Prendi una
zona sconosciuta. Aggiungici l'ambizione di una montagna rinomata e su itinerari
alpinistici che sfuma per la troppa neve dei giorni scorsi. Recupera con un
trekking che parte davvero in basso, che arriva poco in alto. Prendi una
montagna, una collina, dal nome poco invogliante. Immergi tutto in un paesaggio
brullo. Poi mettici sopra una spanna di neve, e la sorpresa è servita.
La trasferta
laziale prevede una caldo, tenue, dolce, avvicinamento alla meta di Capodanno,
che sarà Sperlonga. E così oggi ce la vogliamo dedicare a qualche ora all'aria
aperta: Stefania studia e trova un itinerario che non pare avere nulla di
speciale, ma oggi non si può chiedere di più. Ma prima di arrivare al parcheggio,
la neve fa capolino sulla strada.
Ci avviamo
senza cartina (terribile per me), seguendo la descrizione trovata su web di
qualcuno che ha fatto questo giro d'estate: già per la maggior parte del
racconto non segue sentieri segnati, in più abbiamo la neve a cancellare le
tracce e i segni del sentiero. Speriamo bene..
Partiamo su
una forestale bianca ma che mostra ancora la sua brullità, ma ben presto
giriamo l'angolo all'ombra, e qui la temperatura diventa frizzante,
preannunciando qualcosa di magico. Passato il ponte si inizia a salire nel
bosco, e tocca tracciare tutto in questa mezza spanna di neve.
Il bosco
diventa ovattato, il cielo si vede di rado per colpa delle nubi: si passa quindi
da un tenue e leggero whiteout a un splendente bianco abbronzante in pochi
minuti. Un match a palle di neve è ben presto fischiato dall'arbitro! Cosciente
che probabilmente non andremo molto lontano (non sappiamo bene cosa stiamo
seguendo..) mi godo quel che c'è.
La strada
sbuca fuori dal bosco, tracce di animali ma non di persone, ma continuiamo a
essere su una chiara forestale, e di certo possiamo tornare indietro seguendo
le nostre tracce in quella che ora è una spanna completa di neve. Il sole
splende, scalda: il vento non riesce ancora a indebolire il suo calore. Azzurro
e bianco sono resi ancora più splendenti dai suoi raggi. Ma che spettacolo.
Dubbiosi ma
carichi continuiamo in questo piccolo paradiso. Nuvole sulla nostra meta (che
sia quella?) ma tanto chissà se ci arriviamo.. Andiamo a naso, a logica, il gps
ci riporterà a casa con un trackback nel caso (speriamo stia prendendo bene il
segnale!). Un bel balcone panoramico dove varie tracce si incrociano, una pausa
a osservare, sognare, valutare, ridere. Tracce sì, di animali: ma si sa che
spesso essi seguono i nostri sentieri, visto che sono i più comodi.
Proviamo a
seguire queste tracce, sembrano umane ma non lo sono, probabilmente un cavallo.
Dimenandosi di nuovo all'ombra, nel nulla, nell'omogeneo, troviamo forse quello
che le ha fatte le tracce: un cavallo morto. Questa sarebbe una vista macabra
normalmente: ma la neve ha rende la scena meno forte, ha coperto il sangue, e
il freddo ha congelato odori e quella poca sostanza molle rimasta. Il bosco e i
suoi abitanti non hanno di certo sprecato tutto ciò.
Ed ecco dei
cartelli, incredibile! Siamo sulla strada giusta! Allora non ci resta altro che
risalire il crestone: sta a vedere che forse ce la facciamo. Il meteo volge al
meglio, finite le nuvole restano solo gli ampi spazi. Ampi, bianchi e azzurri.
Resto
affascinato e inebriato: basta un tocco di bianco a rendere paesaggi semplici
dei veri capolavori. Iniziano ad affiorare delle rocce, l'ambiente si fa più
montano e meno collinare: tanto oggi non è certo il tecnicismo che cerchiamo,
ma stare un po' di ore in serenità e gioia all'aria aperta.
Seguendo il
crestone, ubriaco di piante cariche di neve e tanto affascinanti stagliate
verso l'azzurro possente del cielo, arriviamo alla croce del..Pizzo Pellecchia.
Eh no Ste, non è la nostra cima, e un'anticima questa. E ora un po' di neve
raffredda i caldi motori che siamo diventati.
La cresta
tra Pizzo e Monte è un saliscendi dolce, lunghetto, e panoramico. Oggi tutto da
tracciare è magico, oggi che gli occhi vedono solo bianco e azzurro è leggero,
oggi che il cielo è pulito è panoramico. Con accumuli che arrivano al ginocchio
la salita è un po' più dura e la discesa più morbida. Ipnotizzato dai rami
carichi di neve..
Ed ecco la
cima, con la lingua di ferro. Ed ecco una persona che arriva dall'altro
versante, quello che vorremmo scendere che dubitavo di percorrere perchè non
conoscendolo non mi avventurerei su qualcosa di non tracciato: ma ora so che è
tracciato! Prima e unica persona che troveremo sul nostro percorso oggi.
Stefania confonde
il Terminillo col Gran Sasso (deve esser la fame), ma mi obbliga a starmene
buonino in pausa "E vestiti se hai freddo, mo mangiamo qualcosa e poi
andiamo con calma". Che giornata spettacolare, che paesaggi quasi
incantati, e laggiù le pianure romane: salutare.
Si riparte,
dalla parte opposta, e una volta rientrati nel bosco non posso che rimanere
incantato: mi giro alla mai destra, un dosso nevoso e dietro il cielo. Solo due
colori, solo due "sostanze", ma queste due riassumono il concetto di
una felicità semplice.
Continuiamo
a scendere, e ai due colori si aggiunge debolmente un terzo, il marrone. Guardo
verso l'alto e scorgo labirinti di rami innevati immersi nell'azzurro del cielo:
una calma caotica ma rilassante. Ma dobbiamo proprio scendere? Eh, la fame e la
sete chiamano..
Il sole sta
sciogliendo molto, dagli alberi cadono parecchie "palle di neve" e
tutto è sempre più bagnato. Parlottando arriviamo al Rifugio Buon Pastore: è
chiuso, ma deve essere un posto relativamente silenzioso, con quella collina
che copre la visuale verso la civiltà.
Sempre a
naso scegliamo quali tracce seguire, e indoviniamo. Tramando, pardon, pensando
alla cena del 31 ci facciamo salire l'acquolina in bocca di leccornie e piatti
fantasiosi da provare: mi sa che sia meglio affrettarsi ad arrivare alla macchina
e poi a casa per mettere qualcosa sotto ai denti prima che ci mangiamo un
braccio a vicenda!
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