mercoledì 18 luglio 2018

Vacanza Val Masino 5/7: Spigolo Nord Ovest alla Punta della Sfinge

Suona la sveglia. Non siamo in un comodo letto, ne in uno scomodo letto di un rifugio che almeno ci garantirebbe la colazione servita. Siamo in uno scomodo letto di un bivacco (il locale invernale del Rifugio Omio, che ahimè è chiuso per ristrutturazione) consapevoli che la colazione va preparata e non sarà ricca e variopinta. Ma ci abbiam messo del nostro..
Prima esperienza di bivacco per Stefania, affidatasi a me che credeva esperto in questo genere di pernottamenti, e caduta dalle nuvole al mio "ma sì, questo sarà il terzo o quarto che faccio". Scaldo l'acqua per il the mentre ci godiamo l'alba. L'idea è di salire lo Spigolo Nord Ovest di Punta Sfinge, scendere, traversare al Rifugio Giannetti e domani fare la normale al Pizzo Badile. Ma ci accontenteremo della prima parte..
La salita di ieri è stata piuttosto impegnativa, corta ma ripida. E anche l'avvicinamento di stamattina non è da meno: i tempi sarebbero contati per arrivare al rifugio stasera entro le 19, vediamo cosa riusciamo a fare. Si parte, e dal rifugio si stacca il sentiero che ci porta inizialmente verso l'attacco della via tentata ieri, ma poi prosegue sulla destra del massiccio roccioso.
Un sacco di terrapieni rocciosi da aggirare una volta a destra, una a sinistra. Si svirgola, si sbisciola, dietro ogni dosso si spera ci sia l'ultimo tratto, e invece no. "Le Dolomiti sono da fighetti" diceva la ragazza scherzando qualche giorno fa: ora ce la sgusgiamo questo non esser da fighetti!
Il paesaggio è maestoso: grandi spazi, vallate e conche, con alla base un bosco rigoglioso che lascia man mano spazio ad alpeggi semidolci. Semidolci in quanto non certo piani, ma nemmeno troppo inclinati. E poi l'impennata rocciosa del granito che sfocia in creste e guglie ardite.
Finalmente si intravede la nostra meta, ma di strada ce ne è ancora. Una catena impensierisce un attimo, ma è davvero breve ed unica sul percorso. Una placconata da attraversare di taglio, ma dotata di rughe che consentono un buon grip alla scarpa. L'indicazione sul masso che indica che dobbiamo andare verso sinistra. Non è ancora finita.
Cerchiamo la nostra via per approdare sul pianoro dei rimasugli rocciosi della parete sgretolata nei secoli, e da lì inizia la danza sui massoni a cercare di giungere all'attacco con le caviglie ancora intere. Stefania accusa la stanchezza: come negli ultratrail bisogna tenersi a freno per non bruciarsi i primi 80 km quando te ne aspettano ancora 50, e invece siamo andati troppo "al nostro solito passo".
Arrivo nei pressi dell'attacco, mi spoglio e cambio che la sudata è stata copiosa e ora tira un venticello fresco. mangio qualcosa, studio la relazione, studio il da farsi. Dopo un circa breve scambio di opinioni decidiamo di salire: ormai siamo qui, la faticaccia è stata fatta, saliamo.
Dopo aver trovato i due chiodi di sosta di attacco sul pianoro sopra di noi, siamo almeno più sicuri del tracciato da seguire. Io altrimenti avrei lanciato la Ste sul diedro sopra di noi.. Il primo tiro è sempre un rompi ghiaccio, se non altro per cercare anche la sosta che ti faccia capire che stai seguendo la cosa giusta. Dopo pochi metri ci si sposta pure sull'orlo del baratro dell'abisso della ovest..
Bene, ora tocca a me. Il punto di arrivo sembra piuttosto chiaro, quell'intaglio lassù sopra il diedro e in pieno spigolo. La prima parte è invece un po' da cercare, sarebbe anche da proteggere ma trovo poco e ho "poca voglia" di farlo. Quando però arrivo sul IV granitico..la voglia torna. Sosta interessante con uno spit sullo spigolo alto e tre chiodi sullo spigolo basso. Interessante e scomoda.
