Quel video
mi aveva impressionato: quel canale incassato tra altissime pareti, un
budellino innevato ma non a sufficienza per permettere a Mattia di passare. Ma
Mattia, testardo come pochi, aveva ripromesso di tornarci, nei commenti mi ero
dimostrato interessato e..eccomi qui. Grazie alla sua ospitalità, riesco a
spezzare un viaggio che altrimenti da solo sarebbe stato.."lungo": ci
troviamo con Vince, specialista del dry, e con Andrea e Mirko, che tenteranno
la salita per la più conosciuta, ma non banale, via normale a Cima della
Bacchetta. E con la scala.
Tappa
colazione a un ottimo forno, e ancora a buio siamo al parcheggio di Sommaprada,
con l'auto che balla per il vento. Orco can che vento, inizio a vederla grigia,
ma sperando che il non corto avvicinamento dia il tempo al vento di spegnersi.
Nell'auto a fianco dorme Angelo, che ritroveremo più tardi e diventerà parte
della combricola.
Le prime
luci rivelano all'orizzonte verso est le nubi che ci hanno abbandonato prima
del previsto, e il paesaggio brullo intorno a noi. Brullo ma ricco di rughe nei
versanti della montagna che se un giorno si riempissero di neve.. Infreddoliti,
eccoci in vista del canale che si vorrebbe tentare: ma con questo vento..che
spindrift ci saranno?
Dopo aver
ammirato i canali est del Cimon della Bagozza, ci separiamo da Andrea e Mirko
per tagliare verso il conoide alla base del canale bramato. Ma anche intorno a
lui ce ne sono una serie di davvero estetici e interessanti. E lunghi. Fame..
Incespicando su neve marmorea, ghiaccio, e pietrisco mobile, lo sconforto ci
assale man mano sempre di più. Ma meglio trovare un posto al riparo per
decidere il da farsi.
Non serve
più di un minuto per trovarci d'accordo sul fatto che c'è troppo vento per
infilarsi in questa galleria del vento. I canali est della Bagozza sembrano
bellini, sconosciuti anche loro, quello a sinistra più bello (ma con un attacco
verticale nel secco): ok andiamo la!
Tornando sui
nostri passi incrociamo Angelo, che ben presto valuta anche lui non esser
giornata per la nordovest della Bacchetta, e si aggrega alla combricola. Pausa
al sole (ma sempre un freddo porco e vento) per metter giù la scala e calzare i
ramponi e impugnare le piccozze: ma io aspetto visto che la parte iniziale è
scoperta. E faccio male!
Mi avvio per
il canale di destra, ma preso vengo richiamato all'appello "Andrea,
proviamo quello di sinistra!". Alla base è meno verticale di quello che
sembrava, ma non è certo appoggiato: i primi metri li salgo meglio con
bastoncini e solo scarponi, ma poi vengo rapidamente superato dagli altri tre,
armati di propaggini metalliche che invidio ma..che non posso mettere finché
non trovo un posto un po' spazioso.
Passati
alcuni metri al ritmo cardiaco accelerato, finalmente calzo ramponi e impugno
le picche: certo, ancora dell'erba e terra di trafiggerà, ma ben presto anche
della neve. Parecchi sguardi volgeranno alle mie e nostre spalle ad ammirare e
sognare quel canale sulla Cima della Bacchetta, ma anche i suoi limitrofi:
delle rughe bellissime!
I miei tre
compagni han preso il largo, salgo e salgo ma non li vedo più. Che gioia
tornare all'alpinismo che più amo, quello di esplorazione su neve e ghiaccio; e
che oggi richiama parecchio l'Appennino siccome si scalfisce anche l'erba e la
terra! Arrivo a una selletta, che da giù non si vedeva e sarebbe potuta pure
essere un ostacolo insormontabile, e li ritrovo al sole che mi aspettano.
Si riparte
per una seconda parte decisamente nevosa, a volte pure troppo: neve non trasformata
dove si affonda fino al ginocchio e a volte di più. Io che tra i miei compagni
di pianura sono uno dei più allenati, devo soccombere alla forza che hanno
questi che in montagna ci abitano; e al mio ginocchio che oggi duole in maniera
insolita.
La compagnia
è spassosa, si ride e si scherza: il modo in cui mi piace affrontare le salite,
sopratutto quelle dove non sai cosa aspettarti e che quindi richiedono sangue
freddo, spensieratezza e "testa". Le pendenze non sono più quasi mai
tali da richiedere una progressione sulle punte dei ramponi e con le piccozze
in modalità piolet (cavolo, sull'erba iniziale invece sì!), ma la qualità della
neve non rende la cosa una "passeggiata".
