martedì 25 dicembre 2018

Alla ricerca della serenità: Natale Appenninico

Non voglio dire che la giornata di ieri abbia lasciato il segno, però ho proprio bisogno di una tranquilla giornata a stendere i nervi alla ricerca di serenità con un trekking tranquillo e senza impegno. Ma due picche me le porto dietro che non si sa mai che riesco a trovare qualcosa di ripido e salibile.
L'Appennino Reggiano mi fa sempre sentire a casa, e la buona conoscenza che ho dei suoi sentieri e luoghi mi permette di non mettere nemmeno mano alla cartina per pianificare il mio giro. Parto dagli impianti di Febbio armato di frontale ma con una luna che illumina ancora a giorno.
La risalita delle piste non è certo al ritmo trail, ma presa molto più con calma visto che tanto di chilometri da macinare oggi ce ne saranno. La zero neve permette il progredire comunque agilmente. E durante la salita sole e luna si contendono il primato dell'illuminazione del cielo, con una luna che all'ultimo tenta di accendersi come un neon ma nulla può fare di fronte alla potenza del sole.
Come all'Alpe di Succiso la situazione è desolante anche qui: non ci sono pendii innevati ma solo deboli lingue da dover andare a cercare e comunque la cui uscita è piuttosto dubbia su terra. Lascio perdere e me ne vado su cresta verso la cima del Cusna con un bel vento impetuoso che ti congela fino alle ossa.
Sulla discesa verso il basso sotto la cresta est non posso più rimandare la calzata dei ramponi: la cresta si dimostra poi piuttosto spoglia e poco impegnativa. Poche foto in vetta e poi giù di corsa sui propri passi alla ricerca di un maggior tepore: già queste sono le ore del mattino più fredde, inoltre il vento che mi scuote come un fuscello amplifica tutto il freddo che si può.
Trattando allegramente sulla schiena del gigante confermo l'idea che avevo di salire anche verso il Prado. Si conferma ora che le temperature sono molto migliorate e che noto che come orari non ho problemi e nemmeno come gamba. Inoltre spero pure di riuscire a farlo prendendo una qualche lingua di neve che mi eviti la salita per il sentiero normale.
Scorrendo sotto le pareti nordovest e cipolla inizio a temere che l'impresa sarà ardua. Sì, ma una volta raggiunto il Lago Bargetana noto una striscia che dovrebbe poter essere salibile fino in cima. E noto pure una persona laggiù che probabilmente ha avuto la mia stessa idea quindi vado. Peccato che lei (lui) in realtà se ne starà il più lontano possibile dalla neve cercando l'erba.
Accidenti, ci sono un altro paio di canalini piuttosto invitanti, ma non sapendo come continuano sopra evito l'avventura e me ne sto tranquillamente sul mio canale a 35-40 gradi nel quale le piccozze non sono per nulla necessarie e posso andare solo con bastoncini e ramponi. Meglio che niente almeno i polpacci friggono.
Che bella questa sensazione di salire su dritto per dritto coi Ramponi che mordono la neve a volte solo con le punte frontali a volte con tutte le punte per la gioia della caviglia punto questo freddo sano, non come quello nebbioso della pianura. Mi ci voleva proprio!
Arrivo praticamente in cima, dove trovo un altro disagiato come me che non è altro che la persona che mi precedeva sulla salita. Mi concedo un po' più di calma e di foto, "oggi si vede anche il Tibet" come direbbe il vecchio saggio: in realtà si vede mare e Monte Rosa ma per me è già abbastanza. Il vento però soffia ancora forte e non mi permette di stendere la tovaglia e concedermi il mio pranzo di Natale in quota.
Via giù allora, a scappare da questo vento che mi sta creando un fastidio agli occhi tipo congiuntivite. Devio continuamente a destra a buttare un occhio ai canali e alle lingue di neve per capire se quelli che vedevo da sotto riescono a uscire fino in cima o se ci sia solo terra ed erba.
Senza il vento impetuoso è tutta un'altra cosa, però ancora un po' di vento lo si patisce e quindi di nuovo non posso stendere la mia tovaglia e pranzare. Continua la discesa, e una volta giunto al Passo di Lama Lite riprendo verso il Passone: chissà forse là potrò concedermi cibo e birra.
E invece no manco lì, non riesco a trovare un angolino riparato dal vento dove non debba sedermi sul fango. Porta pazienza, scendi giù verso il bosco. Ma all'imbocco dello stesso ormai il sole se n'è già andato e quindi nemmeno qui mi posso godere il pranzo.
Come temevo, il mio pranzo finisce consumato sul cruscotto dell'auto dopo essermi dato una lavata alla fresca fontana al parcheggio. E come temevo finito il pranzo il sole si è nascosto dietro La Piella lasciando la mia auto all'ombra. Non c'è verso di cacciarci una dormita dentro l'auto con effetto serra. Mi tocca scendere verso la pianura.

Qui altre foto.

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