per andare verso l'attacco del Couloir dei Ratti. Viste due persone
salire, decidiamo di seguirli, anche perchè il pendio sembra prestarsi bene a
salire evitando piolet traction su dry. Ma la farina la fa da padrona, e un po'
ci si demoralizza sulle condizioni.
Ci si
demoralizza anche sulla correttezza della salita, perchè sembra che puntiamo
più al canalone nord che al couloir. Terminata la tratta pendente, quella piana
ci permette di vedere la possibilità di traversare sotto la prua rocciosa per
andare a cercare a destra il nostro itinerario. Solo che le nuvole che arrivano
da nord ovest sono piuttosto scure e minacciose, e il vento (forte) arriva da
la. Terzo campanello.
Sgusciamo a
destra, ma io e Federico ci siamo già guardati e siamo piuttosto dubbioso
sull'infilarci nel budello dei roditori. Giunti alla base vediamo che è pure
affollato e che sono le 10:30. Rapido calcolo, previsto peggioramento meteo al
pomeriggio, ma già ora non ispira molto, "Luca, a noi non sembra il caso
proseguire..".
Detto fatto,
si torna indietro per provare a salire almeno il canalone nord, che almeno da
quello possiamo tornare indietro in qualsiasi momento. Un gruppo di persone che
avevamo davanti però sta tornando giù. Il vento imperversa, nevischia. Saliti
un centinaio di metri subiamo due o tre sbuferate che "mo va a cagher,
andiamo giù".
Il quarto
campanello è una sorta di "what else?", cosa devo dirvi ancora per
farvi tornare giù? Scendiamo, anche se come accade sempre in questi casi, ci si
volta spesso indietro a guardare dove si voleva salire, se si sta facendo la
scelta giusta, i dubbi: ma "tornare indietro è sempre la scelta
giusta".
Fosse poi
semplice tornare indietro! Inizia a nevicare, dura poco, il meteo è di una
variabilità pazzesca. Seguiamo delle tracce immaginando che siano quelle
corrette, e non quelle improvvisate da dove siamo saliti. E invece vediamo
tornare su i cinque che avevamo davanti, ravanare: mi immagino la traccia gps a
disegnare i petali di un fiore.
Scorgiamo in
lontananza altri alpinisti, andiamo verso di loro e troviamo così la
"scorciatoia" per attaccare il couloir dei ratti. Da conoscere,
perchè un po' ripida e da basso non sarebbe chiaro dove porti. Un local inizia
a sfottermi per il mio accento come fa sempre Flavio, tirando fuori l'evergreen Loris Batacchi capoufficio pacchi. Spiegare a questi bergamaschi la differenza tra emiliani e
romagnoli è dura..
Al Rifugio
riesce il sole, troviamo Mirco, e scopriamo che in tanti oggi sono comunque
tornati indietro.. Allora non abbiamo fatto male! Mangiamo quel che abbiamo e
si torna giù verso l'auto, a ritroso sulla brulla parte appenninica: le discese
quelle belle. Quattro chiacchiere al parcheggio con altri alpinisti: "ah
ma conosci l'Oldrati allora?" "è mia moglie", a stoppare subito
qualsiasi frase strana. Non resta che bersi una birretta in allegria a farsi
quattro risate e scoprire che tutto il mondo è paese..
Qui altre
foto.
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