Vogliosi di
sole puntiamo verso l'alto, con l'uscita sempre più vicina ma ancora non
raggiungibile. Bei passaggi sotto roccia strapiombante alla ricerca della neve
migliore, piccole pezzi di misto appoggiato (per Vince invece, vari pezzi alla
ricerca della roccia per le X-Dream), e a pochi metri dall'uscita diretta la
saggia decisione di deviare un po' a sinistra in cresta per non affogare in un
ravanamento che stava iniziando a farsi..ascellare.
Alle 11e10
siamo finalmente al sole, nella speranza di scaldarci le membra.. Panorama
grandioso anche se generalmente secco, una Cima della Bacchetta sempre più
simile a una sirena (nel senso che lei canta e noi siamo Ulisse), e una fame
della Madonna!
Pochi metri
ci separano dalla cima, quindi continuiamo a salire per mangiare la: pochi,
sono poi 100m di dislivello.. Intanto diamo un'occhiata a una possibile
discesa,ovvero quello che da basso era il canale di destra, all'apparenza più
dolce me meno innevato nella parte alta. Finalmente in cima a goderci il sole,
ma con un po' di vento, e sopratutto una bella rifocillata! Peccato non poter
bere quanto vorrei..l'acqua nella bottiglia è solida!
Mangerei
tutto quello che ho e berrei tutto quello che ho, ma già il radicchio era
piuttosto croccante, le uova sode sono di cemento. Mattia memore del capodanno
sul Care Alto ha
con se un'intera confezione di Mars da dividersi: gioie.
Scendiamo da
dove siamo venuti, e poi Vince da gran esploratore scende a cercare una via per
imboccare il canale a fianco di quello che abbiamo salito. Riesce a scendere:
un tratto un po' ripido con poca neve ma discreta erba lo impegna il giusto per
poterci annunciare "venite, ce la si fa!". Uno ad uno scendiamo, io
per ultimo e resto così indietro: e il tratto ripido..sempre più ripulito da
chi passa, alè!
Sento i
ragazzi giù in modalità "bimbi al parco giochi": Vince si è messo
culo a terra per scendere parte del pendio, non so gli altri ma io non ho
voglia di rischiare un sasso nel culo e me ne scendo usando tutti i ramponi che
ho!
La restante
discesa scorre bene, qualche tratto di neve sfondosa, più giù un bel tratto di
neve dura e molto estetico in una parte ristretta del canale, e poi il pietrame
da muoversi con attenzione per evitare un'insana doccia a chi stà sotto di me..
La felicità di tornare al sole, nella zona di deposito della scala, la fame e
la sete, e quattro chiacchiere serene ora che anche la discesa dal canale è
stata fatta. Andrea e Mirko?
Togliamo
l'assetto da salita alpinistica per ripristinare quello da avvicinamento, che
diventa allontanamento in questo caso. Degli altri due nessuna traccia, ma
chissà se son saliti, se han rinunciato, se sono a zonzo senza meta, se sono
già alla macchina. Quando ormai siamo li pronti per tornare giù, eccoli in
lontananza.
Io, Angelo e
Vincenzo cominciamo con calma a scendere, Mattia Aspetta Andrea e Mirko.
Ascolto le chiacchiere di due vecchi amici, storie non solo di montagna, ma
anche di vita: quando però si lasciano andare al loro bergamasco stretto, per
me non c'è speranza di capire cosa dicano. Altri scendendo, si fermano a
scambiare due parole, sembra si conoscano tutti qui!
Abbandoniamo
una valle tanto brulla e povera alle quote nasse, quanto ricca a quelle alte,
dietro quell'impennata che non ti lascia immaginare cosa possa esserci dietro.
Ora che lo so, credo tornerò appena possibile.
Ed eccoci all'auto:
non vedevo l'ora. Non tanto per la fatica fatta oggi, quanto per il tepore (in
confronto al freddo preso lassù, qui si sta benone) e per poter bere dell'acqua
liquida! Oltre che sfoderare panini, pandore e birre per tutti "ragazzi
scusate, in casa avevo solo queste che fanno 10° di media", quando quello
che conta è il grado alcoolico..
Con uno
scambio di messaggi e di commenti su Facebook, si scoprirà essere il Canale
Arcobaleno quello salito e Canale delle Ortiche quello sceso.
Qui altre
foto.
Qui report.
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