venerdì 20 luglio 2018

Vacanza Val Masino 7/7: (mezzo) Kima in solitaria, a gambe levate dopo la tempesta

Ora posso capire come sia possibile lasciarci le penne durante un trail in montagna: ti scoppia un temporale improvviso, le temperature si abbassano drasticamente e di colpo, ti ritrovi in campo aperto esposto alle intemperie, il tappeto di grandine ricopre la roccia, ruscelli che nascono all'improvviso e che devi guadare. Sarò ben lieto di tornarmene al Centro Polifunzionale della Montagna,spererò di arrivarci.

Siamo qui, in Val di Mello, e qui c'è uno dei più bei trekking che si possano pensare, al cospetto di giganti di granito e circumnavigando valli idilliache: il Sentiero Roma. Già era nella todolist, quando poi ho scoperto che esiste un trail che lo percorre (quasi) tutto e di più..apriti cielo. Trofeo Kima: uno dei più belli e tosti e tecnicamente difficili che c'è. E io son qui, perchè non provarlo?

Certo serve bel tempo. Anche senza conoscerlo bene, quei passi a quelle altitudini, questi sentieri che ho già sperimentato essere scoscesi a valle, e quelle catene per facilitare (rendere possibile) la progressione, vogliono tempo bello. E oggi lo danno, slavo temporali al pomeriggio verso le 16-17: ma in quel caso spero o essere già sulla discesa finale, oppure esser comunque nella seconda metà dalla quale esistono varie di fuga verso valle.

E invece..

Ho concordato con la gentilissima Iris di lasciarmi la colazione su un tavolo: c'è anche un gruppo di quattro che ha chiesto la stessa cosa, e guarda caso me li ritroverò al Rifugio Ponti diretti alla normale del Monte Disgrazia. Sveglia presto quindi, colazione, e fuori con la frontale a risalire la strada fino al Rifugio Scotti prima la Piana di Predarossa poi (beh per questa almeno c'è tanto su sentiero, sul ripido).

E già sulla strada asfaltata mi chiedo che cavolo ci faccio qui. Il buio è una brutta bestia, non ti fa percepire lo scorrere del tempo, non ti fa vedere nulla di bello tranne i pochi metri intorno a te. E fa paura, ogni rumore che senti non sai cosa sia e non lo saprai mai. Le prime luci dell'alba diventano quindi una festa, pur sapendo che ciò vuole anche dire sbucare nell' ora più fredda della giornata.

Mi supera un'auto poco dopo la galleria, e poi altre che si fermano alla malga per lavoro. Io proseguo, e finalmente parte il sentiero, lo sterrato, basta asfalto, basta "civiltà". Ergo eccoti pendenza! E il gioco si fa duro, ma molto più spassoso. Arrivo alla Piana di Predarossa e già sogno il Rifugio Ponti per una colazione. Ero partito con un bel cielo stellato, ma ora qualche nuvola c'è, ma poca roba: sarà l'umidità che sale da valle.

La salita al rifugio pare più lunga di quello che credevo, e dimostra anche di meritare attenzione: il percorso inizia a farsi tecnico. Però sticazzi, in 3h ci arrivo al Rifugio Ponti, e son proprio contento: sta a vedere che ce la faccio a farlo tutto questo Kima. Mi avevano avvisato che nonostante siano "solo" 52km di tempo ne serve tanto in quanto poco o nulla è corribile, ma io ci spero.
Riparto dopo 2 chiacchiere con una guida alpina, la stessa che mi ha superato in auto dopo la galleria e che sta portando su il gruppo di quattro che han fatto colazione come me. Sono le 7e30. La salita si fa alpina, danzano su massoni di granito rosso verso una Bocchetta Roma che chissà dov'è, io continuo a girare per massi..
Eccola, all'ultimo. Ed ecco che nel proseguo appaiono le famigerate catene. Il cielo non si è rasserenato, ma non è minaccioso: sarà l'umidità di valle. Scendo tenendo bene le catene, perchè scopro che non servono a facilitare ma piuttosto a consentire la progressione. E penso già a che pericolo dev'essere avere delle persone sopra che ti "tirano" in testa dei sassi. No no, io il Kima come gara non la faccio.

Finite le catene, dello sfasciume, della neve sulla quale non si può fare altro che scivolare ogni quattro passi, e penso già che io indietro non ci tornerei ora che ho visto com'è. Il Bivacco Kima sarà a due passi ora, potrei anche fermarmi un po' li. E invece proprio due passi non sono, e quando ci arrivo sono quasi nella nebbia. Che palle queste nuvole basse!

Proseguo, ma dopo pochi minuti le prime gocce. Va beh, sarà l'umidità che diventa consistente, aspetto a mettere la giacca. No no, meglio metterla, metti che mi bagno, a breve ho il passo più alto del percorso a quasi 3000m. E in men che non si dica (ma ormai mi pare di essere più lontano dal bivacco kima che dal Passo del Cameraccio), piove.