Nasando che non è aria, proseguo io da primo. Un bel tiro in spigolo con difficoltà che crescono un pelo ma almeno un po' di protezioni in loco ci sono: su questa via abbiamo trovato quelle che non abbiamo trovato su Gossemberg e alle Placche dell'Oasi. Una cordata sotto di noi sale la via Bramani, quella da cui scenderemo: ottimo, così vedo dove sono le soste!
S3 è sotto il naso della Sfinge, naso che non va assolutamente preso di petto ma c'è da deviare verso sinistra. Questo è probabilmente il tiro più duro della via: il granito mi piace, questa arrampicata di lame e fessure (a volte placche, paura) mi piace un casino, ma qui ci sudo un pochetto per arrivare a prendere le prese. Almeno i chiodi ci sono, ma la roccia un pelino meno in un tratto.
In ogni modo, le difficoltà dovrebbero esser finite, anche se siamo solo a metà. A metà e non sentiamo più il freddo della parete ovest ma quasi il calduccio del sole.. Il percorso è un po' meno chiaro ora, libero di interpretazione e semplice. Ma l'ambiente maestoso non lascia abbassare la guardia..
Il sesto tiro riporta sullo spigolo, su un comodo terrazzo ma con una sosta un po' così: un friend incastrato e uno spuntone un po' troppo svaso per dire che sia a prova di bomba.
Ultimo tiro, inizialmente in spigolo ma sul lato freddo..e si sente. Le mani si raffreddano in men che non si dica e la voglia di tornare sul lato assolato esplode: ma prima un passo lungo per superare questo gradone, e poi via verso..verso.. fincheè c'è corda proseguo appena sotto la cresta verso la cima.
Mi raggiunge Stefania, alla quale lascio l'onere e l'onore di portarmi in vetta: eddaje, poche decine di metri, due decine. Et volià, panorama! L'altra cordata ci raggiunge, ma essere in quattro quassù con la vastità umanamente deserta intorno, lascia un senso di tuffo nella natura incredibile. Vette vicine e lontane ci attirano, ma il tempo stringe, meglio scendere.
Si torna così verso metà del mio ultimo tiro, dove alcuni cordini e maglia rapida indicano la partenza delle doppie. O almeno si spera, io confidavo in anelli cementati. Scendo la prima, ed ecco la seconda appunto su cementato. Le prime doppie proseguono ottimamente, poi però non trovo il prossimo anello.
Ondeggio, ravano, cerco ma nulla. Vedo una sosta a chiodi laggiù e..non c'è altro da fare, devo andare a quella. Quando arriva Stefania ci resta un po' così, ma vai tranquilla che ho rinforzato col mio cordino! Poi per fortuna ritroviamo gli anelli e ben presto siamo alla base. Siamo alla base dopo che ci sono fischiati dei sassi intorno, quindi meglio andarsene di corsa!
Di nuovo i massoni, e poi pausa per sistemarci e mangiare e confermare che Rifugio Giannetti e badile un'altra volta: non faremmo in tempo, e vista la stanchezza accumulata oggi (e che ce ne sarebbe ancora da fare per la traversata) non ce la godremmo.
Discesa ben più serena della salita, sempre sperando che dietro ogni dosso ci sia il Rifugio Omio ma ancora no. Quando ci arriviamo però, abbiamo la sorpresa di trovare il gestore che lavora e fa due chiacchiere con altri escursionisti. Noi sistemiamo di nuovo lo zainone, mangiamo con calma al sole, poi la ragazza mi lascia finire e mi abbandona. E nel mentre, il fotografo mi riprende in qualche suo scatto..in mutande..
Lunga arrivare fino all'auto, e impervia data la pendenza. Pensare che il Kima corre giù di qua.. Arriviamo alla macchina poco prima delle 19, per fortuna Iris ci accoglierà bene come al solito (non ci aspettava, dovevamo essere al Rifugio Giannetti). E doverosa una chiamata al rifugio stesso per avvisarli che non saremmo arrivati (gesto semplice e doveroso sempre, se no potrebbero pure chiamare i soccorsi!).
Gran bella salita in ottimo ambiente, ma l'avvicinamento non è certo "da fighetti". E il granito..madonna se amo questa roccia!

Il Centro Polifunzionale della Montagna  è il nostro campo base questi giorni: ottimo posto e gentilissima Iris con tutto il suo staff!

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