domenica 10 giugno 2018

Viaggione sulla Nord Apuana: Via Oppio al Pizzo d'Uccello


Il paretone simbolo delle Apuane, ma forse non solo. Quello scudo tetro d'inverno e luccicante d'estate che ho visto mille volte nelle mia scorribande in Appennino. Grosso anche da km di distanza, un ambiente che ti incute un timore reverenziale solo a sentirlo nominare, figurarsi a vederlo. Figurarsi a esserci di fronte. A esserci sotto. A esserci dentro. 

Nella lista dei desideri da tanto tempo, ma mai preso davvero in considerazione: troppo per me. Tante volte ne avevo parlato anche con Giorgio, ma senza mai pianificarlo davvero, senza porlo negli obiettivi di una stagione. E all'improvviso, messaggio dopo messaggio, l'amico insinua questa possibilità. Gli do retta: una veloce letta alla relazione e un "ok, la potremmo fare un giorno". Cavolo, io ero rimasto sul vago, e invece quel generico giorno arriva molto prima di quello che pensassi! 

Sabato sera si parte. Amici ci hanno avvisato che si tratta di una via da fare senza nessuno davanti: la domenica ipotizzo ci sia più traffico del sabato, ma tra meteo e impossibilità di arrivarci riposati, meglio fare domenica. Tanto a noi alzarci presto non ci disturba, attaccheremo per primi! 

La stampa delle relazioni, lo studio (scarso a dir la verità) delle stesse, pareri chiesti a Luca, Barba, Enrico: il viaggio inizia prima di arrivare sotto la parete. La logistica col mio amico è invece rapida, veloce e snella: sappiamo già chi deve prendere cosa, o comunque con pochi messaggi siamo già d'accordo. Si scollina attraverso il Passo di Pradarena: pochi minuti in più rispetto all'autostrada, ma tanti euro in meno. Tante curve in più ma panorami migliori. 

A Sillano sosta cena: osteria? Macchè, una panchina in paese col nostro pasto di asporto da casa! Dritti al Rifugio Donegani dove si dorme: in macchina. E maledetta quella coppia di maleducati e incivili che parcheggia di fianco a noi e fa un casino della madonna, arrivando perfino a gonfiare il materasso con un motorino elettrico. Mentre Giorgio se la ronfa (e a momenti affoga pure) mi tocca aprire la porta e dirgli "ma fare meno casino no?! Che magari vorremmo dormire noi!" 

Ore 3:15, suona la sveglia. Cielo stellato. Ho una paura fottuta di essere in parete allo scoppio di un temporale. Scendere mi sa impossibile, salire pure, toccherebbe bivaccare. Ma farlo al riparo dalle scariche di sassi. Madonna, non voglio pensarci, spero solo non capiti! La tradizionale colazione a crostatine, e via in cammino. Silenziosi, per essere in primi. 

Quante paure. Ci han detto che i primi tiri sono un po' da cercare, poi diventa logica la via. Ma non è così vero. I chiodi sono rari e si vedono solo quando ci sbatti il grugno; spesso sono brutti, o meglio, non sono bai bellissimi. La parete è grande, se ci si perde è un casino. Quei passi di V+ ci han detto sono azzerabili (se ti fidi di un chiodo arrugginito), ma ci han detto che il II sembra più un IV. 

Il buio crea alcune paure, ma ne nasconde altre. Ad esempio arrivare a Foce Siggioli e non vedere il paretone in tutto il suo luccicare, è stato un bene. Già in penombra, alle 4e45 del mattino, spaventa. Con quel cappello di nuvole in cima poi.. Scendiamo per la ferrata, tranquilli. col tappeto di nuvole sulle valli. 

"Tranquilli" dura poco. La ferrata l'avevo percorsa anni fa, in salita. La ricordavo molto più breve e molto più facile. Scenderla è lunga, faticosa (sta a vedere che ci ghisiamo già le braccia) e pericolosa: spesso verticale ed esposta. Perchè non ci siamo legati nemmeno un cordino in vita? Madonna quanto è lunga?! Due vesciche sul palmo della mano destra,una già scoppiata. partiamo bene. 

