lunedì 24 dicembre 2018

Le giornate decisamente no: trekking alpinistico a Brentino

Ci sono quelle giornate che sono completamente inverse. Diciamo pure che ci fosse già un buon mix di ingredienti: un'arrampicata arrampicata probabilmente oltre le mie possibilità, un ginocchio che mi fa male se cerco di caricarlo da piegato, freddo e giornate corte.

La giornata parte malissimo con una nebbia, che già mi ha sconvolto ieri, che non si dirada nemmeno arrivati a verona. Persiste. Ormai mancano 2 chilometri ad Affi e ancora siamo in mezzo alla nebbia: se è così finiamo in palestra. Al casello varchiamo la linea di confine tra le terre buie e le terre illuminate: almeno questa cosa sembra essersi aggiustata.
Brentino me lo ricordo bene, è un po' uno spauracchio: vie dure poco frequentate, sentieri di avvicinamento giunglosi e discese molto esposte. In un periodo in cui ho più paura del solito questo è già abbastanza per farmi tenere le orecchie dritte. Ci avviamo dal parcheggio con un freddo bestia ma vedendo che il boomerang lassù è al già al sole.
Io credo che chi abbia aperto queste vie e cercando questi sentieri d'accesso sia davvero uno bravo. L'avvicinamento parte su comoda carrareccia ma infestata dalle piante, per poi infilarsi su per pendii scivolosi saltando sassi, ghiaie, alberi caduti che non sempre è chiaro che siano caduti e che afferrati per trazionarli..poi ti restano in mano. Di certo ci scaldiamo.

Giunti all'attacco dopo pochi minuti di immobilità per prepararsi, il freddo si fa già sentire. Siamo al sole ma un po' coperto dagli arbusti intorno e tira vento. Accidenti. Sono pure già le 10:00, bisogna darsi una mossa per percorrere questa via o altrimenti facciamo notte. Giorgio ha già profetizzato che "Mal che vada ci facciamo un trekking a Brentino".

Come da tradizione parte il mio amico, E considerando che il primo tiro è anche il più duro, questa tradizione mi viene incontro. Tre spit a distanza molto ravvicinata fanno presagire che non siano per nulla banali quei metri, e infatti anche Giorgio ci impiega parecchio tempo a tentare riprovare partire scivolare mollare. Finché una volta ghisato non si decide ad azzerare: ma anche così la faccenda risulta parecchio complicata. Prosegue poi verso l'alto, ma non lo vedo correre fluido da far pensare che le difficoltà siano drasticamente calate, anzi. E mi sembra che vada pure oltre la sosta: accidenti a lui, io che già Inizio ad avere il sospetto che tocchi calarsi.

E ora tocca a me. Tutti quelli che fanno endurance dicono che sia la testa a comandare il corpo. Probabilmente è vero anche in arrampicata, e oggi la testa comanda in senso negativo. Azzero tutto l azzerabile perché se ha fatto fatica lui, io di certo non posso passare. E anche azzerando è molto difficile, anche perché dopo il terzo spit ne hanno tolto uno, quello che era fondamentale per azzerare facilmente.
Grido al mio amico che non ce la faccio, poi riprovo e riprovo finché non riesco a passare. Ma ormai la testa è andata, non posso farci nulla e sarebbe deleterio sforzarmi di negare l'evidenza. Di nuovo azzero l'azzerabile anche se alcuni passaggi mi tocca farli puliti. Il vento soffia, il freddo avanza, arrivo in sosta e verifico che ci abbiamo messo 2 ore per fare 40 m.

Espongo subito al mio amico la possibilità di calarci. Solo che non possiamo farlo da qui, siccome non ha visto la catena della prima sosta è avanzato fino a un clessidrona mettendoci un suo cordino, metà del secondo tiro ufficiale. Riparte quindi Giorgio per raggiungere la vera seconda sosta dalla quale dovrebbe essere possibile calarsi con una sosta intermedia che non abbiamo la più pallida di dove sia siccome il secondo tiro va completamente in traverso.
L'arrampicata mi scorre già meglio nelle vene, Sarà perché le difficoltà sono calate sarà perché so che tutto sta per finire senza continuare verso l'alto. L'orario proibitivo, la parete che non è già più al sole,le difficoltà che adesso riprendono ad aumentare. Anche se fossi in forma, probabilmente questa via oggi non s'ha da fare.

Con enorme dispiacere dico a Giorgio che penso sia meglio scendere. Il mio amico molto comprensivo, oppure convinto anche lui che sia impossibile finire la via senza la affrontare senza gelarci completamente, acconsente e predispone tutto per la discesa. La prima calata finisce in mezzo a delle sterpaglie ma dove troviamo una sosta di una via che corre a fianco di 31 agosto. Da lì un'altra doppia speriamo che ci depositi a terra.

E invece non sarà così, e l'altra profezia di Giorgio si avvera "Ma perché anche una via sportiva dobbiamo sempre farla finire in modo alpinistico?". Con una sola mezza corda si rimane a 8 m circa da terra, e ci tocca far sosta su un alberello in mezzo alla parete. Cordino abbandonato e via.

Di nuovo alla base, di nuovo sommerso di dispiacere per la mia titubanza, i miei timori, che anche se credo fondati mi dispiacciono comunque. Ma vedo che Giorgio ride e scherza: non se l'è presa, forse non ho compromesso la nostra cordata oggi! Come invece temevo in sosta..

La discesa si rivela più agile del previsto, forse perché il terreno non è particolarmente bagnato: in questo caso sarebbe da stare veramente attenti. Manco la birra finale riusciamo a berci bene visto che il bar della Gigia è chiuso e ci tocca ripiegare con una birra in bottiglia e un panzerotto al bar di Affi. Mamma mia che giornataccia!

Qui altre foto.

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