Piove, poi grandina. La "nebbia" mi ha nascosto lo scuro, e così mi ritrovo in mezzo a un temporale. Un temporale alle 8e30 di mattina, assolutamente imprevisto e piuttosto raro. E sono da solo e sono solo, nessun escursionista in giro. Ecco, inizio ad avere paura. Mi schiocca un tuono a poca distanza, e ora sono terrorizzato. Ma proseguo, piantarmi qui non serve, devo muovermi. La grandine si fa più pesante, non grossa ma picchia bene sulle ginocchia nude. Nude, eh sì, le previsioni meteo consentivano questo abbigliamento. Quando inizio a sentire freddo, mi cago a dosso. Ora capisco come si possa morire assiderati in un trail. Beh calma, un'altra maglia da mettere ce l'ho, ma guanti e pantaloni no. Proseguo, devo. Solo un fulmine, e penso anche a quei disgraziati che salgono al Disgrazia. Cazzo pensi agli altri, pensa a te! Continuo a salire, e la grandine ha formato un tappeto stile pratino nevoso, super scivoloso sopratutto sulle placche. Dai pendii scendono ruscelli improvvisati a scaricare l'acqua che è caduta e cade, e tocca guardarli e bagnarsi i piedi e scarpe: freddo. Dove diavolo è il passo? Quando smette?

Smette. Cazzo per fortuna. Non faccio altro che pensare a come uscirne, a sperare di uscirne indenne e tornare in camera. Smette, non si rasserena molto, non esce il sole a scaldarmi, ma almeno smette. Smette dopo aver lasciato accumuli di palline di ghiaccio sparsi nei punti peggiori. Scivolo sulle placche che da secche correrei. Devo stare attento, se mi fermo mi raffreddo e.. Passo del Cameraccio, eccolo. Nome dispregiativo e ci sta tutto. Ma ora dove si va? Mi affaccio ma non vedo nulla, nessuna catena, nessuna traccia, nessun segno, nessun bollo. Ziocca, sarà mica franato! Salgo a destra e sinistra della sella a cercare, mi sforzo di non disperarmi perchè ci manca solo che mi sia "perso". Ma perso cosa, il passo è questo. Calma. Vedo qualcosa, si va di la.
Altre catene, e pure più difficili di prima. A saperlo, tornavo indietro forse. Tutti i gradini dei piedi sono intrisi di grandine, si scivola. Questa è una ferrata cavoli. Stringo bene il cavo, ma è bagnato, i miei guanti pure, scivolano e sono freddi sul freddo. Sol che arrivo giù al bivacco, se va male mi fermo li. Catene finite, e altro sfasciume con cancellazione del sentiero e ravanamento. Neve. Davvero impegnativo, e esser solo..schiaccia. Schiaccia molto. La testa si adagia un attimo ora che il sentiero è più netto e su massi più arrotondati e con un po' di erba in mezzo. E così metto un piede in fallo, cado, mi tiro dietro un masso e mi sbuccio braccio sinistro e zampa destra. Poca roba per fortuna, ma che rischio. Le barrette nella tasca dello zaino mi hanno salvato le ossa dei fianchi. Poca roba sì, ma io oggi una vita l'avrei già spesa..
Esce un po' di sole, allora continuo. Se arrivo al Rifugio Allievi Bonacossa, me ne scappo a gambe levate in camera, fanculo! Ora al sole, ora che mi sento più al sicuro, va decisamente meglio: potrei anche valutare di continuare, ma no no, vado giù. Si scende e si risale, sempre più ripidi e con nuove catene, ma tutto più tranquillo di prima. Ma il rifugio è ancora lontano.
Peccato non essermi goduto la maestosità ma solo la severità di questi posti, severità nella loro massima espressione! Ora che esce un po' di sole e che sono nella conca del rifugio però, posso guardarmi un po' intorno. Sto di nuovo correndo contro il tempo per arrivare a un luogo sicuro visto che il cielo si rifà grigietto, ma visto che il rifugio lo vedo, mi calmo.
Lo vedo ma ancora ce ne è, curve su curve e rientranze e nasi. Finalmente arrivo all'ingresso dopo che nuove gocce han ricominciato a cadere: tempo imprevedibile in questi posti. Ordino una fetta di torta e una coca cola: dentro non c'è nessuno, un po' mi dispiace per i gestori, un po' capisco il perchè (meteo incerto nei giorni precedenti e domani, e in più non è ancora ora di pranzo).
Il sole sarebbe quasi tornato fuori, ma i giganti di granito grigio sono tutti belli coperti. Il Rifugio Giannetti è ben lontano, e ritrovarmi di nuovo nella situazione di prima non è per niente intenzione. Confermo che scendo.
E la discesa è tutta un'altra cosa. La piana sotto il rifugio è un'oasi in cui pascolano cavalli a brucare una bellissima erba verde. Cerco di correre il corribile, un po' per far prima, un po' perchè non riesco a farne a meno, un po' per fare della fatica. Incrocio un cinese vestito come se fosse a un campo addestramento militare (ma senza armi, o almeno non visibili..) e altra tranquilla gente che non può nemmeno immaginare l'inferno che si è scatenato poche ore fa, loro che camminano in mezzo a erba e fiori al sole.
Erba, sole e afa man mano che si scende, quella stile Appennino d'estate: voglio la fontana della valle! Fresca, pulita, sana, riparata dalla capricciosa alta valle. L'umanità, la folla, mi sta già stretta, e piuttosto che seguire il turistico sentiero che passa per i rifugi, me ne scappo come fatto l'altra mattina sulla sinistra orografica, per giungere al paese senza incrociare quasi nessuno. E da lì, asfalto, ciclabile, il torrente: i piedi a bagno aspettando un caloroso e agognato abbraccio.

Il Centro Polifunzionale della Montagna è il nostro campo base questi giorni: ottimo posto e gentilissima Iris con tutto il suo staff!

Qui altre foto.
Qui la gara.

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