Abbiamo perso un sacco di quota, fatto che può demoralizzare. Tocca risalire una pietraia, puntare al tetto a freccia e spostarsi 100m verso sinistra. Ora però che le luci naturali donano tono alla parete, mi pare bagnata nella parte bassa. Nella centrale e alta chissà, ma li sono camini nascosti: e i camini sono bagnati anche quando la parete è asciutta. 

Siamo all'attacco, e sono titubante. Tutto questo bagnato.. Giorgio armeggia col suo imbraco non trovando il modo di rimetterlo dritto, e intanto altre due persone scendono dalla ferrata, velocissime. Ci raggiungono che stiamo ultimando la preparazione (proviamo almeno a salire il primo tiro, poi vediamo che fare): è Omar

La cosa mi rinfranca, mi sento più al sicuro con lui vicino e possiamo "usufruire" dei suoi consigli lungo la via. Ne saliremo tanta insieme, praticamente tutta tranne il tratto per giungere in cima al Primo Pilastro dove loro affronteranno la variante dei Fiorentini. Stare vicino ci concede di far prendere meno rincorsa ai sassi che inevitabilmente si fanno cadere.. 

I miei post a questo punto racconterebbero tiro per tiro. Ma non per questa via, non per questa parete. Questo è un Vione, non obbligato, con soste sparse e tiri lunghi a piacimento. Una via da cercare molto spesso, solo quando sei dentro a un camino capisci bene che va seguito. I chiodi sono rari e concentrati solo nei punti difficili (meno male lì ci sono!). 

Noi abbiamo fatto 17 tiri in totale (o almeno credo, si perde il conto qui..), tanti da 55m, alcuni da 30. Abbiamo trovato del III che assomigliava molto più a un IV: certo il bagnato dei camini ha reso certi passaggi e tratti molto più duri, con le scarpette sporche di fango o che non facevano aderenza sulla placca liscia bagnata. Ma questa via non molla mai: su ogni tiro si trova almeno un passaggino rognoso. Poi certo, magari spesso ci siamo complicati la vita. 

Serve della testa, non solo del fisico e armeggiare bene il grado arrampicatorio e le manovre. Sei immerso in un oceano roccioso, con scarsi punti di riferimento, che anche quando ci sono non sono dei fari che vedi da lontano, piuttosto dei segni che vedi solo quando ci arrivi di fronte. La ritirata è quasi impossibile. Le protezioni? Runout di decine di metri sono da tenere in conto: se sei a tuo agio solo su S1 o S2..lascia stare. 

Serve il casco. Il mio è da buttare. Il sasso preso sulla Carlesso lo aveva ammaccato, e già ero dubbioso se cambiarlo. Quello preso alla sosta sotto il Secondo Pilastro lo ha rotto: non tranciato a metà, ma scalfito la copertura ed esposto il poliuretano sotto. Un danno visivo che di certo ne evidenzia uno funzionale ben maggiore. 

Trovarsi non da soli aiuta, e sopratutto se sei con qualcuno che conosce la via. Qualcuno di simpatico magari: Omar e Carbo. Con Carbo a una sosta scambio due chiacchiere sul quanto sono stati rapidi a scendere la ferrata "Siamo stati veloci? Quando Omar ha visto che c'era gente davanti a noi, è partito in tromba bofonchiando un <ma chi diavolo c'è già così avanti?!" finchè non gli ho detto "tanto non li recuperiamo!". Queste sono soddisfazioni, arrivare prima di quello che pensava arrivare prima. 

Ho azzerato due passaggi. E sticazzi! Che poi spesso azzerare ti porta a non pensare bene cosa far, muoverti strano, sbilenco, e quel V+ in A0 diventa un V, mica un III. Su una via del genere, di questa lunghezza, con questi pericoli oggettivi, bisogna essere efficaci e non cultori della purezza. Ci provi una volta, magari due, poi amen. Il V+ del camino da primo. Il V+ della fessure diedrica, vero tiro chiave della via: e nel mettermi sbilenco, sentirmi impiccato, non sapere se la sosta sopra era buona, sono poi salito troppo e il rinvio è rimasto lì: Giorgio te lo ripagherò. 

Va beh dai, qualche accenno ai tiri. Sono tanti e lunghi. Prevalentemente camino, ne esci che se ti danno la barba bianca sei pronto a rimpiazzare babbo natale per la prossima stagione. Occorre sapersi muovere su queste strutture e non avere paura di stare "fuori", ma nemmeno di chiudersi dentro all'occorrenza. Il mio zaino l'ho schiacciato a volte. Con tutta la sostituzione fatta, al lunedì ho un male ai muscoli delle braccia.. 

Anche i tiri che sulla carta dovevano esser facili, nascondevano dei passaggi singoli particolari. Il vero tiro chiave è la fessura diedrica per continuità, ma singoli passaggi si trovano anche altrove. Anche sull'ultimo tiro e sul penultimo, ci sono passi in leggero strapiombo. 

Certi passaggi mi resteranno impressi nella memoria. Certe tirate di braccia ma anche il male ai piedi. Quelle spaccate apparentemente senza ritorno e che invece con quale passettino piccino su tacchette invisibili ti portano poi a trovare qualcosa. Quella stupenda roccia due tiri prima della fessura diedrica: roba da non invidiare alle Pale di San Martino. 

Il freddo, il caldo, il vento. L'avvicinamento ci ha fatto sudare parecchio. All'attacco ho optato per rimanere in maglietta e basta. Certe soste ho quasi tremato di freddo, certi tiri ho sudato come se stessi correndo. Il vento in certi tratti ci spazzava impetuoso. tante condizioni climatiche in..tanti metri. 

La qualità della roccia non è sempre ottima o buona, e questo merita attenzione. Piedi e mani vanno tastati con cura prima di usarli. I camini sono slavati, quando sono lisci sono di certo compatti, ma quando trovi scaglie.. Disseminati ci sono comodini e frigoriferi pronti a venire giù: posizioni rinvii in fessure che non sai se le molle del friend saranno schiacciate dalla coesione della struttura o..vinceranno le molle. 

Feeling. Devo ringraziare Giorgio. Oltre per aver salito il tiro chiave (il fato lo ha fatto capitare a lui, meno male) per avermi proposta una via che come detto era nei desideri, ma la in fondo al cassetto proprio (alla stregue di Beyond God and Evil, per dire). Un amico e un compagno do cordata come pochi, uno dei rarissimi con cui potrei fare ascensioni del genere: ci si capisce al volo, abbiamo gli stessi gusti, la stessa logistica "notturna/mattutina". Un feeling che si trova dopo parecchie avventure insieme, ma che forse qualcosa di innato ha. 

Non c'è che dire, questa via, questa parete, questo alpinismo è un viaggio. E di un viaggio si raccontano le emozioni, non le caratteristiche tecniche. Sopratutto quando sei cosciente che ogni persona che intraprende questo viaggio ne può trovare e affrontare delle diverse. 

A caldo, la classica via da fare, ma anche quella che "fatta una volta è già troppo". Pensare alle conseguenze che potrebbe avere una caduta con queste protezioni (qualità e quantità), ai sassi, alla qualità della roccia in certi tratti, al rischio temporale sempre dietro l'angolo (montagne affacciate sul mare).. no no, a caldo dico "Mai più qui". ma dicevo così anche del Canale dei Bolognesi.

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Relazioni..non mi sento di consigliarne. Noi ci siamo affidati a quella dei Sass Baloss, ma trovando tiri di differente lunghezza, soste diverse, gradi diversi. Spesso siamo andati a naso e saliti grazie alle indicazioni di una cordata di amici trovata per caso. Tra l'altro quello che per i Sass Baloss è il tiro chiave, non è il tiro chiave. Questa via è un viaggione da interpretare, punto. Qui in ogni caso qualche nostro appunto (non abbiamo modificato gradi, anche se..).

2 commenti:

  1. Ciao, ho letto il tuo report su on-ice. Forse un po' terroristico...ho fatto la via lo scorso anno. Non ho mai guardato la relazione, visto che la via segue la linea più evidente della parete ed è veramente difficile sbagliare attacco o percorso. I gradi mi sono sembrati allineati al periodo. La chiodatura tutto sommato è buona per il tipo di via, integrando qua e là con friends e rinforzando qualche sosta a friends. La roccia nel complesso è buona con qualche tratto che richiede un minimo di attenzione. L'unica pecca forse è un po' monotona come stile, ora della fine stufa! Claus

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    1. Beh terroristico..
      Il casco l'ho buttato via. Altri amici hanno visto o vissuto esperienze simili (non tutti eh). Diciamo che nell'era delle facilonerie e del "possono farlo tutti", cerco di bilanciare dall'altra parte!

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